Dentro i PureSystems di IBM

Approfondiamo con Alessandro De Bartolo, manager System X e PureSytems di IBM Italia, il posizionamento della nuova piattaforma integrata midrange: “Vogliamo combinare la flessibilità di un sistema classico ‘general purpose’, la semplicità di un’appliance e l’elasticità del cloud”.

Pubblicato il 23 Lug 2012

Abbiamo già parlato lo scorso aprile dell’annuncio in Italia dei PureSystems di IBM, una nuova piattaforma di “sistemi esperti integrati” con cui Big Blue intende ripetere nell’era del cloud computing il successo nel mercato midrange ottenuto a suo tempo con gli As/400. Secondo il fornitore, la media azienda italiana è il target primario di PureSystems, piattaforma nata per rispondere alle esigenze di consolidamento dei workload applicativi e semplicità di gestione dell’infrastruttura grazie all’integrazione nativa di server, storage, networking e virtualizzazione, nonché di un software di system management che per molti è la vera ‘chiave di volta’ di PureSystems.

Alessandro De Bartolo, Manager System X e PureSystems del Systems and Technology Group di Ibm Italia

Gli spunti interessanti per il mercato italiano sono quindi molti, e abbiamo cercato di approfondirli con Alessandro De Bartolo, Manager System X e PureSystems del Systems and Technology Group di IBM Italia. “L’idea è combinare la flessibilità dei sistemi classici ‘general purpose’, la semplicità delle appliance e l’elasticità del cloud – ci spiega De Bartolo -. Molti la definiscono un’appliance, ma PureSystems va ben oltre perché ha molti elementi peculiari: l’integration-by-design, il systems management nativo, la possibilità di scegliere le architetture e in generale cosa includere o meno, di aggiungere il middleware e la fruizione in cloud, e PureSystems Centre, un ecosistema di applicazioni ottimizzate e di ‘pattern of expertise’”.

Nativamente integrato, ma aperto

Scendendo in dettaglio, “per PureSystems la connotazione di ‘integration by design’ è diversa da quella di concorrenti che parlano di soluzione integrata solo perché tutti i componenti sono in un armadio – precisa De Bartolo -. Ibm ha progettato ex novo uno chassis in cui stanno tutti i componenti nativamente integrati tra loro, e ciò permette di gestirli tutti con un solo oggetto (Flex Systems Manager): monitoraggio del funzionamento, configurazioni, ottimizzazione delle risorse storage, upgrade sono nativi a livello infrastrutturale”. Quanto alla possibilità di scegliere, “il sistema può comprendere Cpu Power 7 o x86, includere o no storage, networking, virtualizzatori – PowerVM, ma anche VMware, Hyper-V o altri -, ed essere utilizzato in casa o come insieme di servizi attraverso Ibm SmartCloud Entry”.

PureSystems è disponibile come insieme di componenti liberamente assemblabili (anche se ottimizzati per lavorare insieme), o in due pacchetti: PureFlex System e PureApplication System. “PureFlex è infrastruttura hardware più management più virtualizzazione: è disponibile in tre edizioni – Express, Standard ed Enterprise – che offrono diversi dimensionamenti dei componenti, e le ultime due possono anche comprendere SmartCloud Entry, per erogare il tutto in modalità cloud, implementando un infrastructure-as-a-service”. PureApplication Systems invece “è PureFlex con l’aggiunta di middleware Ibm, cioè di uno strato software per la gestione di database transazionali, web application, data mart, e così via”. La prima soluzione PureApplication, già disponibile, è una macchina ottimizzata per applicazioni web e transazioni Db2, “poi nella seconda metà dell’anno ci saranno altri annunci: il piano è proporre PureApplications come un platform-as-a-service”.

Best practice in codice

Infine un altro elemento innovativo citato da De Bartolo è il PureSystems Centre, un catalogo web dove trovare tutte le soluzioni e i ‘pattern’ per la nuova piattaforma messi a punto da IBM e dai partner. “Già all’annuncio di PureSystems, oltre cento Isv avevano qualificato una o più applicazioni e il numero continua ad aumentare”. Quanto ai pattern, possiamo definirli delle best practice di implementazione: “Un pattern è una descrizione – tecnicamente un ‘oggetto di codice’ – che dice al sistema che una certa applicazione è, per esempio, composta da un web server, un http server, un app server, un database, a loro volta installati nelle macchine virtuali x, y, z e w, ciascuna con le tali regole e le tali interdipendenze tra loro, e così via, per cui se un’azienda fa un’implementazione PureSystem presso la sua sede di Milano con questo pattern, potrà replicarla facilmente in altre sedi, che siano a Roma, Bangalore o New York”.

I pattern sono proposti ovviamente da Ibm e dai suoi partner (“PureSystems Center elenca per ogni Isv le applicazioni PureSystems su cui lavora e i pattern che ha definito”), ma il cliente può anche costruirseli da sè, “e in questo caso può anche comprendere middleware non Ibm”. Su PureSystems Centre sono già disponibili pattern basati su WebSphere e Db2 per applicazioni web, database transazionali, data mart, portali, business process management, web content, “e altri ne arriveranno, per esempio di business intelligence e decision management, e basati su altri prodotti middleware Ibm come InfoSphere, WebSphere Commerce o Cast Iron”.

Media azienda, gli scenari ideali

Ibm insiste molto sul concetto che PureSystems può affiancare sistemi già esistenti o sostituirli e che non rimpiazza nessun prodotto Ibm esistente. Il fornitore indica come target primario la media azienda italiana, definendo come scenari ideali le organizzazioni con un numero tra 30 e 50 di server virtualizzati basati su architetture diverse, quindi con la forte esigenza di gestione automatizzata; o con un As/400 o Power System come sistema principale, attorniato da vari server x86 con compiti specifici (isole applicative); o che vogliono far partire nuovi progetti senza appesantire l’infrastruttura esistente, magari sfruttando il cloud computing.

“PureSystems può dare un livello più alto d’integrazione a chi ha basato la virtualizzazione su sistemi blade, e anche la ‘consolidation without migration’, cioè può recepire workload dai sistemi esistenti senza dover migrare applicazioni”. La scalabilità è assicurata dalle tre edizioni di PureFlex già citate: “Se il quadro di partenza vede otto sistemi, di cui due Unix e sei Windows, posso usare PureFlex Standard, che prevede un numero di nodi elaborativi e caratteristiche infrastrutturali idonee in termini di connettività, switch, I/O, con anche una certa flessibilità, in modo da poter gestire, per esempio, 10 nodi invece di 8 o modificare o aggiungere componenti; se invece in partenza ho un As/400 e 18 sistemi Intel, allora è indicata l’edizione Enterprise, mentre non posso usare PureSystems come sostituto di un sistema z Enterprise, perché non può gestire carichi di lavoro di tipo mainframe”.

Partner: certificazione per il flex System Manager

Per promuovere PureSystems, Ibm conta ovviamente sulla rete di partner: nel ‘roll-out’ italiano di PureSystems sono stati coinvolti per primi i distributori Computer Gross, Esprinet e Tech Data e una ventina di partner: “Abbiamo completato l’attività di ‘enablement’, con sessioni di preannuncio e un tour di formazione in giro per l’Italia”. Ora è in corso un periodo di 6 mesi in cui i partner possono ottenere le certificazioni, che riguardano solo Flex System Manager: “Il nuovo componente di gestione integrata è uno dei differenziatori cruciali di PureSystems, vogliamo essere sicuri che i partner lo conoscano bene: la certificazione sarà sempre necessaria, a meno che il partner scelga di assemblare componenti PureSystems senza inserire il System Manager”.

Infine l’accoglienza sul mercato: “PureSystems è stata recepita come una novità importante rispetto al trend dell’integrazione infrastrutturale: c’è grande interesse di utenti e partner, molte richieste di proof of concept di clienti di ogni dimensione”. In particolare, conclude De Bartolo, “è ben presente l’opportunità offerta da PureSystems di accelerare la transizione al cloud: almeno tre quarti delle aziende con cui ho parlato pensano a PureFlex o PureApplications come ‘building block’ ideale per un’infrastruttura cloud”.


Il primo PureFlex europeo a Empoli

Il primo sistema IBM PureFlex adottato in Europa sarà installato dal distributore Computer Gross nel proprio data center di Empoli. Verrà utilizzato per fornire servizi Infrastructure-as-a-Service ai ‘Cloud Partner’ del distributore, nell’ambito del suo programma ‘arcIPelago.net’. Computer Gross creerà anche un centro di competenza dedicato a PureFlex e offrirà consulenza specialistica in ambito cloud. “Questo importante investimento ci proietta come punto di riferimento per Ibm PureFlex, per i business partner che intendono erogare in cloud le loro applicazioni sul mercato italiano”, spiega in un comunicato Paolo Castellacci, presidente di Computer Gross Italia. “La scelta di capitalizzare sulle caratteristiche uniche di questo sistema consentirà a Computer Gross di lavorare con gli Isv locali per qualificare le loro applicazioni per PureFlex”, aggiunge Enrico Cereda, Vice President Systems & Technology Group di IBM Italia.


I benefici secondo Ibm

L’obiettivo primario dichiarato da IBM per PureSystems è generare vantaggi misurabili di time-to-value, che è il periodo tra l’acquisto di una nuova infrastruttura e il momento in cui essa inizia a generare valore. Ecco alcuni dei benefici descritti dal produttore per la nuova piattaforma:

  • risparmi di mesi nei tempi di definizione, scelta e acquisto dei componenti;
  • operatività del sistema, nei casi più favorevoli, anche in quattro ore;
  • tempi di provisioning self-service di risorse per ambienti di sviluppo, test o produzione di applicazioni ridotti da alcuni giorni ad alcuni minuti;
  • deploying di nuove applicazioni o servizi 20-30 volte più veloce che in ambienti tradizionali. In particolare le applicazioni su PureSystems Centre sono attivabili in pochi minuti;
  • tempi di provisioning dello storage riducibili anche del 98%;
  • costi di energia riducibili anche del 43%;
  • tempi di upgrade dimezzabili.

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