Nell’era post-industriale, sono le relazioni che contano

L’analisi delle reti sociali e del modo in cui gli individui interagiscono fra loro deve affiancare quella tradizionale dei processi. L’esperto Laurence Lock Lee ci spiega perché, quali sono le criticità per effettuare questo tipo di analisi, le tecnologie abilitanti. L’obiettivo finale, però, deve essere sempre la soddisfazione del cliente.

Pubblicato il 14 Giu 2012

Gli strumenti tradizionali di analisi organizzativa e di reingegnerizzazione dei processi sembrano non essere più in grado, da soli, di permettere alle aziende di restare competitive nel contesto economico e sociale attuale. Perché si è arrivati a questa situazione? “In sostanza – risponde Laurence Lock Lee (nella foto), fondatore della società australiana di consulenza nelle relazioni di business Optimice e partner di OpenKnowledge – gli strumenti di analisi tradizionali partono dalla parte alta dell’organizzazione e scendono verso il basso. Questo approccio era appropriato nell’epoca industriale, quando la scomposizione della strategia di alto livello nella pianificazione operativa e, quindi, nell’esecuzione dettagliata, seguiva percorsi familiari e prevedibili. Nell’economia attuale, basata sulla conoscenza e sui servizi, è invece lo staff più a contatto con i clienti a giocare un ruolo principale, mentre gli altri livelli di management si ritrovano più a fornire supporto che a dirigere. Gli strumenti di analisi, quindi, devono adottare una visuale bottom-up per identificare le opportunità spesso sottili, ma critiche, di evoluzione del business. Questo si scontra con la nostra naturale inclinazione verso un pensiero ‘newtoniano’ (che ci porta a sperimentare facendo un passo per volta, procedendo per tentativi ed errori – ndr), ma se non cambiamo, il prezzo da pagare sarà alto e corrisponderà ad una perdita della capacità di imprimere un cambiamento positivo nell’organizzazione moderna, in cui sono le relazioni, più che il controllo diretto, a determinare la creazione di valore”.

In diversi studi pubblicati di recente, Lock Lee mette a confronto la Business process analysis (Bpa) con la Social network analysis (Sna). Quali sono le principali differenze fra questi due strumenti? “La differenza chiave è costituita dalle persone. Nel condurre la Bpa non si tiene conto degli individui che eseguono i processi sotto analisi. Le persone sono viste come veicoli per l’esecuzione dei processi. All’opposto la Sna è centrata sulle persone e sulle relazioni che intrattengono fra loro. I due metodi possono essere considerati complementari, ciascuno con i suoi punti di forza e di debolezza, a seconda del contesto in cui sono applicati. È da notare che Michael Hammer, l’inventore del Business Process Re-engineering, nel commentare un crescente numero di fallimenti di Bpr ha affermato: ‘Il problema è che ci siamo dimenticati delle persone’”.

Quali sono le criticità principali nell’introduzione della Social network analysis fra le metodologie utilizzate dalle aziende? “Siccome sono incentrate sulle persone, nell’adottare le social analytics bisogna prestare un’attenzione particolare alle questioni legate alla privacy. Noi, comunque, sottolineaiamo sempre che gli studi Sna si focalizzano più sulle interazioni a livello di interi network che sui singoli individui. Detto questo, non si può negare che alcune persone possono essere maggiormente messe in luce perché sono molto influenti nelle rispettive reti o fungono da ponti fra gruppi diversi”.

Quali tecnologie entrano in gioco nel supportare la Sna? “I social network e gli strumenti di social media hanno un potere abilitante. Le soluzioni tecnologiche in questo ambito crescono in modo vertiginoso. Ma alla fine i vincitori sono quelli che riescono a creare un eccellente ‘customer experience’. Il successo di mercato degli ‘i-product’ di Apple dimostra quanto può essere efficace l’offerta della tecnologia giusta’”.

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