Executive Dinner

Sistemi cognitivi: ‘prepararsi’ per sfruttarli in azienda

I sistemi cognitivi possono essere l’elemento di discontinuità e di accelerazione dell’innovazione abilitando percorsi di trasformazione digitale che abbiano al centro il dato mediante il quale l’azienda può prendere decisioni strategiche più efficaci attraverso tecnologie che auto-apprendono. Le imprese devono però ‘prepararsi’ e seguire un approccio strutturato al cambiamento; se ne è parlato nel corso di un recente Executive Dinner

Pubblicato il 22 Mag 2017

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I sistemi cognitivi possono diventare l’elemento di ‘rottura’ e di accelerazione dell’innovazione abilitando percorsi di trasformazione digitale che abbiano al centro il dato mediante il quale l’azienda può prendere decisioni strategiche più efficaci. “Se ci muoviamo in un mercato che richiede modelli di business nuovi, digitali e basati sui dati, è evidente che gli approcci tradizionali (di business ed It) perdono di efficacia”, è la riflessione del direttore di ZeroUno, Stefano Uberti Foppa, chairman dell’evento, durante l’apertura dei lavori di un recente Executive Dinner, organizzato in collaborazione con Dedagroup, con l’obiettivo di fare chiarezza su questi aspetti e di dare un’overview sulle potenzialità dei sistemi cognitivi.

Di questo servizio fa parte anche il seguente articolo:

IL DIBATTITO – Cognitive systems: dove si sta sperimentando ?

Sul mercato ci sono già interessanti evidenze ed esempi concreti di come il cognitive computing possa portare risultati sia in termini di efficienza di processi sia dal punto di vista dell’innovazione di servizi digitali di business o di un più efficace decision making.

Marco Guida, Associate Partner McKinsey Analytics

A darne evidenza è Marco Guida, Associate Partner McKinsey Analytics che, presentando alcuni dei risultati del report annuale del centro studi McKinsey Global Institute (il quale studia annualmente lo stato dell’arte dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione delle imprese, soprattutto valutando il livello di automazione dei processi e delle attività lavorative) sottolinea: “Le soluzioni di intelligenza artificiale (IA) più innovative riescono ad eseguire abilità tipiche umane (anche se non tutte le competenze possono essere automatizzate; quanto meno non nella totalità). In linea di massima, non esiste un business o una tipologia di azienda che non possa automatizzare i processi, al massimo ci sono livelli differenti di automazione, ma tutte hanno potenziale”.

Potenziale che non sempre si traduce però in adozione, ci tiene a rimarcare l’analista: “Il potenziale dei sistemi cognitivi del 2011, nel 2016 non era ancora stato colto per una serie di barriere importanti: 1) lo scetticismo della leadership aziendale sull’impatto del machine learning e dell’IA; 2) la mancanza di competenze adeguate; 3) la modalità di gestione dei dati ancora a silos, totalmente inadatta agli algoritmi cognitivi”.

Come adattare i sistemi cognitivi perché siamo efficaci in azienda?

Evidenziate le criticità che frenano l’adozione dei sistemi cognitivi in azienda, Guida offre ai Cio presenti in sala alcuni spunti per modellare in azienda una possibile roadmap implementativa. “Innanzitutto è fondamentale decidere lo use case, cioè capire dove applicare un sistema cognitivo. Il secondo passo richiede uno sforzo nella raccolta e nell’arricchimento dei dati provenienti sia da fonti interne sia esterne. Il terzo passaggio richiede competenze adeguate perché riguarda la modellazione dei dati mediante gli opportuni algoritmi”, spiega dettagliatamente Guida.

“Infine, ci sono due passaggi molto critici e di importanza fondamentale nella riuscita e nell’efficacia del progetto: l’integrazione dei sistemi cognitivi nei workflow aziendali, che significa ridisegno dei processi, modellazione di un’interfaccia intuitiva integrabile con i workflow, per poter poi automatizzare il tutto; infine, si passa all’adozione vera e propria, passaggio finale che richiede però molta attenzione su aspetti molto rilevanti come il change management e la creazione delle competenze adeguate sia per la governance dei sistemi sia per la gestione del front-line”.

Un percorso che richiede uno sforzo ‘preliminare’ anche a livello infrastrutturale, in particolare nella revisione delle architetture dati: “Bisogna passare da un sistema a silos ad un’architettura basata su una gestione centralizzata del dato, ossia su un modello di Data Lake con governo centralizzato del dato”, conclude Guida cui fa eco, in chiusura, Uberti Foppa: “Se non si seguono questi step il rischio è che i progetti rimangano nell’alveo della sperimentazione”.

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