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Trasformazione digitale: ecco come funziona la virtualizzazione OpenShift

Modernizzare le applicazioni tradizionali per sfruttare i progressi del cloud, come i container Linux, i microservizi e Kubernetes, questo l’impegno di Red Hat

Pubblicato il 27 Mag 2020

virtualizzazione Red Hat OpenShift 1

Oltre il 55% delle imprese coinvolte nella Red Hat Enterprise Open Source Survey prevede di aumentare l’utilizzo di applicazioni containerizzate nel 2020. Nello stesso studio emerge inoltre che mentre le applicazioni cloud native rappresentano il futuro dell’innovazione aziendale, molte applicazioni
di produzione critiche sono ancora basate su macchine virtuali tradizionali (VM).

In tale scenario, l’obiettivo di Red Hat è unificare questi ambiti attraverso la virtualizzazione OpenShift, una nuova funzionalità di Red Hat OpenShift derivante dal progetto comunitario KubeVirt.

La virtualizzazione OpenShift permette alle organizzazioni IT di portare workload VM su Kubernetes, eliminando i flussi di lavoro e i silos di sviluppo che tipicamente esistono tra gli stack di applicazioni tradizionali e quelli nativi del cloud e facilitando la migrazione e la modernizzazione delle applicazioni e dei servizi esistenti sulla piattaforma Kubernetes enterprise più completa del settore.

Il ruolo della virtualizzazione OpenShift nella modernizzazione di impresa

Modernizzare le applicazioni tradizionali per sfruttare i progressi del cloud, come i container Linux, i microservizi e Kubernetes, rappresenta una componente chiave della trasformazione digitale. Ma questi sforzi possono richiedere tempo, soprattutto se gli sviluppatori e i team operativi operano in due silos tecnologici distinti.

La virtualizzazione OpenShift consente alle organizzazioni di implementare in modo più efficace le pratiche DevOps, contribuendo ad aumentare la produttività e a ridurre i costi, pur continuando a innovare le applicazioni.

La virtualizzazione OpenShift apporta una serie di miglioramenti agli sviluppatori, tra cui: un’esperienza di sviluppo coerente attraverso VM, container e funzioni serverless man mano che le applicazioni business- critical crescono fino a comprendere un mix di queste tecnologie. Tutti i componenti dello stack aziendale, sia tradizionali che non, possono essere gestiti direttamente attraverso Red Hat OpenShift.

Inoltre, le VM possono essere migrate in OpenShift senza la necessità di containerizzare completamente, permettendo loro di alimentare applicazioni miste e di essere eventualmente containerizzate nel tempo.

La virtualizzazione OpenShift garantisce pieno supporto per le VM Windows che eseguono versioni precedenti di Windows (fino al 2008) con la possibilità di rifattorizzarle per utilizzare i container Windows e Windows Server 2019 o essere mantenute solo come VM.

Anche i team operativi IT possono vedere i vantaggi della virtualizzazione OpenShift, tra cui: gestione moderna, coerente e semplificata, unendo i team su un’unica piattaforma completamente aperta e pronta per la produzione, in grado di coprire l’intero patrimonio applicativo di un’organizzazione; supporto per le applicazioni stateful che richiedono storage e risorse on- premise tradizionali, facilitando la riallocazione di fondi e risorse per ulteriori innovazioni; una rampa di accesso a competenze e modelli operativi IT di prossima generazione con un’unica piattaforma unificata che integra competenze Kubernetes, serverless e mesh di servizio.

Red Hat OpenShift e tutte le funzionalità della piattaforma, inclusa la virtualizzazione OpenShift, sono basate interamente su progetti open source, tra cui Kubernetes, KubeVirt, Istio, Metal3 e altri. Red Hat continua a collaborare con le comunità cloud native dell’ecosistema Kubernetes, come secondo principale contributore al progetto Kubernetes stesso (dietro al solo fondatore del progetto Google) e come driver per caratteristiche chiave come il controllo degli accessi basato sui ruoli (RBAC), Custom Resource Definitions (CRD), Operatori, StatefulSet eccetera.

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