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Industrial Internet of Things: nuovi paradigmi all’orizzonte

Una ricerca sugli impieghi in ambito industriale, in occasione del convegno conclusivo dell’attività di un anno dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, ha evidenziato la crescita particolarmente significativa delle applicazioni anche nel mondo PMI, in parte su impulso degli incentivi. La prospettiva futura dovrà però prevedere una maggiore consapevolezza nell’impiego dei dati sia per ottimizzare l’operatività attuale sia alla ricerca di nuovi modelli di business basati sui servizi

Pubblicato il 21 Giu 2023

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Prosegue la crescita del mercato IoT in Italia che nel 2022 ha raggiunto 8,3 miliardi con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente, una dinamica superiore a quella del mercato digitale nel suo complesso, cresciuto del 3,6%. Da un lato rallentano la corsa in ambiti come lo smart metering e la smart car, che avevano trainato il mercato negli anni scorsi e tuttora rappresentano una quota significativa, dall’altro emergono settori particolarmente dinamici come la Smart Agriculture (+32%), in evoluzione verso il paradigma Agricoltura 4.0, e la Smart Factory (+22%), grazie a un numero crescente di aziende orientate ad avviare progetti IoT.

Fonte: Osservatorio Internet of Things, Politecnico di Milano

Nel campo degli impieghi industriali dell’IoT emergono interessanti novità come la riduzione del divario fra grandi imprese e PMI in termini di conoscenza del tema IoT (arrivata al 98% per le grandi e 87% per le PMI) e di diffusione progetti (rispettivamente al 77% e al 58%). Il salto risulta particolarmente significativo nel confronto con i dati del 2021 quanto solo il 46% delle Pmi conosceva IoT e solo il 27% aveva avviato progetti. L’indagine, svolta dall’Osservatorio e che ha coinvolto circa 150 grandi aziende e 300 PMI, indica che i progetti si focalizzano soprattutto sulla fabbrica 4.0 che assorbe l’84% dei progetti delle PMI, seguita da iniziative legate alla manutenzione e alla gestione dei consumi energetici. I progetti delle grandi imprese si articolano invece su più ambiti: uno su due è rivolto alla fabbrica 4.0, mentre circa uno su tre si rivolge alla smart supply chain e il 16% allo smart life cycle.

Questo nuovo dinamismo è spinto da benefici percepiti e i driver quali efficienza, efficacia, accesso agli incentivi (che rappresenta la molla per una grande azienda su 3 e per quasi metà delle PMI); meno interesse viene dalla possibilità di sfruttare i dati e vantaggio competitivo. Gli incentivi sono la molla anche per l’aumento di investimenti su transizione 4.0 e II0T per il 44% delle grandi imprese e per il 58% delle PMI. “Il dimezzamento degli inventivi a partire dal 2023, secondo quanto stabilito dalla legge di bilancio 2022, potrebbe avere un effetto negativo portando al rallentamento di questa dinamica” commenta Giulio Salvatori, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things, Politecnico di Milano, che tuttavia ricorda il rifinanziamento di incentivi come la nuova Sabatini che prevede un beneficio fiscale a fronte dell’investimento in macchinari funzionali alle attività d’impresa.

Si apre così una prospettiva ambivalente. Da un lato sarebbe importante che questi progetti di innovazione industriale andassero avanti con le proprie gambe per cogliere i benefici in termini di competitività, dall’altro parte gli incentivi servirebbero per attenuare i timori nell’attuale fase di incertezza economica. Quest’ultimo elemento è considerato un ostacolo da più di un terzo delle PMI e da più di un quinto delle grandi imprese (38%). “La causa per la quale si arenano i progetti sono però soprattutto la mancanza di competenze e di figure specifiche oltre che la mancanza di comprensione del valore reale dei dati”, sottolinea Salvadori.

Evoluzione IIot verso nuovi modelli di business


Il ruolo dei dati e la comprensione del loro valore rappresenta un punto nodale per l’evoluzione dell’impiego industriale di IoT. A tal fine l’Osservatorio ha costruito un framework che indica il percorso verso la servitizzazione, che potrebbe consentire alle imprese di espandere le attività attuali e trasformarne il modello di business, abilitando nuovi servizi per i propri clienti. “Per lo sviluppo futuro le imprese non possono considerare solo benefici di primo livello come la connettività ma devono ampliare la prospettiva al mondo dei dati e dei servizi”, è la prospettiva indicata da Salvadori.

Tuttavia, ad oggi solo una grande azienda su 3 utilizza in modo efficace i dati raccolti, valore che scende al 12% nel caso delle PMI. Anche in questo caso l’ostacolo principale è la mancanza di professionalità specifiche in grado di fare le analisi dei dati e promuovere la comprensione del loro valore. Le aziende stanno comunque operando per utilizzare i dati per servizi standard come attività di notifica e di tipo informativo, segnalazione di eventi avversi, ottimizzazione dei consumi energetici, ottimizzazione della manutenzione. Risultano ancora modesti i servizi di manutenzione predittiva, basati su intelligenza artificial, e servizi pay per use connessi all’effettivo utilizzo dei macchinari.

L’evoluzione potrebbe derivare da tre livelli di servitizzazione individuati dall’Osservatorio che di seguito elenchiamo.

  • I servizi di notifica presentano una serie di benefici come: visibilità dei processi, ottimizzazione della produzione, manutenzione, sviluppo di nuovi prodotti (utilizzando digital twin), energy management, riduzione recall, andando ad agire sul lato software.
  • Il servizi pay per use, pay per performance vanno di pari passo con l’evoluzione del modello di business senza la necessità di acquistare impianti e macchinari, ma ritagliano una possibilità di impiego sulla base dell’effettiva necessità. Per svilupparsi questo modello dovrebbe vedere un’evoluzione delle modalità di finanziamento, in particolare per le PMI che non hanno budget sufficiente. Vanno inoltre identificati i prodotti adatti, ad esempio macchinari con cicli di vita medio-lunghi, valore residuo non trascurabile, possibilità servizi di assistenza e manutenzione.
  • La possibile diffusione del manufacturing as a service dipende dall’evoluzione del machine2machine payment, dalla possibilità di fare ordini in automatico, dalla condivisione di macchinari connessi che può consentire ad un’azienda di vendere la capacità produttiva eccedente. Il machinery on demand, in particolare, permette di acquistare il macchinario nelle sue funzionalità base per sbloccare poi funzionalità più evolute in caso di necessità.

Mentre i servizi di notifica, spesso connessi alla manutenzione, hanno una certa diffusione e il pay per use presenta qualche esempio anche in Italia, il manufacturing as a service vede al momento pochissimi casi a livello internazionale, nessuno in Italia. La strada è lunga, ma il processo sta accelerando.

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