Aruba Networks: reti e sicurezza dinamiche per il mobile business

È necessario cambiare mentalità, abbracciare lo smart working e affrontare le sfide lanciate dall’enterprise mobility: questo il pensiero di Aruba Networks, che fornisce infrastrutture wireless adatte a supportare la rivoluzione in chiave mobile oggi in atto e che propone un sistema di security dinamico, studiato per proteggere un network sempre più flessibile e autoconfigurante.

Pubblicato il 01 Set 2015

MILANO – ZeroUno ha di recente partecipato all’Aruba Mobility Summit, evento durante il quale l’azienda specializzata in Mobility-Defined Networks ha raccontato a clienti e stampa la propria vision, toccando temi quali smartworking, mobiltà e sicurezza. “Oggi come oggi, un’impresa per essere produttiva deve supportare la mobilità sia all’interno degli uffici che all’esterno e rendere spazi e tempi di lavoro il più flessibili possibile”, dice Wolfram Fischer, Vice President Emea di Aruba Networks, che ZeroUno ha intervistato in occasione dell’evento. Secondo i dati presentati da Aruba durante l’evento, il costo di una postazione fissa completa all’interno di un ufficio è mediamente di 14mila dollari all’anno, ma le scrivanie restano poi vuote per il 60% del tempo; la maggioranza delle sale riunioni sono pensate per contenere 7 persone,  ma il 73% delle stesse vengono usate di fatto da non più di 4 soggetti alla volta.  È dunque necessario cambiare mentalità e affrontare le sfide lanciate dall’enteprise mobility; Aruba si propone come partner di questa trasformazione: “Forniamo infrastrutture wireless con alti livelli di sicurezza e servizi pensati per riuscire, sfruttando le potenzialità del nostro network, a creare applicazioni business ad alto valore”.

Wolfram Fischer, Vice President Emea di Aruba Networks

Rispetto a quest’ultimo aspetto, Fischer sottolinea le grandi potenzialità in termini di produttività che possono avere le app pensate per favorire la comunicazione e la collaborazione interna con il proprio team di lavoro e il forte ritorno economico che può invece derivare dallo sviluppo di applicazioni rivolte esternamente all’azienda, per i clienti finali: l’esempio arriva da una recente soluzione specificatamente ideata da Aruba Networks per gli stadi; l’applicazione permette ai tifosi, grazie a un accurato sistema di geolocalizzazione che segnala da dove esattamente proviene la richiesta, di ordinare snack e beveraggio tramite una app e aspettare seduti dal proprio posto di essere serviti. Questa soluzione e altri servizi rivolti ai tifosi sono stati attivati con successo al Levi’s Stadium di San Francisco; il loro corretto funzionamento dimostra l’efficienza del network che li veicola: software defined, estremamente flessibile e capace di configurarsi in base alle esigenze del momento, la rete si dimostra in grado di gestire l’accesso simultaneo di un altissimo numero di utenti.

Massimo Delpero, Country Manager Italy di Aruba Networks

Per approfondire il tema della sicurezza e avere uno scorcio su come si stanno muovendo le aziende italiane nello sviluppo di reti abilitanti il mobile business, abbiamo intervistato Massimo Delpero, Country Manager Italy di Aruba Networks. “Sul piano della sicurezza l’approccio è stato ribaltato: prima solo i dipendenti potevano accedere alla rete di impresa, generalmente da un unico dispositivo, tipicamente un Pc, che aveva all’interno installati solo software previsti e autorizzati; oggi invece ci si trova a dover accreditare anche persone esterne, che hanno strumenti personali con a bordo applicazioni di ogni tipo”, dice il top manager; se la rete è diventata dinamica per garantire elevate performance e adattarsi all’impredicibilità del carico di lavoro, se si è resa flessibile, configurandosi automaticamente in base alle richieste e alle necessità degli utenti, la sicurezza deve cambiare di conseguenza: “Da statica deve diventare dinamica, deve essere disegnata per rispondere a una serie di contesti variabili”. Più concretamente, per Aruba questo si traduce in un firewall di livello 7 in grado di derivare, nel momento in cui il dispositivo tenta l’accesso alla rete, una serie di informazioni sul device (tipologia, sistema operativo, screening del dispositivo e del suo contenuto) e sull’utente (in particolare per conoscerne il livello di autorizzazione), quindi  garantire l’accesso o meno sulla base di parametri precedentemente impostati (Delpero insiste da questo punto di vista sull’importanza di implementare delle policy a livello centrale che definiscano un insieme il più alto possibile di circostanze e di relative azioni di risposta, operazione utile anche nell’ottica di garantire i giusti livelli di user experience, consentendo agli utenti abituali un accesso veloce). Il sistema è poi in grado di interrogare real time vari strumenti che servono normalmente per garantire la sicurezza statica come le soluzioni Mdm (Mobile Device Management), che possono offrire ulteriori informazioni segnalando, per esempio, se un dato device è stato rubato.

Per quanto riguarda il rapporto tra il mobile business e il panorama italiano, siamo vicini a una fase di svolta: “L’Italia è un paese interessante – dice Delpero – perché c’è una elevata diffusione di smartphone, e dunque tante potenzialità, ma le aziende, se parliamo di reti mobili di impresa con le caratteristiche di performance e sicurezza descritte, sono ancora timide. Si tende a considerare la rete wi-fi come un network di cortesia, a supporto di quello cablato tradizionale. Credo però che nei prossimi 3 o 4 anni assisteremo a una svolta significativa”.


I dati del Politecnico di Milano: le aziende smart destinate a raddoppiare

Durante il summit Aruba Networks sono stati presentati i dati della Ricerca sviluppata dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che sottolineano come, seppur con ritardo rispetto ad altri paesi, le aziende stiano favorendo logiche di lavoro intelligente, basate in primis sulla mobilità: ad oggi, considerando soprattutto imprese medio grandi, solo una su dieci si può definire “smart”, ma il numero raddoppierà nei prossimi 12 mesi; e non si tratta solo di realtà del mondo Ict, per vocazione più predisposte, ma anche di settori più “classici” come quello alimentare o bancario.

Fiorella Crespi, Responsabile della Ricerca Osservatorio Smart Working, School of Management del Politecnico di Milano

Guardando invece ai lavoratori, quelli ancora completamente tradizionali risultano essere di fatto solo il 43%; dei restanti, il 26% lavora in mobilità per almeno metà del suo tempo lavorativo, il 24%  è libero di personalizzare l’orario di lavoro sulla base delle esigenze e il 31% utilizza per lavorare i propri device personali o aziendali scelti personalmente;  solo il 5% rientra in tutti e tre i sottogruppi e può dunque effettivamente definirsi smart worker, ma anche in questo caso la percentuale è destinata ad aumentare. Come ha sottolineato Fiorella Crespi, Responsabile della Ricerca, ha un ruolo determinante il salto di mentalità che deve accompagnare il percorso: accanto all’adeguamento tecnologico deve crescere la predisposizione a saper comunicare e collaborare anche a distanza (le soluzioni Ucc sono considerate abilitanti per il 70% degli It manager intervistati, ma vanno accompagnate a uno spirito cooperativo senza cui risultano inutili), a responsabilizzare le persone rispetto al proprio lavoro, a favorire i concetti di delega decisionale e valutazione per obiettivi .

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