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Indagine UK su Google e Apple: la dura vita delle Big Tech post Brexit

Le autorità UK ipotizzano una nuova indagine su Google e Apple per posizione dominante nel mercato dei browser mobile. La seconda starebbe ostacolando anche il fenomeno del cloud gaming e la prima imponendo agli app developers il suo Google Pay Billing. Se avviata, si unirà alle numerose già in corso che costringono le Big Tech a confrontarsi con almeno tre regolamentazioni diverse. Post- Brexit, infatti, UK agisce in autonomia mostrandosi più che mai determinata a difendere il proprio mercato e i propri utenti

Pubblicato il 20 Giu 2022

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Godi che “big” non sei, verrebbe da dire, con un’ironia macchiata di realismo, di fronte all’ennesima indagine in arrivo “per posizione dominante” rivolta ad alcune delle note aziende tech a cui gran parte di noi affida dati, ricordi, desideri e risorse. Ad alzare le antenne su una potenziale condotta scorretta, stavolta di Google e Apple, è il Regno Unito. Da quando si muove da solo, non ha rinunciato a vigilare sulla libertà e l’apertura del mercato, per proteggere le proprie aziende e la privacy dei propri cittadini. Ciò pone le big tech in una situazione di triplice pressione. Devono gestire infatti almeno tre potenziali “banchi di accusa” – USA, UE, UK – oltre a quelli che la restante parte del mondo in cui sono operative potrà sempre e comunque imbandire.

Browser mobile e cloud gaming: timori e strategie UK

Nel dettaglio, l’Autorità di Concorrenza inglese (CMA) si è detta intenzionata ad avviare una “indagine di mercato” nei confronti di Google e Apple. Entrambe avrebbero approfittato della loro posizione dominante sul mercato dei browser mobile, la seconda è anche sospettata di voler limitare il cloud gaming sui suoi dispositivi. Parallelamente partirà un’azione di enforcement nei confronti di Google che nel proprio app store impone agli sviluppatori l’uso di Google Play Billing.

Nel 2021 il 97% del traffico web mobile inglese è stato effettuato con il motore del browser di una delle due accusate. La CMA teme quindi che, con la loro forte presa sull’ecosistema mobile, possano escludere agilmente i concorrenti, frenando il settore tecnologico britannico e limitando la scelta per i cittadini. Non solo sui browser, ma anche sugli app store, Apple e Google hanno un duopolio effettivo, secondo la CMA, che permette loro di determinare unilateralmente le regole del gioco. Ciò riguarderebbe soprattutto trend emergenti come quello del cloud gaming: il sospetto è che Apple possa negarne i vantaggi agli utenti mobile, ostacolando l’usufruire di giochi in alta qualità in streaming senza scaricarli singolarmente.

Questa nuova idea di indagine è spuntata a seguito di uno studio durato un anno che ha rilevato una “morsa” sul mercato da parte delle due aziende. Non è la prima del post Brexit: da indipendenti rispetto alle mosse della UE, gli inglesi hanno già “punzecchiato” entrambe le aziende su cui ora intendono indagare di nuovo. Google poche settimane fa, per potenziale abuso di posizione dominante nel mercato del digital advertising. Apple già circa un anno fa, con un’indagine sulla distribuzione delle app sul suo Apple Store. Innescata dalle denunce di Epic Games, l’accusa riguardava termini e condizioni imposte agli sviluppatori, tra cui una commissione del 30% per Apple.

Se l’azione di enforcement ora annunciata potrebbe comportare per Google multe fino al 10% del fatturato, l’indagine di mercato che coinvolge anche Apple permetterebbe di emanare “solo” ordini giuridicamente vincolanti di modifica delle pratiche. L’obiettivo delle autorità UK è però proprio questo: non fare cassa ma aumentare il controllo antitrust globale sulle maggiori aziende tecnologiche statunitensi.

USA, UE, UK & Big Tech: allinearsi su obiettivi comuni si può

Solo il 22 luglio si deciderà se avviare realmente la nuova indagine che andrebbe ad aggiungersi alla serie crescente di quelle che riguardano big tech. La Brexit ha senz’altro complicato la loro posizione, costringendole a confrontarsi con almeno tre autorità, tutte e tre sempre più determinate a garantire il mercato libero e i diritti di privacy ai cittadini.

L’Unione Europea, particolarmente attiva nell’era Vestager, ha diversi casi aperti da gestire tra cui uno proprio con Google (sullo stack ad-tech) e ben tre con Apple (su servizi di streaming musicale, App Store e Apple Pay) a cui aggiungerne due con Amazon. Ciò che però oggi più preoccupa le big tech sul fronte europeo è il pacchetto di misure in arrivo: il Digital Markets Act e il Digital Services Act. Soprattutto con il primo, introducendo la categoria di “gatekeeper”, l’Unione Europea cambia approccio dando una risposta sistematica a comportamenti che ormai ritiene sistemici.

Non mancano coloro che accusano l’Europa di atteggiamenti “anti-USA”, ma anche gli stessi Stati Uniti stanno indagando o hanno avviato azioni legali contro diverse grandi aziende tecnologiche “di casa propria”. La Federal Trade Commission ha di recente annunciato un corposo programma di interventi e strette normative sulle Big tech per la difesa dei consumatori e la tutela della concorrenza di mercato. Avrebbe per esempio espresso la volontà di vedere revocate da parte di Meta (ai tempi Facebook) le acquisizioni di Instagram e WhatsApp e di approfondire quella recente di Mgm da parte di Amazon.

Proprio dagli USA è poi partito il caso Jedi Blue, sull’accordo stretto da Google con Facebook: l’ipotesi è che sia stato uno strumento per eliminare i suoi concorrenti nell’ecosistema pubblicitario.

Al di là dell’esito, ciò che rende realmente significativa questa indagine è la sua dinamica di propagazione. L’Unione Europea ha infatti preso ispirazione dal procuratore generale dello stato del Texas che ha intentato questa causa, aprendone una analoga a quattro mani con la CMA del Regno Unito. Ciò dimostra che esiste, o si può creare, un senso di allineamento: di fronte a uno scopo comune – il mercato aperto – pur non esistendo un’autorità globale per la concorrenza la frammentazione di regolamentazioni può essere “superata”.

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