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Self service, low code… le parole chiave per le iPaaS di nuova generazione

L’evoluzione delle iPaaS nel nuovo contesto caratterizzato da architetture applicative basate su container e microservizi e da infrastrutture ibride e multicloud. Ne abbiamo parlato con Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South di Boomi

Pubblicato il 03 Giu 2021

iPaas

Da sempre presente nel Quadrante Magico di Gartner dei leader per le iPaaS (piattaforme di integrazione as-a-service), Boomi, che era stata acquisita da Dell nel 2010 è oggetto di un accordo per l’acquisizione da parte di TPG Capital e Francisco Partners per una transazione stimata 4 miliardi di dollari che dovrebbe concludersi entro la fine del 2021.

L’annuncio è stato l’occasione per incontrare Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South, e fare il punto sull’evoluzione delle piattaforme di integrazione as-a-service.

Ricordiamo brevemente che Boomi AtomSphere Platform è la piattaforma unificata di Boomi che consente di integrare applicazioni e dati in ambienti ibridi (iPaaS) comprendendo funzionalità di master data management (Master Data Hub), di gestione delle API e di connessioni EDI, di automazione dei flussi di lavoro (Flow) e, grazie alla recente acquisizione di Unifi Software, di data catalog & preparation.

Secondo gli analisti il mercato iPaaS ha avuto una forte crescita nel 2020, guidata dall’accelerazione della digitalizzazione in risposta ai problemi creati dalla pandemia, proseguendo un trend che si era già manifestato nell’anno precedente: Gartner stima che il mercato iPaaS si sia avvicinato a 2,5 miliardi di dollari nel 2019, crescendo di circa il 48%, rispetto al 2018; la società di ricerca stima inoltre che il mercato iPaaS raggiungerà oltre 5,6 miliardi di dollari entro il 2024. La prima cosa che chiediamo a Fabio Invernizzi è dunque: come sta cambiando lo scenario dell’iPaaS? E quali sono i grandi trend che caratterizzano le soluzioni iPaaS?

Fabio Invernizzi: Il tema dell’integrazione è un classico dell’informatica fin da quando ci si è spostati dal mainframe, ma fino a qualche anno fa integrazione significava collegare i sistemi core dell’azienda. Oggi ci troviamo in presenza di due trend che stanno cambiando la faccia dell’integrazione: il primo riguarda l’esplosione degli endpoint digitali e la necessità, per le aziende, di rendere fruibili dati e informazioni da tutti questi device; il secondo è l’aumento dei dati, non solo in termini di quantità, ma soprattutto per quanto riguarda la diversità del tipo di dati che devono essere integrati, con un ecosistema di informazioni business che diventa sempre più ampio e richiede l’eliminazione dei silos di dati. Uno degli ultimi esempi che posso portare è quello di The Mousquetaires Group, distributore al dettaglio che, con sette marchi proprietari (tra cui gli alimentari Intermarché, la catena di bricolage Bricorama e la catena di supermercati Netto) e oltre 4.000 punti vendita, opera in Francia e in Europa. Per accelerare la propria crescita e adattarsi alle nuove sfide della distribuzione, The Mousquetaires doveva poter raggiungere un livello più elevato nella disponibilità dei dati, creare un tessuto di connettività che attraversasse tutto l’ecosistema di vendita al dettaglio e garantisse il coinvolgimento dei clienti rispetto a ogni momento, luogo e diversa modalità con cui avviene il processo di scelta e acquisto. E per farlo ha scelto Boomi in modo da consentire ai suoi sistemi locali legacy di convivere con le nuove istanze in cloud.

Un altro tema che sta diventando sempre più importante è quello del low code. Produrre e distribuire applicazioni in un breve lasso di tempo richiede all’azienda velocità e agilità sempre maggiori. Le pratiche DevOps, la programmazione agile, i metodi di sviluppo e integrazione continui (CI/CD) sono tutte iniziative che hanno un elemento in comune: ottenere questo risparmio in termini di tempo. Queste e, in parallelo, altre iniziative che riguardano direttamente la programmazione, permettono di ridurre (low-code) o eliminare (no-code) il codice delle applicazioni. Ebbene, lo sviluppo low code rappresenta un bene molto prezioso per l’integrazione: l’automazione dei flussi di lavoro tramite le piattaforme low-code semplifica l’integrazione e l’orchestrazione dati attraverso il vasto ecosistema applicativo aziendale. Non dimentichiamo che con la programmazione manuale, la manutenzione dell’integrazione rischia di trasformarsi in un incubo, oltre ai rischi di perdita di know-how e governance. Questo problema non sussiste con le iPaaS che utilizzano il low-code/no-code.

Nell’ultimo anno infine abbiamo poi assistito a un’adozione delle iPaaS in modo più puntuale, per andare a indirizzare un’esigenza specifica.

foto Fabio Invernizzi
Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South di Boomi

ZeroUno: Una scelta tattica che però non sarebbe possibile con piattaforme di integrazione di vecchia generazione…

Fabio Invernizzi: Esatto, senza piattaforme basate su cloud non sarebbe stato possibile intervenire sui singoli processi. Ci sono realtà che hanno dovuto implementare in pochissimo tempo l’e-commerce laddove il proprio sito prima del lockdown era una semplice vetrina e questo significa che tutti i processi che stanno dietro dovevano essere automatizzati e integrati. Un altro esempio riguarda la gestione delle risorse umane, un ambito che è stato molto impattato dalle conseguenze della pandemia: per alcuni clienti italiani abbiamo fatto progetti di onboarding digitalizzato, un processo che normalmente è manuale e che abbiamo reso digitale.

ZeroUno: Prima di entrare nel dettaglio delle novità che riguardano le soluzioni Boomi, mi vorrei fermare un attimo sull’annuncio dei giorni scorsi del “distacco” da Dell e dell’accordo con Francisco Partners e TPG Capital per l’acquisizione di Boomi. Boomi è sempre stata molto indipendente da Dell, quindi non sembrano esserci ripercussioni negative in questa decisione, ma quali pensi siano gli effetti positivi dell’accordo?

Fabio Invernizzi: Il tema è ovviamente molto delicato perché l’operazione non è ancora conclusa essendoci tutta una serie di passi formali da espletare. Ma gli aspetti positivi che posso senz’altro condividere sono quelli basati sui fatti: siamo stati acquisiti da due private equity di primo livello che hanno nel loro portafoglio aziende primarie, acquisite con l’intenzione di farle crescere. Il nuovo assetto proprietario significherà dunque continuità nella leadership tecnologica: siamo leader nel Quadrante Magico di Gartner per le iPaaS da quando è nato e vogliamo continuare a mantenere questa posizione.

MQ Gartner iPaas

ZeroUno: Veniamo ora alla vostra piattaforma e a come si è evoluta nel tempo. Quali sono i principali pilastri sui quali si basa e come ha risposto nel tempo a trend come il multicloud e, soprattutto, le nuove architetture applicative a microservizi e container?

Fabio Invernizzi: Le architetture stanno diventando importanti nel mondo IT. O meglio, stanno tornando importanti: negli anni passati ci si è molto focalizzati sull’infrastruttura e meno sulle architetture applicative mentre oggi gli enterprise architect sono le nuove star delle aziende, anche perché un’architettura fatta bene ha una grande forza abilitatrice del business.

Boomi negli anni in molti casi ha creato nuove idee, in altri si è adattata ai nuovi contesti. Intanto iniziamo con il dire che il nostro Atomo è di fatto un container, un contenitore vuoto nel quale andiamo a eseguire i comandi [la piattaforma Boomi, si basa su agenti, chiamati Atomi, che vengono installati dove servono; l’Atomo scarica il runtime per eseguire nel cloud ciò che è stato configurato on premise; le informazioni vengono scambiate in forma di metadati ndr]. Fin dall’inizio abbiamo previsto la scalabilità verticale della nostra piattaforma: l’Atomo è unico e poi abbiamo un cluster di atomi, chiamato Molecola, che consente l’esecuzione simultanea di più Atomi garantendo la scalabilità e l’alta affidabilità. Un tempo l’unico modo per fare questa operazione era avere ovviamente dei nodi fisici, ognuno con installato un atomo più il nodo di controllo della molecola.

Boomi molecole

Negli ultimi anni ci sono stati grandi cambiamenti con Kubernetes, Docker ecc. quindi da un paio di anni è possibile eseguire Boomi su Docker installando quindi la nostra piattaforma in un’architettura Docker e abilitando la scalabilità orizzontale e verticale in maniera trasparente, elastica e con la facilità tipica di Boomi. Per quanto riguarda Kubernetes abbiamo rilasciato la disponibilità di Boomi su Amazon EKS [il servizio gestito di AWS per l’esecuzione di Kubernetes sia su AWS sia in locale ndr].

Quindi Boomi può essere installato sia su un piccolo sistema (es. un Edge IoT) sia nei grandi cluster elastici sia on premise sia in cloud perché non dobbiamo dimenticare la natura ibrida dell’iPaaS e, in effetti, il 70% dei nostri clienti fa integrazione ibrida. Di aziende total cloud ce ne sono pochissime e quindi è fondamentale mantenere questa capacità di integrazione tra on premise e cloud.

ZeroUno: Nel gennaio dello scorso anno avete acquisito Unifi Software che indirizza uno dei principali problemi delle aziende quando devono affrontare un tema di integrazione (ma non solo): la data discovery. Cosa ha significato per Boomi questa acquisizione e, a un anno e mezzo di distanza, come si integra nella vostra offerta?

Fabio Invernizzi: Parlavo prima della grande esplosione di dati, ma bisogna ricordare che il 60% di questi dati nelle aziende è “dormiente” o non viene utilizzato per prendere decisioni di business contemporaneamente è aumentata la base utenti interessata a utilizzare dati. C’è però un gap tra il risultato della classica estrazione di dati e le necessità di chi deve analizzarli. Unifi Software nasce circa 6 anni fa proprio per indirizzare questa problematica e andare a colmare questo gap creando uno strumento self service che consente agli utenti, in tutta sicurezza e nel pieno rispetto delle policy di data privacy, di compiere analisi sui dati aziendali. La soluzione comprende uno strumento di data discovery che va a scoprire tutti i dati all’interno dell’azienda; li cataloga (data catalog), mettendo delle etichette grazie all’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale, andando anche a scoprire se ci sono duplicati; infine, con lo strumento di data preparation, introduce le regole di qualità per verificare la validità dei dati, sempre utilizzando strumenti di intelligenza artificiale, e consente l’integrazione con dati terzi.

Alla nostra piattaforma di data management mancava proprio la parte di data discovery e data preparation e quindi l’acquisizione è andata a colmare un gap che, con l’aumentare dei dati, era sempre più evidente.

I benefici di una soluzione di questo tipo sono evidenti, prima di tutto in termini di data consolidation perché, in un’attività di migrazione, per esempio, è possibile verificare tutto quello che ha senso migrare, anche alla luce dei temi di risk e compliance. Un altro grande tema è quello della visione del cliente a 360°, se ne parla sempre più spesso ma non è facile realizzarla: con questa soluzione gli utenti aziendali di business possono effettuare analisi, utilizzando tutti i dati disponibili, senza effettuare complessi interventi di ETL.

Se a questa soluzione aggiungiamo Boomi Flow per il front end ecco che abbiamo una soluzione completa end-to-end [Flow è lo strumento Boomi per l’automazione del flusso di lavoro e si basa su metodologia di sviluppo low code e no code ndr].

ZeroUno: Recentemente avete ottenuto la certificazione SAP per Boomi aXis e Boomi Enterprise Connector, quali sono i vantaggi per le aziende utenti che adottano la piattaforma SAP?

Fabio Invernizzi: Quello di SAP è un tema caldissimo, una fetta molto ampia dei nostri clienti utilizza Boomi per collegare SAP quindi ormai da molti anni abbiamo un connettore classico di integrazione, ma ci siamo resi conto che questo non era sufficiente: i clienti si trovavano, da un lato, una piattaforma estremamente veloce e agile come Boomi, completamente visuale, dove non era necessario scrivere righe di codice; dall’altro, erano poi costretti a rivolgersi ai cosiddetti “sappisti” per preparare dati e tabelle in modo che potessero essere esposte e collegarsi al connettore. Tutto questo inevitabilmente portava a rallentamenti riducendo il vantaggio di una piattaforma agile come la nostra. Per questo abbiamo creato Boomi aXis che non è un semplice connettore, ma attraverso wizard via web permette allo stesso utente Boomi di definire le tabelle di cui ha bisogno e tutto quello che intende esporre. Lo strumento genera automaticamente una serie di stringe in codice ABAP [il linguaggio di programmazione nativo SAP ndr] con un enorme risparmio di tempo, e quindi di costi: i clienti ci dicono che risparmiano dalle 8 alle 10 volte il tempo che usavano prima per preparare i dati.

L’altro tema importante è che questo strumento abilita l’Event Driven Architecture: in uno ERP succedono tante cose e quando c’è un cambiamento in SAP, Boomi aXis va a intercettare questo cambiamento in SAP e lo comunica ai sistemi pertinenti. È un grande vantaggio per gli utenti.

ZeroUno: Boomi ha una forte partnership con AWS e anche recentemente sono stati fatti nuovi annunci in questo ambito. Qual è la relazione con gli altri grandi provider cloud?

Fabio Invernizzi: La relazione con AWS è sicuramente molto forte: qualche anno fa abbiamo migrato tutta la nostra infrastruttura su AWS e tutti i nostri prodotti sono disponibili su AWS, ma lavoriamo in maniera strettissima con tutti gli altri cloud provider, anche se in modalità diversa.

Per quanto riguarda Microsoft Azure siamo presenti nel marketplace e quindi un cliente può installare virtual machine Azure con pre installata la nostra piattaforma. Con Google Cloud Platform abbiamo una partnership un po’ diversa: i nostri prodotti non sono direttamente disponibili in modalità One Click, ma abbiamo una relazione a livello applicativo molto ampia. Google è un primario player a livello di API, quindi i clienti che hanno Google Apigee [la piattaforma per la gestione delle API di Google ndr] possono avere anche la piattaforma Boomi.

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