Se i big player Ict si trovano oggi a giocare un nuovo match nella partita per la conquista del market share, che potrebbe ridefinire anche in modo drastico lo scenario di mercato dell’offerta, questo è in parte dovuto alla consumerizzazione It che ha fatto del ‘public’ un modello cloud sempre più appetibile per le aziende. Sebbene nelle grandi realtà aziendali, per cautela, esigenze di sicurezza e compliance, necessità di governance e controllo, si preferisca approcciare il cloud attraverso il modello ‘private’, è innegabile che sarà quello ibrido lo scenario più plausibile e già oggi prospettabile. James Staten, analista di Forrester Reasearch, nel report Understand The Cloud Service Provider Market Landscape pubblicato lo scorso maggio, propone un’analisi del mercato dell’offerta che aiuta anche a meglio identificare il posizionamento di alcuni cloud provider in base alla presenza geografica, alla propria capitalizzazione, alla capacità di investimento e di ‘proprietà intellettuale cloud’; dal punto di vista tecnologico, l’offerta è molto frammentata perché vi sono player che coprono tutte le tipologie di servizi Iaas, Paas e Saas e altri che offrono invece soluzioni molto specifiche, come quelle di file sharing.
Staten, classifica i cloud service provider in Tier 1, Tier 2 e Tier 3 a seconda della loro capacità di proposta e dell’attuale posizionamento:
1) I provider Tier 1 sono coloro che hanno guadagnato un ampio market share a livello globale; solitamente, si tratta di player che hanno presenza locale con più sedi (multinazionali), propri data center dai quali erogano i servizi, capitale a disposizione per attività di R&d nonché per attuare politiche di espansione e acquisizione. Questi service provider sono in grado di creare ed erogare in autonomia soluzioni cloud Iaas, Paas e Saas, spesso anche di networking grazie a reti proprietarie.
Secondo l’analisi di Forrester, troviamo in questa categoria nomi quali AT&T, BT, Verizon, Ibm Gts, Fujitsu, Accenture, Interoute nonché i più noti Amazon, Google, Microsoft e Salesforce.com. Rientra in questa categoria di provider anche Oracle che dispone oggi a livello worldwide di una rete di 19 data center per erogare servizi cloud alle imprese.
2) I fornitori classificati come Tier 2 sono rappresentati da realtà internazionali, seppur non con una presenza globale, con un discreto capitale e market share, ma non in grado di costruirsi una propria cloud intellectual property. Offrono perciò in licenza o rivendono servizi di altri provider più strutturati (in molti casi sono partner diretti dei vendor Ict o dei cloud service provider Tier 1). Realtà di questo tipo sono Colt, Orange Business Services, Unisys o Huawei (anche se quest’ultima sta espandendo la propria presenza in Europa e sta già guardando al mercato Usa proprio puntando sul cloud).
3) Infine, tra i cloud service provider ‘puri’ (quelli cioè che erogano il servizio in modalità totalmente public) troviamo anche quelli locali, di piccole/medie dimensioni che pur non avendo presenza geografica estesa e, molto spesso, non possedendo data center o infrastrutture proprie, riescono a erogare servizi, soprattutto di tipo Saas, ricorrendo a partnership e a contratti di outsourcing infrastrutturale o hosting. I cloud service provdier Tier 3 più noti sono: Dropbox, Evernote, Adobe, Autodesk, Informatica.
Public cloud: il mercato dei service provider
Se i big player Ict si trovano oggi a giocare un nuovo match nella partita per la conquista del market share, che potrebbe ridefinire anche in modo drastico lo scenario di mercato dell’offerta, questo è in parte dovuto alla consumerizzazione It che ha fatto del ‘public’ un modello cloud sempre più appetibile per le aziende
Pubblicato il 17 Ott 2014
di Nicoletta Boldrini
Nicoletta Boldrini
giornalista
Segue da molti anni le novità e gli impatti dell'Information Technology e, più recentemente, delle tecnologie esponenziali sulle aziende e sul loro modo di "fare business", nonché sulle persone e la società. Il suo motto: sempre in marcia a caccia di innovazione #Hunting4Innovation