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Network function virtualization (NFV): cos’è, a cosa serve e vantaggi per le aziende

Nell’era della digitalizzazione, del cloud e della mobilità, i servizi di connettività su scala geografica devono essere pervasivi, flessibili, scalabili, performanti, sicuri e sostenibili. Un’architettura di rete emergente, la Network function virtualization (NFV), fornisce sempre più risposte a queste esigenze

Pubblicato il 20 Ott 2020

concept di nfv network function virtualization

I Communication service provider (CSP) si trovano oggi a dover rispondere con rapidità, flessibilità, innovazione, trasparenza e performance alle esigenze di un mercato che si basa sempre di più sulla digitalizzazione e che desidera adottare nuovi modelli di business e competere oltre i suoi soliti confini geografici. Lo stesso tipo di rivoluzione che la virtualizzazione ha portato nel data center e nelle reti IT delle aziende, con l’abbattimento di silos informatici grazie all’astrazione dell’hardware e la messa di questo a disposizione del software e dei dati aziendali tramite gli hypervisor, si sta verificando anche nel dominio delle reti carrier-grade. Nella guida viene approfondito il tema della Network function virtualization.

La CPE universale e le funzionalitá di rete virtuali (VNF)

Storicamente i servizi di rete che gli operatori forniscono presso le sedi dei clienti finali vengono realizzate da dispositivi chiamati CPE, o Customer Premises Equipment.

Un CPE viene fornito sotto forma di appliance fisiche (si pensi a router e firewall), spesso gestite dall’operatore stesso, che prende in carico non solo il costo dell’hardware, ma anche quello della sua gestione e mantenimento.

Nel tentativo di diminuire i costi operativi (OPEX) e quelli relativi agli investimenti (CAPEX) l’industria delle telecomunicazioni ha adottato nel corso degli ultimi anni alcune tecnologie tipicamente presenti all’interno dei data center riadattandole alle esigenze del mondo del networking. In un mondo sempre più dinamico, e con l’avvento di tecnologie sempre più indirizzate al mondo del cloud, da alcuni anni si sente sempre di più parlare di Universal CPE, o uCPE. Di cosa si tratta?

Una uCPE poggia le sue basi su un hardware generico, tipicamente un server COTS (Commercial Off The Shelf) basato su una architettura standard nell’industria (ad oggi la più comune è quella x86 di Intel). In parole semplici, una uCPE non è nient’altro che un server generico al cui interno possiamo incontrare delle funzionalità computazionali (processori), di storage (comunemente delle memorie a stato solido) e di networking (due o più interfacce di rete, tipicamente di tipo Ethernet).

Grazie alle tecniche di virtualizzazione, ormai uno standard tecnologico, una uCPE è in grado di far girare al suo interno qualsiasi tipo di software sotto forma di macchina virtuale (Virtual Machine), incluso quelle che nell’industria delle telecomunicazioni vengono comunemente chiamate VNF, acronimo di Virtual Network Function, ovvero un codice software che espleta le funzionalità tipiche di una comune applicazione di rete (ad es. Firewall, Routers, SD-WAN etc.).

I vantaggi di utilizzare soluzioni virtualizzate per espletare determinate funzioni di rete sono evidenti, e di seguito se ne elencano alcuni:

  • Riduzione del costo dell’hardware: i server COTS sono disponibili sul mercato a prezzi decisamente contenuti rispetto alle appliance tradizionali (router, firewall etc.)
  • Consolidamento delle applicazioni: una uCPE può ospitare più VNF contemporaneamente, riducendo il footprint della soluzione nel suo complesso e diminuendo al tempo stesso i consumi elettrici;
  • Ambiente multivendor: una uCPE può ospitare VNF fornite da produttori differenti, anche open source. Si eliminano condizionanti di tipo vendor lock-in, ed è inoltre possibile ospitare anche altri tipi di funzionalità, non strettamente legate al mondo del networking, come ad esempio front-end per IoT, applicazioni WEB etc. Tutto su un’unica piattaforma hardware;
  • Flessibilità: trattandosi di puro software funzionante su una piattaforma hardware generica, è possibile modificare i componenti su domanda e secondo le necessità. Ad esempio è possibile cambiare il tipo di virtual firewall di un vendor con quello fornito da un altro produttore senza modificare l’hardware. Per di più, questa operazione è realizzabile da remoto, senza intervento di tecnici specialisti sul campo.
  • Soluzione future-proof: è possibile modificare il tipo di software ospitato sui server per adattarlo alle proprie esigenze.

Dal punto di vista dei costi operativi (OPEX), è chiaro come un modello basato su software consente agli operatori la loro riduzione; si pensi ad esempio la possibilità di installare da remoto le applicazioni che prima richiedevano la presenza in campo di un tecnico specializzato.

Una uCPE porta a compimento quello che nel mondo delle telecomunicazioni si conosce come disaggregazione delle componenti software (in questo caso le VNF) dalla parte hardware (il server COTS). La disaggregazione consente di evitare di adottare soluzioni integrate verticalmente, in altre parole, soluzioni fornite da un unico vendor, e permette di implementare dei cicli di innovazione più brevi, dal momento in cui l’hardware non rappresenta più un fattore limitante.

Differenze fra Network function virtualization – NFV e Software Defined Network – SDN

La tecnologia NFV si è sviluppata su larga scala in anni più recenti rispetto al Software-Defined Networking (SDN). Di fatto, la prima ha mutuato dalla seconda l’approccio software-defined (ovvero di programmabilità software all’opposto della necessità di installare, configurare, modificare, scalare la tecnologia con frequenti interventi on-site sull’hardware) reso possibile dalla virtualizzazione. Ma mentre l’SDN è nato per innovare, rendere più flessibili, economiche, performanti, sicure e affidabili le reti IT all’interno di una singola organizzazione, e a favore dei suoi processi e delle relative applicazioni, la NFV è emersa per portare i benefici del SDN al business delle telco, del carrier, dei provider di connettività WAN.

Se si passa dalle SDN alla NFV si trovano molte tecnologie comuni, ma appaiono anche soluzioni peculiari. Si tratta di funzioni che si sono sviluppate nel corso della storia delle TLC per fornire servizi di telefonia fissa e mobile, trasmissione dati e internetworking. Ecco quindi anche cambiare, in una certa misura, anche il panorama dei vendor. E con questo anche quello degli enti di standardizzazione e delle associazioni internazionali di settore.

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Il ruolo degli standard e dell’open source

Quando si parla di NFV, non bisogna dimenticarsi che, come già accennato, si sviluppano in un mondo in cui è molto forte l’integrazione verticale fra molti tipi di hardware destinati a svolgere compiti specifici. Nel corso di tanti decenni di evoluzione delle TLC, questo approccio architetturale ha portato all’affermazione di molti modelli infrastrutturali proprietari e quindi lock-in fra operatori e vendor tecnologici. Dovendo però, gli operatori, fornire servizi pubblici e il più possibile interoperabili a livello internazionale, nel settore telco hanno svolto un’importanza cruciale anche alcuni enti di standardizzazione che hanno definito alcuni protocolli di interoperabilità fra le infrastrutture dei diversi operatori.

Da alcuni anni, alcuni di questi enti, fra cui spicca l’European Telecommunications Standard Institute (ETSI) si stanno impegnando per estendere il concetto di standardizzazione non solo all’interconnessione fra i servizi dei CSP, ma anche nell’architettura stessa della Network Function Virtualization. Fra le ragioni di questo obiettivo, si segnalano la possibilità che un ecosistema NFV possa non essere necessariamente tutto interno a un singolo operatore, basato su tecnologie di un solo vendor, ma un ambiente che può essere costruito utilizzando VNFs di più CSP e di altri tipi di operatori (come i fornitori cloud), in un’ottica di modularità NFV e distributed NFV, con l’utilizzo di tecnologie multivendor o open source e il ricorso a diversi system integrator.

Diversi fornitori, proprio nel contesto di Etsi, si sono uniti e hanno creato l’ISG (Industry Specification Group) NFV; questo ha portato alla determinazione dei requisiti e dell’architettura di base di Network function virtualization dopo i suoi primi anni di attività ossia nel 2014. Il lavoro di questi vendor è proseguito negli anni e nel biennio 2019-2020 (fase 4 dell’attività) si sta focalizzando in particolar modo sul miglioramento e il sempre maggior supporto delle tecnologie di virtualizzazione e sull’ottimizzazione dell’integrazione della rete nell’infrastruttura. Il fine ultimo è aumentare le capacità di automazione di NFV e, inoltre, è stato annunciato che si lavorerà al rafforzamento della sicurezza NFV.

Nasce la Network functions virtualization infrastructure

Ecco nascere quindi l’architettura di riferimento Network functions virtualization infrastructure (Nfvi) promossa dall’ETSI. Un progetto molto sofisticato, che punta molto sulla collaborazione di operatori, enti e progetti diversi nell’elaborazione di Proofs of Concept (PoC), in grado di dimostrare la fattibilità della NFV in sempre più casi d’uso, compreso il 5G, che necessita non solo di un’ottimizzazione della connettività wireless a livello locale, ma anche l’orchestrazione con connessioni fisse per il trasporto di dati fra le cabine o le torri radio e il cloud.

Una Nfvi si basa su tre blocchi principali:

  • il compito di configurare e automatizzare la rete è svolto dalla componente Network functions virtualization management and orchestration (MANO);
  • al suo interno troviamo un motore di orchestration (orchestrator), un VNF manager, che permette di concatenare i servizi delle VNF (service chaining)
  • e il Virtualized Infrastructure Manager (Vim), per mettere a disposizione delle VNF l’ambiente operativo virtualizzato.

Interoperabile con questo modello è la piattaforma open source NFV Opnfv, un progetto nato da una comunità. Un’altra implementazione a sorgente libero è OpenStack NFV carrier grade, adottata da alcuni grandi vendor IT.

I vantaggi della NFV per le aziende

Oggi, SDN e NFV si considerano due discipline sinergiche. In un mondo in cui i processi business delle aziende si espandono su scala geografica, devono interoperare con quelli di nuovi partner, e si affermano modelli di connettività fra branch e headquarter come SD-WAN e di elaborazione locale come l’Edge Computing, il SDN può esprimere il suo massimo potenziale se le reti offerte dai CSP sono basate sulla Network function virtualization.

Fra i vantaggi di NFV, i fornitori di servizi di comunicazione possono offrire con un maggiore time-to-market soluzioni di connettività di vari tipi, con l’utilizzo di diversi protocolli e differenti tecnologie. Per utilizzare questi servizi avanzati, a seconda delle esigenze, gli utenti possono collegarsi ad app native per il cloud o ospitare on premises soluzioni di NFV (con VNF su misura delle proprie esigenze, per una più efficiente interoperabilità remota con i servizi del provider NFV prescelto) sotto forma di Customer Premises Equipment fisici o CPE virtuali.

Ambiti applicativi in Italia

Le aziende italiane hanno la fortuna di operare in un paese in cui sono presenti importanti CSP e IT vendor nazionali e internazionali che hanno già sviluppato servizi NFV e che partecipano a gruppi di lavoro dei più importanti enti internazionali (inclusa ETSI) dedicati a questo paradigma o a progetti open source nello stesso ambito.

Fra gli ambiti applicativi in cui è previsto il dispiegamento di tecnologie NFV figurano le reti in cloud, l’implementazione di architetture di Edge Computing, anche per la diffusione dell’IoT, le SD-WAN e la connettività 5G.

Network function virtualization ed evoluzione del mercato, il ruolo del Covid-19 e non solo

Non è solo l’emergenza sanitaria a obbligare un cambio di passo nelle strategie di costruzione delle reti.

Nel ripensamento delle aziende in ottica Industria 4.0 è proprio la Network function virtualization ad avere un importante ruolo abilitatore della trasformazione. E in questo ambito, come in tanti altri, si pensi per fare un solo esempio all’auto a guida autonoma, la sfida dell’hardware è quella di assicurare meccanismi di sincronizzazione che soddisfino i requisiti di timing del 5G ma, lato software, risulterà fondamentale poter gestire le reti da remoto. La Network function virtualization, grazie a soluzioni automatizzate, permetterà di gestire connessioni rapide, dinamiche e scalabili.

Durante l’emergenza sanitaria Covid-19, che sta colpendo l’intero pianeta ed è tuttora in corso, le aziende di telecomunicazioni stanno sperimentando quanto l’adozione della tecnologia Network function virtualization possa essere utile per consentire agli operatori di offrire i servizi di rete, di monitorarli e gestirli da remoto.

L’insieme di tutti questi fenomeni darà impulso al giro d’affari Nfv: secondo dati di Research and Markets, tale mercato entro il 2024 arriverà ad avere un valore pari a 36,3 miliardi di dollari, quasi il triplo di quello del 2019.

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