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AI generativa: ecco come può aiutare gli sviluppatori a ridurre il time to value

L’automazione, da sola, non basta: per sprigionare tutto il potenziale che l’intelligenza artificiale può esprimere nella creazione software e nelle operazioni di testing serve un approccio integrato. Parla Riccardo Sanna, Head of DevOps Cloud Solution Consulting Europe di OpenText

Pubblicato il 24 Nov 2023

AI generativa

L’intelligenza artificiale generativa è sulla bocca di tutti. Ne sono entusiasti gli utenti delle miriadi di applicazioni online che consentono di ottenere testi, foto e contenuti multimediali a partire da comandi forniti in linguaggio naturale. La salutano con speranza e apprensione politici e regolatori, sottolineando con uguale enfasi le opportunità e i rischi insiti nell’adozione della tecnologia nel sempre più ampio alveo dei casi d’uso a cui è applicabile. La accolgono infine con estremo interesse i professionisti dell’IT, e in particolar modo gli sviluppatori di software, che vedono nell’AI generativa uno strumento in grado di accelerare non solo la scrittura del codice, ma anche il suo corretto sviluppo sotto il profilo funzionale e legale.

Pronti per un’adozione di massa

Un’indagine pubblicata da Gbh Insights Llc ha per esempio rilevato che il 78% delle aziende prevede di utilizzare l’AI per lo sviluppo del software entro i prossimi tre-cinque anni. Sulla base di un sondaggio condotto su 2mila professionisti dell’informatica, Freshworks ha d’altra parte stimato che le aziende statunitensi potrebbero risparmiare ogni anno oltre 15mila dollari per dipendente IT utilizzando l’AI per automatizzare le attività ripetitive. E se Gartner prevede che più della metà delle descrizioni dei ruoli dei leader dell’ingegneria del software richiederà esplicitamente la supervisione dell’AI generativa entro il 2025, uno studio Idc di maggio ha rilevato che per quasi il 40% dei dirigenti IT l’AI generativa “permetterà di creare software molto più innovativi”.

Sempre secondo Idc, le grandi imprese si aspettano che la tecnologia le aiuterà a superare il problema della carenza cronica di competenze, mentre le aziende più piccole confidano di ridurre la spesa per le applicazioni software-as-a-service che saranno in grado di costruire da sole. Tra i benefici potenziali maggiormente attesi, sempre secondi Idc, ci sono quelli relativi alle attività di qualità e test del software (22,5%), di verifica di sicurezza e di gestione delle vulnerabilità (21,5%) e di scrittura vera e propria del codice (18%).

L’automazione al servizio di un time to value sempre più ridotto

Evidenze che non sorprendono Riccardo Sanna, Head of DevOps Cloud Solution Consulting Europe di OpenText, secondo cui saranno proprio i processi di controllo lungo la filiera delle development operation quelli che riceveranno una spinta decisiva dall’introduzione di piattaforme di AI generativa. “Qualche giorno fa, parlando con alcuni CIO all’interno di un forum che organizziamo ogni sei mesi per confrontarci con i nostri clienti, ho potuto rilevare che il 100% degli interlocutori sta implementando programmi sperimentali di AI generativa, e che gli use case principali sono due: l’help desk digitale e il supporto allo sviluppo. La documentazione del codice, lo unit testing, le attività di review e, nel complesso, tutte le operazioni ripetitive hanno del resto sempre costituito lavori frustranti per gli sviluppatori, i quali vedono nell’AI un’opportunità per semplificare task che molto spesso eseguono controvoglia”.

Riccardo Sanna, Head of DevOps Cloud Solution Consulting Europe di OpenText

Il punto è che quest’aspetto interessa relativamente poco a chi stabilisce budget e investimenti. Il vero fine ultimo della produzione di software, per i decisori di business, è la creazione di valore. Le aziende private hanno bisogno di software per aumentare margini, migliorare la propria immagine, risultare compliant con standard di settore e framework legislativi. Le pubbliche amministrazioni devono invece creare supporti sempre più efficienti e a norma per erogare servizi essenziali.

“Quello che conta, dunque, è il time to value, ed è su questa consapevolezza che bisogna imperniare qualsiasi strategia di implementazione di piattaforme di AI generativa in ambito DevOps”, dice Sanna. “Cosa significa ciò, sul piano pratico? Significa andare verso l’adozione di una piattaforma che supporta l’intero flusso del devops e che permetta di capitalizzare l’immensa mole di dati e statistiche che le devops toolchain oggi generano. Ciò implica anche il superamento di una gestione slegata dei singoli task, che porta inevitabilmente a una sub-ottimizzazione. Per esempio, le statistiche riportano che il time to value di una applicazione è pari a 200 giorni, e di questi solo 20 giorni sono dedicati allo sviluppo del software: il dimezzamento, grazie all’AI generativa, di un simile lasso di tempo dunque non genera vantaggi apprezzabili. C’è bisogno di altre branche dell’AI che integrino quest’apporto con un approccio end-to-end all’intera catena del valore”.

L’AI non basta: occorre un approccio a 360 gradi e i tool giusti

Sanna ha in mente, in particolare, i risultati che si possono ottenere sul fronte del quality assurance, dove soluzioni che incorporano tecnologie di computer vision sono in grado di comprendere schermate e pagine riconoscendo oggetti e immagini su cui riescono a eseguire in modo autonomo test qualitativi.

“I vantaggi nell’automazione di questa attività sono essenzialmente due. Il primo e più ovvio è quello della velocità d’esecuzione. Il secondo ha a che fare con la possibilità di avviare cicli più robusti e manutenibili. La nostra soluzione di Computer Vision, d’altronde, si comporta a tutti gli effetti come un essere umano. Se l’oggetto su cui bisogna condurre il test da una release all’altra viene spostato – pensiamo per esempio a un campo di search engine che passa dall’essere in alto a destra dello schermo a una nuova posizione – il sistema lo riconosce automaticamente e procede con il controllo. Proviamo a immaginare a cosa questo può significare nel momento in cui si sviluppa un’applicazione che dovrà girare su Android e iOS. Teoricamente, con un approccio tradizionale, occorrerebbe eseguire il doppio dei test per garantire le non regressioni del software su entrambe le piattaforme” prosegue Sanna. “Con la nostra soluzione, invece, un unico script è in grado di gestire in modo automatico due sistemi operativi. Sulla scorta di confronti fatti sul campo insieme ai clienti, risulta che l’80% dell’automazione dei processi di controllo è compatibile per i due mondi. In altre parole, si risparmia l’80% del tempo, e questo sì che è un vantaggio con ricadute di un certo peso sul time to value. Inoltre, il tool di automazione è in grado di interpretare il linguaggio naturale e creare, sulla base delle indicazioni fornite dall’operatore, uno script che può ripetere N volte le azioni prestabilite, facilitando le operazioni di controllo”.

Complementare a questo strumento, Aviator per DevOps, sempre proposto da OpenText, aiuta gli sviluppatori a identificare all’interno di applicazioni le aree più deboli, che presentano cioè un tasso più elevato di difettosità. “In questo caso”, spiega il manager, “sfruttiamo strumenti di Mining e di Natural Language Processing per automatizzare non solo l’identificazione delle criticità, ma anche per creare real time dashboard che possono rilevare le aree di ottimizzazione end to end”.

Ma non è ancora sufficiente. Per avere un impatto davvero rilevante sul time to value, secondo Sanna è necessario anche indirizzare e risolvere potenziali latenze di processo, individuando colli di bottiglia nelle varie attività, a prescindere dal fatto che siano o meno controllate da soluzioni di automazione. “Un processo di produzione del software condotto in modo tradizionale, d’altra parte, implica una serie di passaggi gestiti secondo la logica dei silos: in un mondo in cui tutto è sempre più integrato, con applicazioni che condividono risorse a cavallo di ERP, sistemi logistici, social media e Internet, questo causa pesanti inefficienze. Bisogna quindi guardare al processo nella sua interezza, mapparlo e monitorarlo attraverso l’analisi degli stream che lo alimentano e facendo atterrare l’intera catena del valore su un’unica piattaforma, che offra un punto d’osservazione univoco e coerente, facilitandone l’ottimizzazione. Solo così”, chiosa Sanna, “possiamo assicurarci che l’AI generativa possa sprigionare il massimo potenziale e ridurre in modo consistente il time to value”.

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