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Red Hat e le nuove frontiere di Kubernetes: edge, virtualizzazione, multi-cluster

All’ultimo KubeCon, l’evento promosso dalla Cloud Native Computing Foundation che si è tenuto in modalità virtuale nell’agosto scorso, Red Hat ha annunciato le novità di OpenShift, l’orchestratore di container basato su Kubernetes: dalle funzionalità per sviluppare applicazioni edge alla possibilità di gestire la virtualizzazione on top a Kubernetes, fino al governo multi-cluster e multi-cloud. Ce ne parla in dettaglio Natale Vinto, Principal Product Marketing Manager di Red Hat OpenShift

Pubblicato il 05 Ott 2020

Kubernetes

Arrivano 3 novità dal mondo Kubernetes. Sono state comunicate in occasione dell’ultimo KubeCon, la conferenza ufficiale sul noto software open source il cui logo richiama un timone stilizzato. KubeCon è promossa ogni anno dalla CNCF (Cloud Native Computing Foundation) e prevede 3 edizioni suddivise tra Nord America, Europa e Cina. Quella europea del 2020 si sarebbe dovuta tenere ad Amsterdam, ma si è svolta ad agosto in modalità virtuale. E così avverrà a novembre per l’edizione americana a cui si potrà partecipare in streaming senza dover andare a Boston, la sede preventivata in epoca pre-Covid. La formula non ha scoraggiato comunque la community che segue l’universo Kubernetes, che anzi ha visto più che raddoppiare gli aderenti, passati dagli ottomila che mediamente si riuniscono on-site ai 18 mila dell’evento europeo online.

Natale Vinto, Principal Product Marketing Manager di Red Hat OpenShift, spiega il successo della piattaforma di riferimento per la gestione del ciclo di vita delle applicazioni containerizzate citando dati di CNCF secondo i quali nel 2019 c’è stato un incremento del 78% delle aziende che usano Kubernetes in produzione. Inoltre, riepiloga i 3 annunci che vedono protagonista la sua azienda come principale fornitore mondiale della versione di livello enterprise di Kubernetes, cioè OpenShift.

OpenShift 4.5 porta Kubernetes verso l’edge computing

“Il primo annuncio di Red Hat allo scorso KubeCon – sottolinea Vinto – si è concentrato sulle nuove funzionalità di OpenShift 4.5 che aiutano le aziende ad adottare strategie di edge computing basate su una dorsale cloud ibrida aperta. Portare Kubernetes all’edge vuol dire che qualsiasi unità del mondo IoT, non necessariamente un data center, ma un sensore o un apparecchio possono essere considerati uno strumento di computazione per Kubernetes ed essere visti da OpenShift in maniera trasparente”. L’avvento del 5G, insieme alla continua crescita di quantità di dati e all’elevato numero di dispositivi rende oggi l’edge una tecnologia particolarmente importante per risolvere i problemi di latenza e di ampiezza di banda. L’esigenza che il computing si sposti dai data center centralizzati verso sedi periferiche nasce perciò per alimentare l’innovazione grazie a insight ricavati da un’elaborazione che avviene più vicino alla fonte. “Con la sua offerta middleware e gli strumenti per gli sviluppatori – continua Vinto – Red Hat fornisce capacità native Kubernetes per sviluppare applicazioni edge veloci, leggere e scalabili con aggregazione dei dati, trasformazione e connettività per supportare il business event driven. I miglioramenti apportati a queste soluzioni rafforzano ulteriormente la capacità di Red Hat di abilitare implementazioni edge ad ampio raggio, ulteriormente supportate da un esteso ecosistema certificato di partner hardware, software e servizi”.

foto Natale Vinto
Natale Vinto, Principal Product Marketing Manager di Red Hat OpenShift

Come mettere insieme container e virtualizzazione

La seconda novità riguarda l’inclusione di OpenShift Virtualization in Red Hat OpenShift 4.5. “Sebbene i container rappresentino un’alternativa agile e leggera alla virtualizzazione – chiarisce Natale Vinto -, Red Hat offre anche la possibilità di gestire la virtualizzazione on top a Kubernetes, cioè ai container. In pratica, si tratta di un cambio del paradigma: invece di avere il container sulla virtualizzazione, la virtualizzazione avviene sul container per una gestione più libera ed eterogenea del parco applicativo. Un vantaggio incredibile, se pensiamo che si possono avere tutti e due i mondi gestiti dallo stesso controller, che è OpenShift, e si può decidere di utilizzare l’uno o l’altro in base alle proprie necessità”.

Presentata per la prima volta al Red Hat Summit 2020 come anticipazione tecnologica, adesso OpenShift Virtualization è disponibile e inclusa in OpenShift senza costi aggiuntivi. La funzionalità permette alle aziende di sviluppare, distribuire e gestire applicazioni composte da VM, container e serverless in un’unica piattaforma Kubernetes. In questo modo i classici silos di workload e sviluppo che esistono tra stack applicativi tradizionali e cloud native vengono eliminati. A questo va aggiunta l’automazione full-stack per VMware vSphere che amplia così la scelta delle piattaforme infrastrutturali sottostanti, consentendo di implementare cluster OpenShift su diversi cloud e on-premise con la stessa esperienza completamente automatizzata.

Gestione multi-cluster e multi cloud in continuità con IBM

Ed è proprio sulla gestione multi-cluster e multi cloud che verte il terzo annuncio. “Red Hat Advanced Cluster Management for Kubernetes – afferma Vinto – è uno strumento, un plugin che OpenShift mette a disposizione dei suoi clienti che permette di avere più cluster, quindi più Kubernetes, su più cloud: AWS, Google Cloud Platform, Microsoft Azure, IBM Cloud ecc. Si possono vedere tutti da uno stesso pannello di controllo in maniera tale da gestire le applicazioni in modo trasparente. Non è un caso se Forrester ha nominato, nel suo report Wave: Multicloud Container Development Platforms 2020 Q3, Red Hat con IBM leader nelle piattaforme di sviluppo containerizzate multi-cloud. Al momento la nostra è la soluzione top presente sul mercato. Oltre a essere ovviamente open, come tutta l’offerta di Red Hat”.

Il progetto, infatti, deriva da un prodotto IBM, che si chiamava MCM, che Red Hat ha reso open source. Anche questo è uno dei frutti dell’acquisizione, da parte di Big Blue, della multinazionale di Raleigh. “Abbiamo unito le forze verso un unico traguardo – conclude Natale Vinto -. Al di là dell’aspetto tecnologico, emerge l’aspetto metodologico: portare la digital transformation ovunque”.

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