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Azure e Linux: i paradossi della digitalizzazione

Il mondo Linux è apparso sulla scena informatica come appassionato antagonista dell’establishment Microsoft, coinvolgendo una platea sempre più larga di sviluppatori e appassionati desiderosi di affermare la propria indipendenza. Ma, seguendo una perfetta dinamica hegeliana, presto i due movimenti hanno trovato una sintesi grazie alle intuizioni di Satya Nadella.

Pubblicato il 07 Dic 2020

azure e microsoft

“Linux è un cancro che deve essere estirpato” (Steve Ballmer, ex Ceo di Microsoft nel 2001).
Chissà a che cosa starebbe pensando ora, Linus Torvald, contemplando i passi che Linux ha compiuto nella storia dell’informatica. Chissà se poteva mai immaginare, date le premesse, come le cose sarebbero andate a finire. Ma, andiamo con ordine.
Linux non ha bisogno di presentazioni, e ha fatto irruzione nella scena informatica quando un brillante ingegnere di nome Linus Torvalds ha sviluppato il core di un sistema operativo simile a Unix, e lo ha reso disponibile gratuitamente alla community. L’idea ha subito incontrato l’entusiasmo di un crescente numero di sviluppatori, che lo hanno trasformato in breve tempo in un sistema operativo dedicato al mondo server e web capace di fare concorrenza alle aziende leader del settore.

Cani e gatti

Soprattutto per la sua gratuità e per la caratteristica della condivisione dei sorgenti di codice, Linux è stato subito contrapposto a Microsoft, che inizialmente ha reagito con una serrata competizione.
I due mondi hanno viaggiato per molti anni contrapposti, spaccando la community in due parti: una più legata al mondo studentesco e freeware, e l’altra più istituzionale improntata a una mentalità aziendale di stampo più conservativo.
Presto, però, anche le aziende hanno iniziato ad accorgersi del valore del mondo Linux, che offriva ormai soluzioni web e server robuste e sicure quanto quelle più famose (e costose) dei produttori che dominavano il mercato. Di fronte al calo delle quote di installato, la risposta dell’establishment divenne sempre più aggressiva e si giunse a formare un vero e proprio fossato tra le due parti, che non perdevano occasione per polemizzare o vantare la superiorità della propria soluzione.

La transizione

Linux, però, si stava per varie vie mettendo sempre più in mostra anche davanti alle aziende, uscendo dalla sua nicchia di appassionati universitari. L’occasione per Linux di conquistarsi un posto al sole fu data da quella che sarebbe poi diventata tristemente nota come la bolla delle dot.com. Il rally dei titoli di Borsa riguardanti l’e-commerce che esplose alla fine degli anni Novanta, portò alla luce della platea istituzionale il nome di Linux, che appariva in molti brand le cui quotazioni stavano vertiginosamente salendo.
In quel periodo, il nome di Linux fece breccia anche nel grande pubblico, e portò alla nascita di aziende che, tra diverse difficoltà, sopravvissero al cataclisma finanziario che seguì alla bolla dell’e-commerce, e contribuirono a diffondere Linux in realtà aziendali e istituzionali consolidate, attirando l’interesse anche di grandi nomi. Uno su tutti, l’esempio di Red Hat, che, nata sulla scia delle internet company, riuscì poi a diventare una azienda solida e innovativa, per essere poi acquisita da IBM.

La svolta di Azure

Davanti a tutto ciò, anche le posizioni di Microsoft iniziarono, seppure in sordina, ad ammorbidirsi. Dapprima l’apertura verso Linux sembrò riguardare solo il ristretto mondo degli sviluppatori, che videro il gigante di Redmond sfornare tool che, per look e feeling, sembravano ammiccare a equivalenti software del mondo Linux. VS Code, Power Shell, il tornare a riporre l’accento sulla gestione a linea di comando piuttosto che tramite interfaccia grafica, sono tutte tendenze che risentivano chiaramente di quello che stava succedendo nel mondo Linux, i cui server offrivano un’esperienza più esigente come curva di apprendimento, ma migliori in termini di risultati di prestazioni, automazione e sicurezza.
La vera svolta, però, arrivò con la persona che avrebbe cambiato il volto di Microsoft, traghettandola nell’era del cloud: Satya Nadella infatti, si dimostrò estremamente ricettivo agli input che venivano dalla comunità di Linux, e capì che la vecchia mentalità, che vedeva i due mondi contrapposti, stava solo ostacolando un processo di digitalizzazione che avrebbe invece beneficiato enormemente di tutte le innovazioni software che gravitavano in quel mondo visto come ostile. Inoltre, Nadella capì che aprire al mondo Linux avrebbe significato un immenso arricchimento per il progetto che più gli stava a cuore, ossia il cloud.

Nadella a Microsoft Build 2019
Satya Nadella, CEO di Microsoft

Spostando l’attenzione da Windows a Azure, Linux smise di essere un competitor per diventare un’opportunità, e questa fu davvero l’intuizione geniale di Nadella. All’improvviso, tutti i servizi e le app disponibili in Linux, invece di essere minacce, diventarono risorse, applicazioni per la produttività, per il web e per il machine learning da rendere disponibili agli utenti attraverso la piattaforma di Azure.

Ma non solo: in molti casi Linux divenne la colonna portante delle architetture presenti su Azure, che oggi gira per buona parte appoggiandosi a Linux. Ciliegina sulla torta fu l’irruzione di Microsoft nel mondo GIT, con l’acquisizione di Github, la piattaforma di condivisione di codice e progetti che era nata dall’evoluzione del tool che Torvalds aveva inventato per distribuire lo sviluppo del kernel di Linux tra diversi team.
Da qui in poi la strada è solo aperta su un futuro sempre più promettente. Il nuovo slogan “Microsoft loves Linux” può solo farci sperare sempre in meglio per le innovazioni che Azure ci metterà a disposizione.

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