Mobile Internet Content: un mercato in fibrillazione mentre cresce l’attenzione delle imprese

Il 2010 è l’anno dell’Ipad e dei suoi emuli che si auspica possano dare un forte impulso alla crescita del mercato Mobile Internet Content. Si profilano nuove opportunità di business, ma anche criticità, dovute in prima istanza, come sempre avviene con il lancio di nuove piattaforme, alla battaglia sui sistemi operativi. Quali modelli di business si stanno definendo per cogliere le prime e contrastare le seconde? Ma, soprattutto, questo mercato avrà una vera esplosione o le attese potrebbero andare deluse?

Pubblicato il 16 Nov 2010

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Per quanto riguarda l’esplosione della domanda e dell’offerta di contenuti Internet su dispositivi mobili l’anno cruciale non può che essere identificato con il 2007. Risale infatti al gennaio di quell’anno il lancio, in occasione dell’apertura dell’annuale Macworld Conference & Expo di San Francisco, del primo iPhone di Apple. Anche se già esistevano smartphone “Internet-oriented” come i BlackBerry della canadese Research in Motion (Rim), pioniera dell’email in modalità push su un device mobile, è stato l’iPhone a inaugurare la nuova era del Mobile Internet Content.

Acquisti selettivi
Una nuova fase che ha coinciso anche con l’abbattersi della crisi economica mondiale su tutti i tipi di consumo, portando le aziende e i consumatori a essere più selettivi nelle loro decisioni di acquisto. E nel 2009, solo in Italia, il mercato del Mobile Content è crollato del 20%, da 744 a 596 milioni di euro. Ad avere avuto la peggio sono stati i contenuti di personalizzazione, l’infotainment basato sulle tecnologie Sms/Mms, i giochi Java non scaricabili da Internet e le community degli operatori. Per il momento questo calo non è ancora stato compensato dalle crescita del Mobile Internet Content, trainata dal boom degli smartphone (+210% le vendite in volume in Italia nel primo trimestre 2010, secondo una rilevazione Gfk), ma il tempo affinché ciò avvenga non sembra remoto.
Anche nel settore mobile Apple è riuscita a imprimere un breakthrough di enormi dimensioni, tale da generare una coda lunga che abilita lo sviluppo di nuovi mercati. Un precedente, sempre targato Cupertino, risale al 1977, quando la società costituita da Steve Jobs e Stephen Wozniac lanciò Apple II, il primo personal computer costruito su scala industriale che riuscì a raccogliere un vasto consenso globale. Come avvenne allora con il primo pc della Mela, anche l’iPhone è diventato un modello da imitare da parte di molti altri produttori. Sotto diversi punti di vista: l’interfaccia touchscreen, il sistema operativo intuitivo, l’elevata qualità delle feature audio e video (ora anche ad alta definizione), la predisposizione di un application store da cui scaricare applicazioni gratuite o a pagamento: un servizio che aveva già un precedente illustre nell’iTunes Store, esso stesso un punto di discontinuità nel mondo della distribuzione di contenuti musicali.

La rivoluzione iPad

Sempre a gennaio, ma di quest’anno, con il lancio di iPad, Apple ha determinato un altro breakthrough nel mondo dell’Ict. In un certo senso, i prodromi di questa tecnologia esistevano già da tempo. Ci riferiamo ai Tablet Pc introdotti negli anni da molti produttori hardware e gli e-book reader, il più famoso dei quali è il Kindle di Amazon. Ebbene, la società di Cupertino è riuscita a prendere un po’ di tutte queste tecnologie e a realizzare un prodotto innovativo dal punto di vista funzionale, tecnologico e del design. L’iPad permette infatti di riprodurre contenuti multimediali e di navigare su Internet con connessioni Wi-Fi e 3G, ma consente anche di utilizzare applicazioni di produttività e giochi. Come gli altri tablet e i netpc non è però un telefono cellulare.
Se negli anni passati il tablet pc è rimasto un prodotto molto di nicchia, con l’iPad è diventato un “form factor” di tipo “mainstream”: è sotto gli occhi di tutti il numero crescente di possessori di iPad che lo utilizzano nei luoghi più disparati: dai centri congressi a quelli sportivi, dai vagoni dei treni alle sale di imbarco degli aeroporti. Un successo ottenuto nonostante la tavoletta della Mela non preveda di serie la possibilità di connettersi alle reti cellulari (si limita al Wi-Fi) e non includa una fotocamera/videocamera. Non meraviglia che semp

re più produttori di computer e di cellulari abbiano iniziato ad annunciare e rilasciare i loro tablet. Prima dell’estate Dell ha introdotto il suo Streak (a sinistra) un “anti-iPad” con display da 5 pollici (contro il 9,7 del rivale Apple) e con sistema operativo Android e connettività alle reti cellulari 3G. Sempre basato su Android, Samsung ha lanciato Galaxy Tab (a destra), una “tavoletta” con schermo da 7 pollici, sempre collegabile ai network 3G. A settembre la tedesca WeTab ha introdotto l’omonimo tablet con sistema operativo Meego (l’Os Linux-based nato dalla fusione del Maemo di Nokia e del Moblin di Intel). Nelle scorse settimane si sono registrati altri due colpi di scena ad opera di Rim, Dell e Microsoft. Rim intanto ha finalmente annunciato il suo tanto atteso tablet, BlackBerry PlayBook (a sinistra), basato sul sistema operativo proprietario BB Tablet Os, con schermo da 7 pollici (in diretta concorrenza con Galaxy) e supporto alle reti 3G (promesso, per il futuro, anche quello alle tecnologie 4G). Il dispositivo della “mora” offre le funzionalità di ripresa al momento più elevata dei concorrenti: dispone infatti di una camera frontale da 3 Megapixel e di una posteriore da 5 Mp. Pochi giorni più tardi Steve Ballmer, Ceo di Microsoft, ha preannunciato per la fine del 2010 il debutto di tablet pc basati su Windows 7. L’indiscrezione è stata fatta durante una conferenza alla London School of Economics e in anticipo rispetto al lancio ufficiale di Windows Phone 7, il successore di Windows Mobile su cui l’azienda di Redmond punta per rilanciarsi nel mondo del Mobile Computing.

La febbre che agita il mondo degli smartphone si è dunque propagata a quello del “form factor” immediatamente più grande. In comune, molti telefonini intelligenti e i tablet di nuova generazione hanno il display touch (molti, in effetti, preferiscono chiamarle “touch phone”), la possibilità di sostituire altri riproduttori di contenuti multimediali, ma soprattutto l’essere client ottimali per il Mobile Internet Content. Una realtà che presenta molti aspetti in comune ma anche diverse differenze rispetto all’Internet Content “pc-centrico”. Una peculiarità è la maggiore propensione degli utenti a fruire di contenuti “a pagamento”. In una certa misura questo si spiega con la maggiore abitudine dell’utente di telefonia cellulare a pagare per ottenere certi servizi o contenuti. Ma è anche come se i consumatori fossero consapevoli dei maggiori costi legati alla gestione e all’utilizzo dei network wireless.

Figura 1 – Mobile Content a pagamento: il peso delle diverse tipologie di contenuto
(cliccare sull'immagine per visualizzarla correttamente)

Opportunità e criticità del mercato
Gli autori del Report Mobile Content & Internet: in gioco nuovi business model della School of Management del Politecnico di Milano arrivano a ipotizzare che le sperimentazioni in atto nel “laboratorio” del Mobile Internet Content finiranno per influenzare i trend futuri dell’Internet Content fruito in modalità Pc-centrica. I termini “sperimentazioni” e “laboratorio” sono quanto mai appropriati riferendosi, di fatto, a una nuova fase di Internet, dei contenuti e delle telecomunicazioni.
Il Rapporto rileva nello scenario attuale opportunità e criticità. Tra le prime si segnala [vedi anche: Le aziende italiane: "Mobile è bello. Soprattutto se sicuro e ben gestito"] quella per gli operatori Telco di ritornare al proprio Dna di gestori di reti di trasporto di contenuti. La diffusione di applicazioni come i giochi o l’instant messaging, di social network e contenuti multimediali da scaricare o fruire in streaming richiedono ai carrier un potenziamento e un’aggiunta di intelligenza alle reti attuali. Ma le Telco hanno anche la possibilità – sfruttando asset come i conti telefonici degli utenti, le piattaforme di Crm e gestionali esistenti, e le nuove direttive Sepa come Psd e Emd – di mettere a disposizione di Web company e Media company i propri sistemi di pagamento. Oggi le Telco posso già riscuotere, per conto dei Content Provider o gestori di Application Store, pagamenti da parte dei propri clienti. Questo modello si sposa bene con quello del “revenue sharing” tra Telco e Application Store. Un’altra modalità innovativa di pagamento è l’“in-app billing”, ovvero la possibilità di effettuare micropagamenti dall’interno di un’applicazione. Nel momento in cui viene effettuato l’acquisto, l’applicazione invia al produttore un messaggio che lo autorizza a richiedere al carrier l’addebito dell’importo della spesa sul conto telefonico dell’utente.
Tra le criticità che rendono ancora poco prevedibile l’evoluzione del Mobile Internet Content si segnala innanzitutto la battaglia tra i sistemi operativi. Finora il sistema operativo per smartphone più diffuso è stato Symbian, l’Os adottato, fra gli altri, dal più importante produttore di telefoni intelligenti: Nokia. Poi è arrivato iOs, il sistema operativo dell’iPhone. Più di recente ha preso piede Android, mentre Hp ha acquisito Palm, ponendo così le basi per un possibile rilancio di Palm Os. Nelle scorse settimana, infine, Microsoft ha introdotto Windows Phone 7, mentre BlackBerry Os continua a essere uno dei sistemi operativi per device mobili più apprezzati dagli utenti. Gli analisti si chiedono se lo sviluppo di applicazioni per il Mobile Internet Content si polarizzerà intorno ai singoli sistemi operativi oppure perseguirà un approccio più trasversale.

Figura 2 – Mobile Content a pagamento: il peso delle diverse piattaforme tecnologiche
(cliccare sull'immagine per visualizzarla correttamente)

Cambiano i business model
Anche i business model dei diversi produttori sono eterogenei e non è ancora possibile dire quale avrà maggiore successo in futuro. Apple punta su un controllo verticale della filiera costituita da hardware e sistema operativo, comunità degli sviluppatori e distribuzione. Anche Rim controlla sia il sistema operativo sia l’hardware, e inoltre è proprietaria dei sistemi che gestiscono la messaggistica e la crittografia delle comunicazioni. Altri produttori, invece, propongono al mercato diversi modelli di prodotto e abbracciano differenti sistemi operativi, magari lasciando la scelta finale all’utente. Solo per fare qualche esempio, Nokia punterà ancora su Symbian su alcuni modelli di smartphone, ma cercherà in futuro di mettere il turbo a Meego. Il non esserci riuscita fino a questo momento è costato nelle scorse settimane il posto a Ari Jacksi, vicepresidente incaricato di occuparsi di questo sistema operativo. Motorola, che recentemente ha puntato su Android, dovrebbe salire anche sul carro di Windows Phone 7. E questo nonostante il produttore sia stato citato in giudizio da Microsoft perché Android contiene delle funzionalità sviluppate dall’azienda di Redmond (come ActiveSync), e questa vuole che tutti i vendor di smartphone che utilizzano Android paghino delle royalty. Una mossa che è considerata da alcuni osservatori come un tentativo di Microsoft di frenare la crescita dell’Os concorrente di Windows Phone 7.
Infine, per tornare agli aspetti economici, un ruolo sempre più importante – soprattutto per il finanziamento dei contenuti “free” o “freemium” – lo giocherà la pubblicità. Se nel complesso per la Mobile Internet Advertising il 2009 è stato un anno piatto (32 milioni di euro in Italia), gli investimenti sui siti “off portal” (ovvero non delle Telco) e all’interno delle applicazioni sono cresciuti in modo considerevole. Inoltre, mentre finora la maggior parte dell’advertising era dei Mobile Service Content Provider stessi, si è registrato un aumento importante di quella di altri settori merceologici, in primis automobili e abbigliamento. Questa voce del bilancio crescerà man mano che i centri media e le agenzie creative riusciranno a convincere le aziende dell’utilità dell’Internet Mobile Advertising e a concepire comunicazioni adatte in modo specifico a questo nuovo canale.

Figura 3 – Mobile Advertising: il peso delle diverse piattaforme tecnologiche
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Leggi anche "Mercato Mobile: i dati aggregati nascondono i cambiamenti in atto"

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