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Red Hat, una crescita… “strutturale”

Oltre alla completezza dell’offerta per le infrastrutture, il vendor open source si segnala per gli investimenti nelle tecnologie per sviluppo, automazione e orchestrazione. Con un occhio di riguardo ai container

Pubblicato il 17 Apr 2018

RedHat-Opensource

Red Hat chiude il sessantaquattresimo trimestre fiscale di fila con un incremento di fatturato: 772 milioni di dollari, in crescita del 23% rispetto all’anno precedente. Ottimo anche l’intero anno fiscale 2018 (che si è chiuso il 28 febbraio scorso), archiviato con revenue di 2,9 miliardi di dollari (+21%).

“Nessuna grande società IT vanta un pedigree come il nostro – commenta Gianni Anguilletti, Regional Director Italy, Turkey, Israel and Greece di Red Hat – e si può essere fortunati una volta: se lo si è per sessantaquattro trimestri consecutivi, una ragione ci sarà pure”. Peraltro, anche le prospettive per il 2018 sono molto positive: “Il quarto trimestre particolarmente solido – ha fatto notare Eric Shander, Executive Vice President e Chief Financial Officer di Red Hat, nel commentare i risultati finanziari – ha permesso all’azienda di chiudere l’anno con un aumento del 24% del backlog [accordi non cancellabili e fatturato differito (cioè derivante da sottoscrizioni ricevute nel 2017 ma che verranno incassate nel 2018), che per l’anno fiscale 2018 hanno raggiunto i 3,4 milioni di dollari, ndr].

I 3 pilastri di Red Hat: completezza funzionale, apertura e flessibilità

Quali i fattori dietro la crescita della società? Anguilletti li riconduce a tre pilastri: “Il primo è la completezza funzionale”. Fra gli ambiti più importanti, ricordiamo, c’è quello originario del sistema operativo Linux in una distribuzione adatta ad ambienti mission-critical (Red Hat Enterprise Linux), seguiti da quelli del middleware (Red Hat JBoss), della virtualizzazione (Red Hat Virtualization), del private cloud (Red Hat OpenStack Platform), dell’hybrid cloud (Red Hat CloudForms), del software-defined storage (Red Hat Ceph Storage) e dello sviluppo applicativo basato sulla metodologia dei container (Red Hat OpenShift, una tecnologia per creare Platform-as-a-Service, PaaS).

Il secondo fattore è quello dell’apertura: “Anche se i nostri clienti possono trovare nella nostra offerta tutto quello che serve loro – sostiene Anguilletti – noi vogliamo che si sentano liberi di integrare con le nostre tecnologie quelle di altri vendor o già preesistenti in azienda”. Terzo pillar è la flessibilità: “La nostra visione dell’IT è ben riassunta nel motto Any Applications, Any Time, Anywhere”. Si spiega anche con questa filosofia la focalizzazione Red Hat verso lo sviluppo applicativo container-based, l’automazione e l’orchestrazione delle operazioni IT. Decisive per mettere Red Hat in condizioni ideali per supportare i propri clienti anche nella transizione verso questi modelli le recenti acquisizioni di Ansible (automazione) e CoreOS, leader di mercato nelle soluzioni Kubernetes (piattaforma open source che automatizza le operazioni dei container Linux), dove è il principale contributore, e container-native, che complementano quelle già presenti rispettivamente nelle piattaforme Red Hat OpenShift e Red Hat CloudForms.

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