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PA più efficiente e friendly con il low code. La sfida italiana di Appian

Localmente si devono migliorare i servizi ai cittadini, centralmente la trasmissione di dati. Appian ha una mission speciale, per la PA italiana: grazie al low code vuole renderla più digitale, più efficiente e più attraente. Ha costruito un’offerta dedicata, per i Comuni si impernia attorno ai fondi del PNRR, per le PA centrali, sul nuovo concetto di data fabric. In entrambi i casi, la carta vincente, secondo Silvia Speranza, è il sapersi integrare con tutto. Sia con l’esistente, sua con il futuro. 

Pubblicato il 07 Mar 2023

code

Quando in Italia parlano di PA, molto spesso sia aziende che cittadini vi associano concetti come “burocrazia” e “lungaggini”. Non si tratta di una credenza o di un pregiudizio che si respira nell’aria, di un “pour parler”. Spesso è una realtà supportata dai fatti, che impatta fortemente sul futuro del nostro Paese.

Appian, in Italia, ha scelto di sradicare questo paradigma con il “suo” low code, sviluppando una strategia “ad hoc” per supportare la PA. È necessaria una svolta, una rivoluzione potente in certi casi, e questa azienda è convinta che, senza dover inventare nulla da capo, la di possa compiere proprio con il low code, semplificando e ottimizzando.

La sfida è doppia, perché si rivolge sia alle amministrazioni locali che a quelle centrali. Pur con scopi, problemi ed esigenze diverse, entrambe queste realtà devono fare urgentemente un salto di qualità, per tenere il passo con un Paese che vuole continuare ad essere internazionalmente competitivo.

Servizi al cittadino più friendly, senza perdere i fondi del PNRR

Per le PA locali, la priorità è quella di migliorare i servizi al cittadino, per vocazione e per poter sfruttare al meglio i fondi del PNRR. Sono 26 quelli su cui migliorare e, su questi, Appian ha costruito la sua strategia, puntando sulla velocità e sulla semplificazione. “Siamo convinti che il low code sia lo strumento giusto” afferma Silvia Speranza, regional vice president, Central and Southern Italy, raccontando come Appian abbia imparato a collaborare con comuni di qualsiasi dimensione, puntando tutto sulla flessibilità della sua soluzione.

“Prima verifichiamo che i servizi da ottimizzare siano trattabili per la nostra piattaforma, poi li armonizziamo, garantendo un accesso unico. Questo vantaggio impatta sia sui cittadini, sia sugli stessi lavoratori, minimizzando il rischio di errore manuale e di perdita dati. Tecnicamente, portare un servizio su piattaforma è semplice, il processo è unico, va solo replicato” spiega Speranza.

L’intervento di Appian è fattibile anche se un comune sta migrando al cloud o se vuole farlo: non ci sono problemi di integrazione o di supporto. Capacità di change management, sono invece richieste quando nella PA locale sopravvivono sistemi legacy. In questo caso, vanno sostituiti prontamente, con uno switch che può durare una settimana.

La strategia di Appian è fortemente legata al PNRR, ma non sussisterebbe senza l’aiuto dei partner locali. “Sono più che mai essenziali per costruire un’offerta strutturata che risponda alle vere esigenze del territorio, in Italia molto differenti di comune in comune” ribadisce Speranza, spiegando che i due driver Appian finora maggiormente riconosciuti dalla PA locale sono stati la velocità di implementazione e l’unicità della sua piattaforma da cui gestire tutti i servizi citati nel PNRR, e non solo.

Data fabric e dinamismo per garantire efficienza

Quello a cui guardano le amministrazioni centrali è molto differente: la loro priorità è normalizzare le interconnessioni tra PA, centrali o locali che siano. Speranza spiega: “la maggior parte delle inefficienze sono legate alla ridondanza di pratiche e alle informazioni ripetute o chieste più volte. Pesano sia sul cittadino che sui lavoratori. Per efficientare, abbiamo trasformato processi in silos in processi interconnessi, mettendo a disposizione un data fabric. In questo modo, la PA che sta lavorando con noi, diventa una sorta di hub che espone dati. Le altre possono attingervi, così riescono a condividere i dati”.

Per percepire i vantaggi per il cittadino, basti pensare che tutto ciò porterebbe a una ridistribuzione dinamica del carico di lavoro, in base e flussi e skill necessarie per ogni singola pratica. Non più differenze territoriali o a seconda dell’efficienza del singolo, quindi. Il low code riuscirebbe a introdurre uniformità e flessibilità, per garantire velocità, efficienza e una miglior gestione dei picchi.

Low code & employee experience: un progetto HR

Rispondere alle nuove esigenze e riparare le storiche pecche sono le due principali mission di Appian, ma non le uniche. Nel contesto globale, sta diventando sempre più importante l’employee experience. Appian non ha intenzione di farsi sfuggire questo nuovo trend e sta già lavorando a un progetto low code a tema, in collaborazione con un’agenzia governativa.

Questa realtà ha base in Italia, ma sedi anche internazionali in cui i dipendenti non devono essere trattati “da confinati”. Appian ha lavorato con il team HR in modo che, in una sola piattaforma, fossero gestite le richieste di tutti, senza alcun bias “geografico”. Nella seconda fase, si passerà alla parte più contabile, amministrativa e di asset management.

I benefici, secondo Speranza, sono già evidenti. “L’utente ha un accesso unico e fruibile, il team HR ha un unico riferimento per tutte le richieste e ogni interazione anche tracciabile e integrata. Il vero valore del low code, sta però nella sua capacità di integrazione, ottima con qualsiasi nuovo investimento o vecchio sistema legacy. Chiunque saprebbe fare una bella app stand-alone, noi la realizziamo perché possa inserirsi in ogni architettura, anche complessa. Ciò significa, per noi, supportare la trasformazione digitale della PA, senza obbligarla ad acquistare troppi tool”.

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