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L’inesorabile avanzata di RISC-V nel regno delle Big Tech

Sentire che Google ha incluso RISC-V nella sua “lista di CPU per Android” fa pensare a un futuro più “open”. Oggi il settore è dominato da pochi giganti che presto potrebbero però lasciare un po’ di spazio anche ad altri player minori. Per alcuni è una speranza, per altri una scommessa o un trend da monitorare, per gli utenti finali potrebbe essere un vantaggio

Pubblicato il 22 Nov 2023

Immagine di Pixels Hunter su Shutterstock

In una lista non tutte le voci hanno la stessa importanza. In quella dei tipi di dispositivi e architetture di CPU che Android supporta, l’entrata di RISC-V non passa infatti inosservata. A farla notare è Google stessa, con tanto di blog post dedicato al presente e al futuro di questa new entry “speciale”.

Al netto del peso che le mosse di ogni big tech hanno sulle dinamiche globali dell’innovazione e del mercato, questa assume un’importanza fondamentale e che va al di là del “brand” Google.

Si tratta di una apertura del mondo dei leader verso una architettura di set di istruzioni (ISA) libera e aperta. Negli ultimi tempi nell’ecosistema dell’hardware si sta respirando sempre più spesso lo spirito di collaborazione e innovazione tipico degli ambienti open source. Questo fa sperare alcuni di poter presto respirare un clima nuovo.

Le roadmap di Google e di RISC-V

Partito 10 anni fa dalla California, RISC-V ha “fatto carriera” negli ambienti embedded e dei microcontrollori per poi esordire tra acceleratori, server e mobile computing solo negli anni 2020. Oggi è un protagonista emergente, grazie anche al cambio di atteggiamento delle big tech che, da nemico, hanno iniziato a inserirlo come elemento “esotico” nelle proprie strategie tecnologiche e di business.

Google lo ha fatto nel novembre 2022, iniziando ad accettare le patch di Android per RISC-V. Un primo passo per poi iniziare a maturare un ecosistema di supporto per RISC-V e definire un set base che inizi almeno a garantire che qualsiasi CPU con RISC-V sia in grado di supportare prestazioni elevate.

Oggi, è possibile costruire, testare ed eseguire il supporto Android per RISC-V anche sulla propria macchina. Le patch supportano la creazione e l’esecuzione di un progetto Android Open Source di base, anche se non ottimizzate. In contemporanea, nella stessa direzione, Google cita nel suo blog anche i lavori in corso per ottimizzare completamente il backend per Android Runtime (ART), finalizzare l’NDK ABI e rendere disponibile un RISC-V su x86-64 e ARM64 adatto a test di applicazioni Android riscv64 su una macchina host.

Tutte tappe “tecniche” per arrivare a emulatori accessibili pubblicamente entro il 2024 “con un set completo di funzioni che permettano di testare le applicazioni per vari fattori di forma dei dispositivi”. Si partirà dal settore wearable.

Verso un futuro più open

Guardando alla roadmap di Google più da lontano e badando meno ai singoli step e di più alla traiettoria che compongono, si possono intravvedere le nuove dinamiche che stanno plasmando il presente e il futuro dell’innovazione. Nel concreto, ciò a cui stiamo assistendo è la diffusione di uno standard con caratteristiche peculiari, inedite e disruptive. RISC-V prevede infatti che i progettisti di chip possano usare le architetture evitando di condividere il proprio lavoro, offrendo quindi la possibilità di creare silicio personalizzato senza l’obbligo di pagare royalties come invece avviene quando si personalizzano i core Arm in prodotti finiti.

Questa novità sblocca numerose opzioni e crea le condizioni per un forte cambio di paradigma in un settore chiave. Da sempre è considerato una terra dominata da giganti come Intel e Arm in modo incontrastabile, dai prossimi anni, se RISC-V continua a farsi strada, potrebbe smettere di esserlo. La mossa di Google dà speranza a chi sta aspettando al varco che arrivi questo momento sempre più vicino e, forse, sempre più necessario.

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