Suse, il mission critical nel Dna

Incontro con il country manager del vendor di una distribuzione del sistema operativo open source apprezzata soprattutto da aziende che mirano allo zero downtime, come l’European Space Operations Centre. Una strategia che si basa soprattutto su partnership con chi fornisce parti complementari di stack aperti e flessibili per la virtualizzazione e il cloud.

Pubblicato il 16 Gen 2015

Dalle aule dell’Università di Norimberga alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss): ne ha fatta di strada il sistema operativo Suse Linux, adottato – nella distribuzione commerciale Suse Linux Enterprise Server – dall’European Space Operations Centre (Esoc) di Darmstadt (Germania). “Siamo orgogliosi – dice Gianni Sambiasi, Territory Manager Italy di Suse – che grazie all’implementazione presso il centro di controllo dell’Esa, il nostro Linux enterprise stia contribuendo alla missione in cui è coinvolta Samanta Cristofoletti, la prima donna italiana nello spazio”.

Questo ci riporta con la mente agli anni della competizione spaziale fra Russia e Usa. Come due erano allora i pionieri dell’esplorazione del cosmo, due sono oggi i maggiori competitor del sistema operativo open source

Gianni Sambiasi, Territory Manager Italy di Suse

Linux applicato ad ambienti mission critical. Riferendosi alla rivale Red Hat, Sambiasi ammette di buon grado che “noi, in generale, abbiamo dimensioni minori”, anche se aggiunge subito che “il confronto andrebbe fatto su dati omogenei: l’80% delle implementazioni di Linux sui mainframe è Suse; Sap include il nostro Os nelle sue linee guida per l’alta affidabilità e lo adotta nei suoi data center. Suse Linux Enterprise Server è scelto dalla maggior parte dei leader di alcuni settori in cui l’obiettivo zero downtime non è un’opzione, come per aerospazio, automotive o retail”, afferma il Top manager.

La strategia di Suse punta molto sulle partnership con vendor che forniscono parti complementari degli stack necessari per realizzare architetture mission-critical e per la migrazione da Unix/Risc a Linux/x86. Forte è la collaborazione con Ibm (della quale sono certificati per Suse le piattaforme Power8 e zSystem) e Intel. “Se dovessi presentare uno stack ideale – sottolinea Sambiasi – Suse troverebbe spazio nel sistema operativo e nella virtualizzazione; il resto è lasciato ai partner. Oracle, Microsoft, Sap o Vmware non ci vedono come competitor. Questo ci permette di essere molto flessibili e aperti. L’importante, per noi, è che il cliente sappia di poter contare su una forte integrazione tecnologica e di servizi”.

La sala di controllo principale dell'ESOC

Le ultime novità da casa Suse riguardano sempre lo zero downtime, le capacità di integrazione dell’Os e le partnership. Quanto alla prima debutta il Live Kernel Patching, che permette di eseguire il patching del kernel Linux senza riavviare i server: obiettivo, l’ulteriore riduzione dei downtime non programmati. Ecco poi Suse Storage, al momento in versione beta: si tratta di una soluzione per il supporto dello storage distribuito, che può valorizzare qualsiasi tipo di disk array (anche direct attached a server legacy e dischi a basso costo) e con funzionalità di self-healing e self-management. Da segnalare, infine, la collaborazione con MariaDB, fondazione creata nel 2009 dall’ideatore del progetto MySql, Michael Widenius, (uscito dal progetto dopo l’aquisizione da parte di Sun-Oracle), per promuovere un nuovo database open source. La partnership aumenta le possibilità di scelta, supporto e scalabilità per gli utenti di database nell’era dell’esplosione dei dati e del cloud.

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