Un’architettura di sistema per gestire l’evoluzione digital

La corretta gestione dell’architettura del Sistema Informativo è sempre più un fattore strategico per rispondere ai requisiti di una marcata digital transformation del business. I modelli organizzativi più diffusi mostrano oggi evidenti difficoltà a gestire le nuove necessità progettuali. Il ruolo dell’ufficio architetti e le loro competenze stanno però cambiando per garantire una migliore collaborazione e negoziazione con i team di progetto

Pubblicato il 02 Mar 2017

Elemento chiave dell'attuale attenzione verso la trasformazione digitale è la crescente importanza del ruolo dell'informatica aziendale che, lungi dall'essere considerata una commodity, può trasformarsi in fonte di differenziale competitivo. Questa attenzione ricade sulle spalle della Direzione IT, che deve sostenere aspettative sempre crescenti da parte del top management sulla propria capacità di abilitare rapidamente l'innovazione di business.

L'attuale rincorsa alla trasformazione digitale può però rivelarsi per le Direzioni IT una trappola insidiosa: il pericolo è essere trascinati nel vortice delle richieste del business e agire sempre e solo in modalità reattiva, senza alcuna visione autonoma. Nel medio periodo, così facendo, la Direzione IT non può che essere perdente, perché costruisce un asset, il Sistema Informativo aziendale, in maniera casuale, come un coacervo di iniziative contingenti che mancano di un disegno unitario. Quello che ne deriva è un Sistema informativo composto da numerose isole applicative, con integrazioni punti a punto, innumerevoli tecnologie, strumenti stratificati e infinite duplicazioni funzionali.

Un Sistema Informativo difficile da governare, costoso da manutenere e ancor di più da far evolvere. Il motore si ingolfa e la Direzione IT è costretta a spendere parti sempre maggiori del proprio budget per mantenerlo in moto. Rispondere alle richieste di innovazione del business è così sempre più difficile.

L’importanza dell’enterprise architecture

La soluzione a questo problema risiede nella gestione dell'architettura del Sistema Informativo: è la capacità di definire un disegno strategico in grado di indirizzare in maniera coerente le singole scelte, con l'obiettivo di semplificare, mantenere standard elevati e garantire la governance. L'Enterprise Architecture può considerarsi un vero e proprio "piano urbanistico", che non deve definire i singoli mattoni elementari, cioè le funzionalità e le applicazioni create all'interno dei progetti, ma deve piuttosto mettere a punto regole e standard, ingombri e materiali da usare per ogni esigenza, mantenendo una visione aggiornata e coerente del tutto. Per l'azienda l'architettura diventa quindi la garanzia di mantenere un pensiero di lungo termine sul proprio sistema informativo, garantendo rispetto delle regole, sicurezza, performance adeguate e la possibilità di farlo evolvere in maniera organica.

Due visioni si contrappongono quotidianamente: quella dei singoli progetti, spinta dal business che vuole ottenere risultati immediati e non scendere a compromessi, e quella delle architetture, che vuole garantire coerenza nel medio termine. Questo è un trade-off non facile da risolvere e che occorre indirizzare di volta in volta, ma il cui risultato è chiave per la competitività dell'azienda nel breve e nel medio periodo.

Per questa ragione da alcuni anni si sta cercando quale possa essere la modalità organizzativa più corretta per garantire i migliori risultati.

Il modello di governance centralizzato

Tutte le aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, si sono accorte che non era possibile delegare le scelte architetturali ai singoli progetti, perché in questo modo non c'era nessun contraltare a bilanciare l'approccio contingente del business. Con l'aumentare degli interlocutori, dei progetti e delle aree applicative, è risultato sempre meno possibile mantenere una visione sistemica e si è vista aumentare costantemente l'entropia.

Nella maggior parte dei casi, le aziende hanno reagito virando dalla parte opposta, ovvero creando un ufficio centralizzato dedicato al presidio architetturale. Queste unità organizzative contengono competenze preziose e hanno un compito strategico e difficile: definire standard e regolamenti che devono poi essere applicati all'interno dei progetti e portare avanti iniziative di consolidamento ed evoluzione architetturale che non possono essere spesate e gestite all'interno dei singoli progetti.

Questa soluzione organizzativa, in apparenza razionale, si scontra però con la reale applicabilità, e infatti abbiamo visto molte difficoltà incontrate dalle aziende nel rendere efficace questo meccanismo.

In primis questi uffici hanno tipicamente un dimensionamento molto scarso rispetto al resto della Direzione IT e fanno quindi fatica a entrare nelle problematiche specifiche. Hanno un compito più teorico, producono documentazione, fanno sperimentazioni e ricerche. Spesso hanno un ruolo solo consultivo, possono o devono essere interpellati dai responsabili dei progetti e possono, in alcuni casi, porre dei veti su determinate scelte. Questo approccio porta nella realtà a forti incomprensioni: si scontra una visione astratta e purista con le difficoltà pratiche di chi deve rispondere ad obiettivi di progetto stringenti e che dispone di tempi e budget mai sufficienti.

Da qui nasce la frattura, la visione degli architetti come degli ostacoli da coinvolgere il meno possibile, piuttosto che come alleati. Il risultato è facilmente pronosticabile: un debito tecnico che non si riesce comunque a controllare e recuperare.

Nuovi modelli di governance pervasivi

A fronte di questa situazione le Direzioni IT stanno adottando in misura sempre crescente nuove forme organizzative. L'obiettivo è mantenere una visione strategica dell'architettura gestendone al contempo l'applicazione concreta all'interno dei progetti. Per arrivare a questo risultato la chiave di volta è rendere operativi gli architetti, che sono coordinati centralmente ma che vengono staffati direttamente nei progetti perché possano in prima persona confrontarsi con le esigenze puntuali e concordare il giusto trade-off. Il confronto con le peculiarità e le difficoltà dei progetti li conduce a passare da un approccio rigido ad uno più flessibile ed accomodante, registrando però il debito tecnico e valutando piani di rientro. Se si vuole ragionare in questo modo, occorre aumentare notevolmente il numero di architetti a disposizione, e questo non è assolutamente facile data la scarsità di competenze presenti oggi sul mercato.

Un ulteriore elemento di cambiamento è evitare di creare in maniera astratta linee guida e framework di riferimento. Questi nascono e vengono concepiti all'interno di progetti di business, di modo da potersi subito misurare con le problematiche concrete ed evidenziare l'impatto sui costi e sulle competenze necessarie. Questi progetti devono però avere il sufficiente respiro, in termini di tempo e di budget, per assorbire i rischi derivanti da questo processo di apprendimento. Per gli architetti ogni progetto deve diventare l'occasione per imparare nuove cose e per poter modificare i framework e le scelte tecnologiche adottate: mai come oggi le linee guida non possono rimanere ferme e congelate, a rischio di diventare presto obsolete e fare da freno, ma devono essere costantemente portate allo stato dell'arte.

Secondo l'Osservatorio Enterprise Application Governance del Politecnico di Milano, che ha analizzato le modalità di gestione delle architetture in 104 grandi aziende, il 56% delle Direzioni IT sta adottando questi modelli, segnalando una partecipazione attiva degli architetti nei progetti di sviluppo, accanto alla tradizionale attività di definizione delle linee guida (segnalata nel 70% dei casi).

Per avere successo non basta però un'organizzazione corretta: occorre modificare competenze e attitudini. Occorre avere architetti capaci di lavorare bene in team e di comprendere le esigenze del business. La sfida è gestire con soddisfazione reciproca il processo negoziale, facendo percepire i benefici che l'architettura può portare e condividendo rischi e fatiche di progetto.

L'architettura è strategica, e perciò tutta la Direzione IT deve comprenderne i principi e l'importanza, perché non sia vissuta come un vincolo, ma come un elemento abilitante ad una vera trasformazione digitale.

*Marco Mazzucco è Chief Innovation Officer di WebScience, società specializzata nel supportare le aziende nel loro percorso di Digital Transformation; è inoltre ricercatore senior per gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

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