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Hybrid Workspace e Security, le strategie per potenziare gli strumenti di collaborazione

L’hybrid workspace è ancora in piena evoluzione, plasmato da spinte non soltanto tecnologiche: quali sono le leve operative e culturali su cui puntare per garantire sicurezza e collaboration sul lungo periodo? Scopriamo la visione di Durante, attraverso un confronto con Dino Besozzi, Innovation Manager dell’azienda

Pubblicato il 28 Mar 2023

Hybrid Workspace

Nel post pandemia si parla tantissimo del concetto di hybrid workspace (e di hybrid work), ma non è ancora chiaro come sarà effettivamente declinato sul lungo periodo all’interno delle aziende. Ogni azienda ha un tipo di business e di organizzazione peculiare e, pertanto, non è possibile risalire a modelli universalmente riconosciuti. Soprattutto in questa fase in cui nessun processo in chiave ibrida è ancora pienamente maturo.

La certezza è che il modello dell’hybrid workspace dovrà cambiare ancora, anche in funzione di evoluzioni che non sono prettamente tecnologiche. Lo sa bene Durante, digital factory e system integrator da oltre sessant’anni al fianco delle aziende lungo il percorso di innovazione operativa e tecnologica: abbiamo incontrato Dino Besozzi, Innovation Manager dell’azienda, per delineare il futuro dell’hybrid workspace alla luce di uno scenario tutt’altro che definito.

Il contesto economico e sociale: un caleidoscopio di possibilità

Anche il contesto socioeconomico mondiale ci pone davanti sempre nuove sfide con un ritmo incalzante, soprattutto ultimamente. Lo abbiamo imparato sulla nostra pelle: in una realtà altamente globalizzata, anche un evento all’altro capo del mondo può avere un impatto concreto e immediato sul lavoro delle aziende e sulle attività di persone, università e organizzazioni vicine a noi. “A fronte di questo scenario mutevole e imprevedibile – commenta Besozzi – occorre dotarsi di una piattaforma di hybrid workspace che sia il più flessibile e agile possibile. Il punto è riuscire a non fermare la produttività anche di fronte a un evento imponderabile”.

Ma non è tutto. Nelle aziende di oggi, l’obiettivo è anche quello di conciliare le diverse generazioni di talenti: “Pensiamo per esempio ai tanti neoassunti che hanno effettuato l’on-boarding in azienda durante la pandemia – prosegue Besozzi – e magari non hanno nemmeno ancora avuto occasione di entrare fisicamente all’interno degli uffici. Loro conoscono solo il lato ‘virtuale’ dell’ambiente di lavoro. E poi ci sono i colleghi per i quali invece è l’esperienza digitale a rappresentate tuttora la grande novità. Un hybrid workspace ottimale deve quindi tenere conto di entrambi questi punti di vista: occorre creare degli spazi di collaborazione fisici e virtuali che, da una parte, non inibiscano le persone legate all’approccio operativo tradizionale ma, dall’altra, non limitino la possibilità di sfruttare le potenzialità del digitale”.

L’hybrid workspace costruito intorno alle persone: la parola chiave è “semplicità”

Ed ecco quindi emergere un altro tema di grande attualità: l’ambiente di lavoro deve essere costruito sempre più intorno alle persone. L’hybrid workspace deve essere in grado di accogliere diverse generazioni, promuovendo tra loro una interazione virtuosa: solo così si può continuare a creare valore all’interno dell’azienda. Requisito chiave, in questo senso, è l’esperienza d’uso offerta dagli strumenti tecnologici.

“Proprio alla luce delle condizioni operative dell’hybrid workspace – sottolinea Besozzi – servono strumenti facilmente fruibili dal punto di vista dell’utilizzatore finale. Ma il bisogno di semplicità riguarda anche la gestione tecnologica in carico al team IT: i CIO vogliono avere a disposizione tecnologie di rapida adozione e occorre agevolare il lavoro del service desk quando deve operare da remoto”.

Cambiamenti in perpetuo divenire, influenzati da fattori non solo tecnologici

La capacità di far fronte a nuovo paradigma operativo, equilibrare le esigenze di diverse generazioni di lavoratori e garantire una user experience senza attriti: lasciando per un attimo da parte il tema della sicurezza, di cui parleremo tra poco, sono dunque questi gli elementi chiave per costruire con successo l’hybrid workspace di domani?

“Sì, ma è bene tenere a mente che qualcosa cambierà ancora e nuovi requisiti potranno emergere – fa notare Besozzi -, anche se non è ancora chiaro come. E si stratta di un cambiamento, ancora in divenire, sicuramente influenzato da fattori non prettamente tecnologici. Un elemento di incertezza ulteriore, per esempio, è rappresentato dalla legislazione. Oggi non si conoscono ancora le esatte modalità con cui regolamentare le persone che lavorano da remoto o in chiave ibrida. La partita è ancora aperta, su tutti i fronti”.

Il tema della sicurezza: una questione di cultura e adeguamento dei processi

Come già accennato, un altro punto da tenere in considerazione per realizzare un hybrid workspace maturo è quello della sicurezza, sia fisica che digitale: “In Italia il problema principale – evidenzia Besozzi – è di tipo culturale. Chi vuole colpire l’azienda in maniera dolosa con attacchi alla cybersecurity ha sempre avuto e avrà sempre le competenze per sferrare i propri attacchi. Quello su cui si può lavorare ancora tanto, invece, sono gli utenti: il vero punto debole della questione. Soprattutto nelle organizzazioni più piccole, magari meno propense a investire nella formazione, il livello di consapevolezza digitale non è ancora maturo. Molto spesso noi di Durante incontriamo aziende che non hanno un IT manager, né una strategia IT: questo fa sì che si sottovalutino tutta una serie di elementi fondamentali per la protezione del business”.

E considerando che le PMI rappresentano gran parte del tessuto aziendale italiano, è chiaro quanto la portata del problema non sia da sottovalutare. Oltre ad azioni specifiche per migliorare la cultura aziendale, occorre però intervenire anche sul fronte dei processi, che sono radicalmente cambiati: “Senza dubbio – prosegue Besozzi -, un altro fronte su cui la sicurezza IT fatica a essere efficace è infatti dovuto al fatto di dover trovare rimedi in chiave digitale a processi pensati in modalità analogica. Un esempio? Sto lavorando su un file digitale ma poi lo stampo e lo lascio incustodito dove non devo. Possono essere state implementate tutte le protezioni digitali che vogliamo ma, se il processo è pensato male e non è aggiornato al nuovo contesto, difficilmente lo si potrà governare dal punto di vista tecnologico”.

I 5 step per potenziare la collaborazione nell’hybrid workspace

Per dare vita a un hybrid workspace performante occorre quindi agevolare l’evoluzione tecnologica, operativa e culturale di tutta l’organizzazione. Un percorso per tappe, da definire con estrema attenzione, ma che darà senza dubbio i suoi frutti: “Se volessimo riassumere il percorso verso una collaboration davvero efficace – spiega Besozzi – potremmo ragionare in cinque step. Numero uno: avere le idee chiare in merito all’esperienza che si intende offrire agli utenti aziendali. Ogni manager deve sapere esattamente cosa vuole fare della propria organizzazione, come vuole far lavorare i propri collaboratori e trattenere i talenti”.

E questo vale a maggior ragione in Italia, in cui ogni PMI è una realtà a sé stante, con un proprio servizio che la rende unica anche a livello mondiale: ingabbiare in schemi predefiniti queste realtà non è né possibile né sarebbe funzionale. “In secondo luogo – conclude Besozzi – occorre definire come l’attuale configurazione tecnologica possa sfruttare le nuove tecnologie per massimizzare l’investimento. Una volta che hai definito come le tue persone useranno la tecnologia e produrranno dei dati, il terzo passaggio è capire come governare l’ambiente operativo. Questo aspetto va considerato sia dal punto di vista della piattaforma tecnologica utilizzata che del change management, perché se dai uno strumento alle persone senza spiegare loro come utilizzarlo al meglio, puoi star certo che l’abbandono sarà repentino” prosegue.

Giunti al quarto step, si implementa ciò che si è disegnato: si configurano gli strumenti affinché le persone possano lavorare così come il management ha definito. “Ed eccoci al quinto step, quello del continuo service improvement” conclude Besozzi. “L’hybrid workspace, infatti, si basa sul cloud, che non è un ambiente statico come le tecnologie tradizionali: vi è un rilascio continuo di funzionalità e aggiornamenti. Per questo è necessario un costante monitoraggio sia del servizio che dei feedback degli utenti finali: in questo modo la tecnologia sarà sempre in linea con le necessità aziendali”.

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