Business always-on: la strada è ancora lunga

Il Veeam Data Center Availability Report 2014 ha rilevato che gli attuali sistemi informativi delle aziende non garantiscono una disponibilità di servizio adeguata nell’82% dei casi. ll downtime non pianificato delle applicazioni costa a un’organizzazione tra 1,4 milioni e 2,3 milioni di dollari l’anno

Pubblicato il 16 Mar 2015

Nel mercato globale che corre a ritmi sempre più serrati, il business non può fermarsi: per soddisfare le esigenze di consumatori geograficamente distribuiti, lavorando con collaboratori a diversi fusi orari, il servizio non deve essere soggetto a interruzioni. Ma le aziende di oggi riescono davvero a seguire l’imperativo dell’always-on?

Albert Zammar, Country Manager Italia di Veeam Software

A offrire un quadro della situazione è Veeam Software, fornitore specializzato in soluzioni di high-availability, che ha presentato recentemente i risultati di un’indagine worldwide relativa alla continuità di servizio dei Ced. Condotto da Vanson Bourne, il Data Center Availability Report 2014, giunto alla quarta edizione, si basa su un sondaggio condotto online fra 760 Cio di aziende con oltre 1.000 dipendenti in Usa, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Svizzera, Brasile, Australia e Singapore.

Secondo Albert Zammar, dallo scorso novembre alla testa di Veeam Italia, i risultati emersi dallo studio confermano che l’offerta della multinazionale sta “andando nella direzione giusta”, focalizzandosi su soluzioni di backup, ripristino e gestione dei data center per l’Always-On Business (il termine con cui la software house indica un servizio operativo 24/7/365). L’82% del campione dichiara infatti l’impossibilità di garantire l’accesso immediato e continuativo ai servizi informativi aziendali e l’availability gap (la differenza tra la disponibilità auspicata e quella effettiva) fa nascere la domanda di soluzioni per la continuità dei data center e la corretta gestione dei dati, che è proprio il business focus di Veeam.

Un’esigenza sicuramente sentita anche dalle nostre aziende, per cui l’impegno dichiarato di Zammar sarà espandere l’organizzazione e la presenza commerciale del vendor in tutto il Paese (nel terzo trimestre 2014 la country italiana contava più di 1.600 partner e circa 6.400 clienti, in aumento del 43% anno su anno). Al centro dei piani di sviluppo, il nuovo responsabile nazionale mette i partner di cui Veeam ha “bisogno per crescere e presidiare il mercato” e a cui vengono dedicate risorse specifiche.

“Quattro aziende su cinque – interviene Luca Dell’Oca, Emea Evangelist della softwarehouse – ritengono i propri sistemi inadeguati a supportare il business always-on, perché i data center non hanno i livelli di resilienza necessari a sostenere la continuità di servizio. Un gap particolarmente sentito dalle imprese italiane, che però dimostrano una propensione a innovare le infrastrutture in linea con le medie internazionali [il 78% dei Cio intende cambiare il prodotto per la protezione dei dati nei prossimi due anni, ndr]”.

Il downtime non pianificato ha ricadute finanziarie immediate: secondo il report, gli errori nelle applicazioni costano alle imprese più di due milioni di dollari l’anno in reddito, produttività, opportunità e in dati persi a causa di mancato ripristino.

“Tra i dati più allarmanti – sottolinea Dell’Oca -, un ripristino dal backup su sei fallisce, il che vuol dire che con 13 incidenti di downtime delle applicazioni all’anno (in Italia i fermi inaspettati raggiungono addirittura la media di 17), i dati verranno persi permanentemente almeno due volte [con un danno economico che secondo il report ammonterebbe a 682mila dollari all’anno, ndr]”.

Il downtime non pianificato delle applicazioni costa a un’organizzazione tra 1,4 milioni e 2,3 milioni di dollari l’anno. “Una spesa che per le aziende italiane raggiunge i quattro milioni di dollari” precisa l’evangelist.

A chiudere il quadro preoccupante, le stime sul recovery time objective (Rto) e il recovery point objective (Rpo): i due indicatori vengono disattesi mediamente di oltre un’ora e 1,5 ore rispetto alle richieste delle aziende per il ripristino dei dati mission-critical.

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