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Passare da Tier 3 a HCI: i data center in area EMEA verso un “Net Zero Computing”

Passare dall’infrastruttura tradizionale a quella iperconvergente renderebbe i data center EMEA un esempio a livello di ESG nel digitale. È ciò che emerge dal nuovo report Nutanix “Improving Sustainability in Data Centers”. Esaminando l’impatto reale dei diversi modelli sull’efficienza energetica e sull’impronta di carbonio, questa sembrerebbe essere la strada da imboccare, coraggiosamente, per ridurlo in modo radicale. Aiuterebbe a tenere sotto controllo anche la voce “energia”, nei budget. Sta ai CIO valutare se, come e quando, alla luce della nuova sensibilità green del mercato e dell’obbligo di redigere report ESG sempre più dettagliati in arrivo

Pubblicato il 03 Gen 2023

data center green

Nel giro di un decennio il fabbisogno energetico mondiale dei data center è raddoppiato. Nel 2020, superando la soglia dei 375 miliardi di KWh, è arrivato a rappresentare circa l’1,5% del fabbisogno energetico globale totale. Sarebbe comodo lasciare questa responsabilità sulle spalle grosse delle big statunitensi, puntando il dito verso l’orizzonte atlantico e continuando come nulla fosse. E invece i numeri non ce lo permettono, indicando l’area EMEA come indiscutibile co-responsabile. 

La crescita del consumo di energia dei data center in questo territorio è infatti evidente: si conferma il raddoppio emerso globalmente con un 2021 in cui si è sfiorata la quota 100 miliardi di KWh (circa 92,7 miliardi di KWh), emettendo circa 27 milioni di tonnellate di CO2 emessa, le stesse prodotte da circa 5,9 milioni di veicoli. 

Con oltre il 24% delle attività informatiche mondiali, la regione EMEA è un mercato importante per quanto riguarda le operazioni dei data center: questi dati di Atlantic Ventures non possono quindi risultare inaspettati, per lo meno per gli addetti ai lavori. Magari non particolarmente graditi, perché forzano tutte le realtà interessate, e in particolare i loro CIO e CTO, a fare spazio alla voce “data center più sostenibili” proprio al centro dell’agenda. Un “to do” non banale ma doveroso, tenendo conto della crisi climatica e del costo dell’energia, oltre che della crescita dei servizi digitali, stimata del 10-20% ogni anno, fino al 2030. 

Architettura più innovative, Data Center più green

I nuovi riferimenti del CIO per i data center saranno PUE, consumo di energia ed emissioni di CO2, dati da affiancare a quelli di business, anch’essi però da ricontestualizzare. L’effetto ESG impatta anche sulle strategie economiche, infatti, e ci sono alcuni nuovi trend di cui tenere conto.

  • Ai clienti interessa l’obiettivo Net Zero, vogliono vedere azioni concrete e misurabili 
  • Le aziende devono implementare piani green, per soddisfare richieste normative e di brand awareness e l’IT è chiamato a contribuirvi
  • Sia investitori che incentivi di mercato saranno sempre influenzati dalle strategie ESG aziendali
  • Energia, tasse sui fossil fuel e costi dei certificati CO2 avranno un impatto crescente sul budget  
  • La “Corporate Sustainability Reporting Directive” (CSRD) dal 2024 obbligherà le aziende con più di 250 dipendenti a produrre un report completo sull’impatto ambientale. Data center compresi
  • La strategia della Commissione Europea “Shaping Europe’s Digital Future” chiede al settore ICT di essere carbon neutral entro il 2030

Oltre ai dati finora forniti, utili per una presa di coscienza, ciò che serve ai CIO EMEA sono soluzioni, o per lo meno prospettive a cui guardare. Il report realizzato da Atlantic Ventures, commissionato da Nutanix, risponde a questa esigenza fornendo consigli e un dettagliato confronto tra diverse tecnologie per i data center “verso il Net Zero”.

A breve termine, ciò che si può fare è “aggiustare” il PUE (quello medio per data center tradizionali EMEA è 1,6) e scambiarsi best practice riunite in ecosistemi. Sforzo minimo, risultati anche. A lungo termine esistono azioni molto più efficaci, ma richiedono investimenti non banali: intervenire sugli impianti di raffreddamento e riscaldamento, riutilizzare l’hardware e migliorare il lifecycle management. La priorità andrebbe quindi data alle azioni a medio termine che, con modesti investimenti in risorse e tempo, possono dare risultati soddisfacenti. Si parla, per esempio, di automazione dei processi di gestione e di virtualizzazione e del passaggio all’infrastruttura-as-a-code. D’obbligo, secondo il “Climate Neutral Data Center Pact”, anche un aumento dell’uso delle rinnovabili che, nel 2025, devono rispondere al 75% del fabbisogno energetico e, nel 2030, al 100%.

L’intervento a medio termine più strategico si rivela però essere l’introduzione di architetture di nuova generazione. È il solo che il report definisce “a medio investimento, massima resa”, sia per il consumo energetico sia per l’impronta di carbonio. Ciò vale soprattutto se si passa da architetture tradizionali (Tier 3) a infrastrutture iperconvergenti (HCI). Le prime, infatti, pur se altamente affidabili, richiedono molta energia e grandi volumi di hardware, risultando quindi poco sostenibili a livello ambientale. Certamente meno delle HCI. Combinando server e storage in un’unica unità e virtualizzandoli, queste infrastrutture permettono di risparmiare in hardware – e quindi in spazio – ma anche in energia, emissioni di carbonio e costi.

In una EMEA 100% data center HCI energia ed emissioni ridotte del 26%

La transizione prospettata nel report porterebbe a un miglioramento potenziale in efficienza del 26,74% in termini di consumo energetico e di emissioni equivalenti di anidride carbonica. Considerando che i data center con infrastruttura tradizionale (principalmente Tier 3) attualmente consumano circa 53,6 TWh (58%) dei 92,7 TWh complessivi di elettricità nella regione EMEA, questa percentuale promette un notevole impatto positivo.

Si può quindi guardare con pragmatico e proattivo ottimismo verso l’orizzonte, anzi, verso i 3 orizzonti immaginati nel report Nutanix. Quello “stabile”, poco probabile, è basato su una crescita nulla dei carichi di lavoro digitali. Quello di “forte crescita”, poco augurabile, che prevede un’impennata, associata a un forte aumento anche del costo dell’energia. Quello a “crescita moderata”, il più realistico, che contempla dei rialzi medi. In questo caso la conversione completa da Tier 3 a HCI porterebbe a una riduzione della domanda aggregata di energia fino a un livello di 56,7 TWh entro il 2025 e a un conseguente risparmio di 8,23 miliardi di euro e di 14,17 t di CO2e.

Previsioni, mercato, norme ESG: tutto fa pressing sui CIO

Optando per un assetto “total HCI”, l’EMEA potrebbe dare un ottimo esempio nel settore data center, sempre più oggetto di attenzioni quando si parla di consumo energetico ed emissioni. Questa scelta ricadrebbe sui CIO, chiamati a rivalutare le loro attuali strategie. Gli ambiziosi obiettivi aziendali e le normative europee per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica esercitano su questa figura un’ulteriore pressione.

Si stanno quindi formando community ed ecosistemi di player, per stabilire obiettivi e tabelle di marcia comuni e realizzare questa trasformazione. Da tener presente, secondo il report Nutanix, anche l’opzione dei data center di colocation di nuova generazione, per accedere alle rinnovabili attraverso convenienti contratti di acquisto di energia a lungo termine (PPA) ed evitare di investimenti in certificati di CO2, per compensare le emissioni. 

I CIO che optano per il passaggio a un’architettura HCI potrebbero adottare anche tecnologie di raffreddamento di nuova generazione, per completare la propria conversione green. Sarebbe un intervento impattante a livello operativo, tecnologico ed economico, ma decisivo a livello ambientale. Farebbe felici anche i top manager, visto che i prezzi dell’energia non faranno che salire.

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