Open source e le aziende italiane: un tema anche di innovazione

Da una survey realizzata da Sda Bocconi emerge che anche per le aziende del nostro paese l’implementazione di soluzioni open source ha raggiunto un buon livello di maturità. Ma attenzione alle criticità: competenze e servizi post vendita

Pubblicato il 10 Ott 2014

Ormai da diversi anni il software open source ha raggiunto livelli di maturità tali da essere implementato in numerose aziende, anche in ambienti mission critical. Ma se diversi studi internazionali evidenziano che le principali barriere a un utilizzo professionale dell’open source sono state abbattute (scarsa affidabilità rispetto al software proprietario, mancanza di adeguate competenze all’esterno e all’interno delle imprese), mancava una fotografia della propensione delle aziende italiane all’utilizzo del software a codice aperto, dei vantaggi riscontrati da chi lo ha sperimentato e delle perplessità sia di chi lo ha utilizzato, ma non ne è risultato soddisfatto sia di chi ancora non lo ha implementato.

L'inforgrafica di ZeroUno – parte 1

Per questo motivo Sda Bocconi, che dal 2005 segue queste tematiche attraverso OS-Lab (gruppo di lavoro che, aggregando aziende della domanda e dell’offerta, compie indagini in questo ambito, proprio per verificare lo stato di diffusione dell’open source nel contesto italiano, esplorarne i vantaggi, capirne i giudizi negativi e analizzare i modelli di valutazione delle aziende nelle software selection che comprendono soluzioni a codice aperto) ha realizzato una survey. Nelle pagine che seguono abbiamo sintetizzato i dati principali elaborando una visualizzazione infografica della ricerca realizzata da Sda Bocconi (effettuata attraverso una survey su un centinaio di It Executive di aziende italiane medio-grandi, appartenenti a diversi settori merceologici).
Per meglio contestualizzare i dati raccolti, Sda Bocconi ha indagato prima di tutto quali fossero gli elementi prioritari della strategia It delle aziende intervistate: è emerso che l’efficienza operativa e la riduzione dei costi It rimangono le priorità principali (rispettivamente 2,6 e 2,4 punti su 3 come punteggio di massima importanza); seguite a ruota dalla conformità normativa e dalla sicurezza (2,3). Nel campione, il supporto al business, sebbene rimanga su un livello medio-alto di priorità (2,2) , è comunque al quarto posto. Nell’analisi dei dati specifici sull’open source rappresentati nell’infografica è dunque importante tenere presente questo contesto, per comprendere come, la priorità data alla riduzione del Tco non sia elemento caratteristico solo delle scelte open source, ma pervada tutta la strategia It. La survey si conclude con l’elaborazione di 4 cluster di adozione: convinti, ostili, ritardatari e chi ha compiuto questa scelta per alcune attività, ma non intende proseguire su questa strada.

L'infografica di ZeroUno – parte 2

Commentando i dati emersi dalla survey si può affermare che le aziende italiane, seppur in ambiti e con livelli di copertura differenti, hanno compiuto scelte orientate all’open source anche in ambienti mission critical, con una netta predominanza verso soluzioni infrastrutturali tradizionali piuttosto che in ambito applicativo o lato client. Ma, per le imprese soddifatte delle scelte compiute, si stanno aprendo (e in alcuni casi si sono già aperti) fronti di sperimentazione in ambiti più innovativi (come la virtualizzazione, intesa come condizione preliminare per il passaggio al cloud, e il cloud stesso).
D’altra parte non bisogna sottovalutare le criticità emerse nelle risposte sia delle aziende “ostili” sia di quelle che non intendono ripetere l’esperienza. I problemi principali non riguardano aspetti tecnologici: anche se alcune aziende sono scettiche sulla completezza funzionale dei software open source rispetto a quelli proprietari, i veri nodi riguardano le competenze e i servizi post vendita.
Nel primo caso ci si riferisce sia alla disponibilità di competenze adeguate sul mercato sia alla mancanza di competenze interne.
La supposta non adeguatezza del supporto post vendita è invece un inibitore molto forte, determinante soprattutto per le aziende “ostili”, ossia le aziende che, pur avendole valutate, non hanno mai implementato soluzioni OS; questa criticità potrebbe essere così fortemente sentita anche a causa di una conoscenza limitata della reale offerta di servizi da parte dei vendor che supportano l’implementazione di sistemi OS).
In conclusione, dalla ricerca emerge che le aziende italiane hanno intrapreso da tempo la direzione dell’open source, privilegiando gli ambiti infrastrutturali, e che tale scelta non risulta determinata esclusivamente da esigenze di riduzione del Tco. Nonostante questo sia ancora il parametro principale sul quale vengono valutati i benefici dell’open source, indipendenza dal fornitore e potenzialità innovativa sono infatti elementi che risultano essere sempre più importanti.

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