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Sicurezza e trattamento dei dati online, ecco i timori di aziende e privati

Nello studio commissionato da Kaspersky Lab all’Applied Marketing Research è emerso che persone e aziende hanno poca fiducia relativamente alla protezione della propria vita digitale dai criminali e non solo

Pubblicato il 19 Nov 2018

Punti di vista su privacy e protezione nel cyberspazio - Fonte: Kaspersky Lab

Le persone e le aziende in merito al trattamento dei dati online non si fidano di nessuno: è ciò che, in sintesi, emerge dallo studio indipendente commissionato da Kaspersky Lab all’Applied Marketing Research che ha coinvolto i professionisti della sicurezza IT di 600 aziende di medie dimensioni e 6mila utenti con software di sicurezza installati sui loro dispositivi distribuiti tra Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.

I risultati mostrano che, tra i possibili “intrusi indesiderati” che creano maggior preoccupazione, si posizionano, al primo posto, senza destare alcuna sorpresa, i criminali informatici, indicati dal 45% delle aziende e dal 47% degli utenti, preoccupati di dover proteggere i propri dati online da attacchi malevoli. Questo dato è seguito da molto vicino da coloro che pensano di dover proteggere la propria vita digitale dal governo del loro stesso paese (rispettivamente per il 36% delle aziende e per il 33% degli utenti); seguono i governi e le società straniere (per il 30% delle imprese e il 26% delle persone). Non solo: circa un professionista della sicurezza IT su tre (29%) si preoccupa del fatto che il proprio datore di lavoro possa cercare di ottenere dei dati personali online, mentre un quarto (26%) dei singoli utenti sentiti è impensierito dell’eccessiva curiosità dei propri familiari.

Queste preoccupazioni riguardano anche i rapporti con la sicurezza informatica: la ricerca mette in luce una certa confusione circa le possibilità di accesso ai dati da parte di fornitori di soluzioni di cybersecurity. Molti degli intervistati temono che il proprio provider possa raccogliere informazioni digitali, opinioni, dati sulla localizzazione o sulle abitudini di navigazione e poi condividere queste stesse informazioni con organizzazioni straniere. Tuttavia, una larga maggioranza degli intervistati (l’87% delle aziende e l’82% dei singoli utenti) mostra di nutrire una certa fiducia, confidando in un comportamento etico da parte del proprio fornitore di soluzioni di cybersecurity nella raccolta e nell’uso dei dati personali.

Infografica: Punti di vista su privacy e protezione nel cyberspazio
Punti di vista su privacy e protezione nel cyberspazio – Fonte: Kaspersky Lab

La ricerca di Kaspersky Lab e Applied Marketing Research mostra, inoltre, che:

  • La privacy sembra essere considerata come un diritto fondamentale per tutti: il 46% delle aziende coinvolte e il 51% degli utenti sentiti ritiene che un fornitore di cybersicurezza non debba automaticamente condividere i dati privati di un utente con il proprio governo in caso di questioni che riguardano la sicurezza nazionale, si tratta di una scelta che dovrebbe dipendere dalle specifiche circostanze.
  • Per le imprese e per i consumatori ci sono questioni ben più importanti del paese d’origine di una realtà aziendale: il 55% delle aziende e il 66% degli utenti è convinto del fatto che il proprio governo dovrebbe fare affari con la società che offre i prodotti o i servizi di più alta qualità, anche se si tratta di una società straniera. Con grande sorpresa, questo dato sale rispettivamente a quota 82% e 78% quando si tratta di accordi fatti in ambiti cruciali per la sicurezza nazionale.

Questi risultati mostrano che l’attuale panorama del settore della sicurezza informatica ha contributo a creare, nel pensiero delle aziende e degli utenti finali, un clima di paura, incertezza e dubbi, che ha determinato in molte persone una mancanza di fiducia verso qualunque tipo di ente o organizzazione.

“I risultati di questa ricerca – ha dichiarato Anton Shingarev, Vice President of Public Affairs di Kaspersky Lab – sono davvero sorprendenti. Forniscono un’ulteriore prova del fatto che le tecnologie e i software sono considerate come delle “scatole nere” per molte aziende. Molti non sono informati sul loro funzionamento, sul loro contenuto, sul tipo di dati che vengono raccolti o su come vengono archiviati. Il risultato di questo fenomeno è la mancanza di fiducia verso i vendor. Credo che sia inaccettabile: come settore dobbiamo essere in grado di far capire esattamente alle persone cosa facciamo e quali cose un fornitore di sicurezza non dovrebbe mai fare. Questa responsabilità deve essere affiancata da un impegno costante nella costruzione della resilienza e della sicurezza all’interno dei nostri prodotti e nella dimostrazione della loro affidabilità attraverso un’attitudine che mette al primo posto la trasparenza e la responsabilità. Tutti questi propositi sono parte integrante della nostra Global Transparency Initiative, un programma messo in atto per favorire la ricostruzione della fiducia nel settore della sicurezza informatica”.

Anche il Dott. Milton Mueller, Professore del Georgia Institute of Technology School of Public Policy, per l’Internet Governance Project, ha commentato i risultati della ricerca di Kaspersky Lab: “Questo sondaggio mette in luce il rapporto esistente tra nazionalismo, sicurezza nazionale e fiducia nei confronti degli Internet Service Provider. Emergono dati sorprendenti per quanto riguarda gli atteggiamenti dei consumatori e delle aziende nei confronti del ruolo ricoperto dai governi rispetto alla sicurezza informatica. Per esempio, è stato interessante prendere visione del fatto che tanti utenti credono che il proprio governo debba utilizzare il miglior fornitore per le proprie capacità legate alla sicurezza nazionale, indipendentemente dal paese di provenienza. Anche il fatto che i consumatori siano più preoccupati per eventuali ingerenze nelle proprie vite digitali da parte del loro stesso governo, rispetto alla possibilità che lo facciano dei governi stranieri, è una considerazione degna di nota”.

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