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Smart working: come essere pronti per il new normal

Cosa ci ha insegnato un anno di intensa e diffusa sperimentazione? Da unica strada per assicurare almeno l’operatività minima nelle fasi più dure della pandemia, lo smart working è diventato parte della vita di molti e, avendo mostrato diversi benefici, lo resterà. Dopo oltre un anno di sperimentazioni è però il momento di tirare le fila di ciò che si è appreso e organizzarsi per implementare al meglio questo nuovo modo di lavorare valorizzando il ruolo che le nuove tecnologie possono giocare nel renderlo sempre più collaborativo, efficace e salutare.

Pubblicato il 06 Mag 2021

smart working

Oltre ad aver permesso una quasi regolare operatività durante i lockdown nella gran parte delle attività in cui era applicabile, lo smart working ci ha regalato anche la possibilità di allestire nel mondo il più grande laboratorio sperimentale di lavoro agile mai visto incentivando e accelerando quel salto culturale che già alcuni meno timidamente avevano iniziato a compiere.

Nel 2020 è stato di 6,58 milioni il numero di coloro che hanno svolto la propria attività in modalità smart working, secondo l’Osservatorio Smart Working 2020 della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI e questo significa circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019.

Nel 2021 il 16% degli smart workers italiani, oltre 3 milioni di persone, svolgerà almeno una giornata di lavoro da remoto secondo lo studio The World after Lockdown curato da Nomisma e Crif, è quindi necessario uscire dalla logica emergenziale e costruire un new normal lavorativo adatto al nuovo status di incertezza continuo.

Dopo oltre un anno di “laboratorio” è il momento di fare tesoro di quanto sperimentato introducendo modelli di lavoro flessibili e una gestione dinamica delle risorse ma anche implementando i nuovi approcci e le nuove tecnologie che ci hanno salvato gli scorsi mesi in modo però più strutturato e organizzato, quindi più proficuo.

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La forma e le dimensioni del fenomeno smart working

Quello che abbiamo vissuto nel 2020 è stato un cambiamento non solo inaspettato ma anche repentino: in poco più di due mesi si è passati dal 3% al 34% di lavoratori in smart working per poi assestarsi al 24% dalla metà di maggio ad oggi. Tra i milioni di lavoratori coinvolti ci sono soprattutto tra Millennials (cresciuti da 24% a 27%), residenti al Nord (27% contro il 18% del Centro e il 22% del Sud) e donne (27% contro il 22% degli uomini).

Se questi numeri di Nomisma e Crif e quelli dell’Osservatorio Smart Working ci ricordano cosa abbiamo passato, lo studio Quick survey Smart working 2.0 di Fondirigenti, permette di immaginare lo scenario del lavoro agile post emergenza quando oltre la metà delle aziende associate utilizzerà lo smart working in maniera permanente proponendo settimane “spezzate”, con in media solo 2,6 giorni di presenza in ufficio, per continuare a beneficiare dei vantaggi emersi da questo nuovo modo di lavorare.

Luci, ombre e spunti di miglioramento dopo un anno di sperimentazione

L’eliminazione dei tempi morti, come quelli di spostamento, e una più autonoma e flessibile organizzazione delle proprie attività all’interno della giornata, hanno portato ad un aumento della produttività accompagnato anche da un miglioramento dell’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. È questo il primo vantaggio percepito dalla maggior parte degli smart workers che, sempre secondo Crif e Nomisma, hanno apprezzato il risparmio economico e di tempo (17%).

Le aziende dal canto loro hanno ridotto significativamente i costi legati all’IT e all’affitto degli immobili, scoprendo come il lavoro a distanza “le avvicinasse” anche a nuovi talenti altamente qualificati ma mai presi in considerazione prima perché lontani dalla sede e che oggi, con gli strumenti tecnologici giusti, possono far parte a pieno titolo del team. Entrando nella nostra quotidianità lo smart working ha però mostrato non solo le sue luci, ma anche alcune ombre come l’incremento delle ore lavorate e le difficoltà sia nel separare lavoro e vita personale sia nel rapportarsi con i colleghi con un conseguente senso di solitudine e di isolamento lamentato dal 22% dei lavoratori.

Responsabilizzazione, nuove leadership ed equilibrio: l’evoluzione necessaria

Se i vantaggi emersi ci confermano che vale la pena di continuare l’esperimento, gli svantaggi indicano come farlo nel modo più corretto aggiustando il tiro ad un approccio messo in piedi in tutta fretta e che ancora confonde il telelavoro, il lavorare da casa, con lo smart working, fondato invece sulla restituzione di flessibilità e autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

Questa mancata distinzione sottolinea come sia ancora necessario un vero cambio culturale che spinga le aziende ad adottare adeguate metodologie di assegnazione degli obiettivi e di valutazioni a performance, i manager a sperimentare nuovi modelli di leadership basati su fiducia, collaborazione e condivisione e i lavoratori a imparare a gestire al meglio un nuovo stile di vita, a rischio burnout, da un lato, ma che regala anche tanta libertà se ci si mostra organizzati.

Dall’ufficio allo spazio di lavoro, dove il new normal è possibile

Secondo l’Osservatorio Smart Working, le organizzazioni si stanno attrezzando per tradurre le nuove abitudini e aspettative dei lavoratori in un nuovo approccio al lavoro. Una grande impresa su due interverrà sugli spazi fisici al termine dell’emergenza (51%), differenziandoli (29%), ampliandoli (12%) o riducendoli (10%); il 38% non prevede riprogettazioni ma cambierà le modalità d’uso; solo l’11% tornerà a lavorare come prima. Il 36% delle grandi imprese modificherà i progetti di smart working in corso e digitalizzerà i processi. Ben il 70% di chi ha un progetto di lavoro agile aumenterà le giornate in cui è possibile lavorare da remoto, passando da un solo giorno alla settimana prima della pandemia a una media di 2,7 giornate a emergenza conclusa. Il 65% coinvolgerà più persone nelle iniziative, il 42% includerà profili prima esclusi, il 17% agirà sull’orario di lavoro.

Questa evoluzione può e deve essere accompagnata dai giusti strumenti che possano supportarla amplificandone i benefici, ma prima ancora arginandone i pericoli. La diffusione improvvisa e capillare dello smart working, il largo uso di dispositivi personali e reti domestiche e il boom delle piattaforme di collaborazione hanno reso le aziende molto più vulnerabili agli attacchi informatici che nel 2020 sono aumentati del 12% a livello globale. La risposta da dare è duplice: tecnologica, migliorando gli strumenti di protezione e rinnovando i dispositivi in uso, e formativa, sensibilizzando i propri dipendenti sulle buone pratiche anti hacker.

Abbandonando la logica difensiva e guardando alle nuove tecnologie come ad un’opportunità di crescita sociale ed economica, è il momento di ripensare al concetto di ufficio, estirpandolo dalle classiche 4 mura o pareti vetrate, digitalizzandolo e rendendolo disponibile ovunque e in ogni momento. Nel futuro si può trasformare in uno spazio unificato e sicuro, capace di garantire flessibilità e sicurezza e più adatto ad una nuova modalità di lavoro basata su collaborazione, condivisione, resilienza e benessere individuale.

Le nuove tecnologie, combinate ad una visione innovativa, sono oggi l’unica strada per costruire un new normal ragionato e ragionevole senza lasciare che prenda forma un post pandemia frutto solo di reazioni impulsive al cambiamento repentino di ormai più di un anno fa.

Workspace Innovation Business School: 3 lezioni per prepararsi alla nuova normalità

La nuova normalità vedrà dunque il configurarsi di una situazione dove la modalità di lavoro ibrida, parzialmente da remoto e parzialmente in ufficio, è quella che riscuote maggior successo. Ecco allora che diventa centrale capire il contributo della scrivania/workspace – digitale.

Per questo ZeroUno e Citrix organizzano un ciclo di 3 lezioni focalizzate sul ruolo della scrivania digitale per massimizzare la produttività dell’azienda, l’esperienza, l’ingaggio, la soddisfazione e il benessere del lavoratore.

Questi alcuni tra i temi che verranno trattati durante il corso:

  • quali tecnologie e metodologie adottare per lavorare in modo agile, veramente produttivo e facilitare l’attività quotidiana
  • come si configura il posto di lavoro nel new normal e cosa fare per trarne il massimo vantaggio
  • quali strumenti per attrarre nuovi talenti e massimizzare l’engagement, la produttività e l’employee retention
  • perché un modello di scrivania digitale di tipo consumer è applicabile anche ai contesti business e con quali vantaggi
  • come garantire la sicurezza con una scrivania digitale e perché i modelli tradizionali di security non sono adeguati nel new normal
  • cosa significa veramente collaboration nella catena del valore estesa e che contributo porta la scrivania digitale intelligente.

Ogni lezione, tenuta da un pool di esperti e della durata di 2 ore, vedrà la condivisione dell’esperienza di un’azienda che ha adottato con successo lo smart working, dotandosi di digital workspace in grado di fornire ai propri dipendenti tutti gli strumenti necessari per lavorare in sicurezza e con la massima efficienza.

Questa la struttura del corso:

  • 1° lezione – 8 giugno (h 17:30 – 19:30) – Da agile a produttivo: employee experience e produttività nell’era dell’ufficio diffuso con la partecipazione di Mariano Corso, Scientific Board at Osservatori Digital Innovation – Scientific Director at P4I – Partners4Innovation and Digital 360
  • 2° lezione – 8 luglio (h 11:30-13:30) – Gestire l’ufficio digitale: le dinamiche as-a-service e il nuovo modello di sicurezza per il lavoro da ogni luogo
  • 3° lezione – settembre (data in definizione) – Experience ottimizzata e collaborazione interdipartimentale

Clicca qui per scaricare il White Paper: "PMI pronte per il new normal con Avaya Cloud Office"

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