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Modello Etna: tradurre la complessità terrestre in digital twin 

Non uno, ma quattro digital twin per svelare come “funzionano” i vulcani. Li sta costruendo la comunità scientifica europea e due modellizzano l’Etna. Al lavoro l’INGV, per “digitalizzare” eruzioni e flussi di lava

Pubblicato il 14 Lug 2023

Immagine di Varunyuuu su Shutterstock

L’ambizione di riuscire a modellizzare i fenomeni complessi a cui assistiamo ogni giorno come abitanti del Pianeta Terra fa parte da sempre dell’essere umano ed è ciò che anima il progetto europeo interdisciplinare DT-GEO (Digital Twin for Geophysical Extremes). L’idea di creare un gemello digitale dei vulcani rappresenta poi una sfida nella sfida, tanto che la comunità scientifica si è fatta in quattro per vincerla. Non un solo modello, quindi, ma più modelli distinti, “splittando” i problemi da trasformare in numeri.

Va studiato il meccanismo di unrest del vulcano, per comprendere quali fenomenologie portano al passaggio dallo stato di quiete a quello di una possibile eruzione. Si possono anche approfondire la dispersione delle ceneri in atmosfera in caso di eruzione e l’evoluzione del flusso di lava, per mitigare rischi per la popolazione. E poi ci sono i gas eruttati che si diluiscono nell’aria che respiriamo.

Come dentro a un vulcano

Ciascuna di queste mission ha un elevato grado di complessità che gli scienziati stanno cercando di tradurre in modelli avanzati, “appoggiandosi” su dei test case reali. Se per le ceneri e i gas, è stata scelta l’Islanda con i suoi scenografici vulcani. Il “nostro” Etna è al centro degli altri due digital twin in pista per DT-GEO. È proprio sul suolo siciliano, quindi, che si sta provando a studiare il meccanismo di “accensione” dei vulcani.

“Esistono già dei software di modellistica analitica e numerica che, date le forze interne e le componenti chimico fisiche della roccia e del magma, danno la deformazione attesa al suolo. Grazie a un gemello digitale, noi vogliamo fare il contrario. Allenare una AI che sia in grado di ricavare le forze interne data la deformazione misurata al suolo. Ciò ci permette di conoscere la distribuzione di forze nel vulcano e capire quando erutta e dove c’è la risalita di un dicco che intrude fino ad arrivare alla superficie” spiega Flavio Cannavò, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Catania.

Per compiere questo “ribaltamento digitale” si sfruttano i dati di deformazione misurati da stazioni GPS, oltre a quelli ricavati da specifici sensori che misurano la variazione di pendenza dei fianchi del vulcano. Utili anche i dati satellitari, forniti da radar che scannerizzano la superficie terrestre ricavando informazioni sulla deformazione da immagini ad alta definizione ma bassa periodicità.

È affascinante, e senza dubbio sarebbe utile, capire e prevedere il comportamento di un vulcano. Nulla di impossibile, secondo l’INGV che sta affrontando questa mission per conto dell’Europa tutta, grazie anche al supporto di CINECA. Serve la sua potenza di calcolo, infatti, per il massiccio lavoro di generazione degli scenari e di training delle reti neurali. È essenziale per ottenere simulazioni adeguate e, per quanto possibile, aderenti alla realtà.

Seguire la lava in real time

Il secondo digital twin etneo è quello dedicato alla comprensione dell’evoluzione del flusso di lava. In questo caso, ci si colloca nel bel mezzo di un’eruzione, cercando di capire quantità e tipologia del magma, direzione e movimenti della colata. Il tutto in real time.

Il team di scienziati sta quindi cercando di “affiancare con dati satellitari il modello teorico, con dati sul flusso e sull’emissività – spiega Cannavò- è un lavoro di data assimilation in tempo reale, da compiere mentre il modello gira, per ottenere una predizione sempre più precisa e aggiornata, momento per momento”.

Le informazioni date in pasto al modello sono tutte di provenienza satellitare ma di diversa tipologia, al variare delle bande di frequenza selezionate e dalla costellazione. Non c’è un problema di quantità, ma di “assimilazione”: la parte più complessa di questo digital twin consiste infatti nel capire come introdurre dati reali e live nei modelli. Lo si prova a fare utilizzando tecniche di machine learning e risorse HPC.

La Terra avrà il suo gemello

Pezzo per pezzo, quindi, la comunità scientifica sta cercando di carpire (e modellizzare) i segreti dei vulcani. Il sogno sarebbe quello di costruire un gemello digitale contenente tutti i fenomeni complessi che la Terra mostra. Questo sogno ha anche un nome e una scadenza, si chiama Destination Earth e lo si vuole avverare in 10 anni.

Uno step più prossimo e accessibile sarebbe quello di unificare i 4 digital twin che spiegano i vulcani. Cannavò è possibilista, e spiega che “si stanno creando apposta in vista di questo obiettivo, basandosi su workflow, quindi su flussi di dati e programmi standardizzati. In questo modo otteniamo una modellizzazione applicabile su qualsiasi vulcano si voglia studiare”.

La strada è tracciata e l’INGV sta compiendo con decisione i primi passi, unendo le forze delle sue sedi di Catania, Pisa, Napoli e Bologna. “Per ora è stata creata l’infrastruttura informatica, presto faremo girare piccoli moduli di digital twin sull’HPC. Si tratta della fase preliminare di programmazione, il progetto dura infatti 3 anni. Il prossimo miriamo già ad avere i primi moduli completi e, al termine, forniremo prototipi da usare in fasi successive. Non pronti all’uso, non ancora, ma già in grado di raccontare i vulcani come finora non è mai stato fatto”.

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