Entro soli tre anni, la maggior parte degli attuali modelli di business delle aziende sarà ‘radicalmente’ diverso. A dirlo sono i manager stessi delle aziende, interpellati nell’ottobre scorso da Harvard Business Review Analytic Services [unità di ricerca commerciale indipendente all’interno dell’Harvard Business Review Group che conduce ricerche e analisi comparative sulle sfide più importanti per il management e sulle opportunità emergenti per il business – ndr] per conto di CA Technologies [la ricerca è stata sviluppata a livello globale con il coinvolgimento di 250 dirigenti in ambito business e It – ndr].
A ‘premere’ sull’urgenza di cambiamento sono prevalentemente le aspettative dei clienti e le pressioni del mercato con l’ingresso di nuovi concorrenti. “A sentire in modo particolare tale pressione, in Italia, sono sicuramente le banche e più in generale il segmento dei servizi finanziari cui seguono le società di telecomunicazioni”, afferma Michele Lamartina, country manager di CA Technologies Italia, analizzando i dati dell’indagine e comparandoli con il nostro mercato interno. “In questo momento sono le banche ‘online’ a trarre i maggiori benefici da questo globale processo di trasformazione, perché più giovani e ‘nativamente digitali’, ma i trend in atto (comprese le spinte normative, non ultima la PSD2 che introduce nuove forme di pagamenti digitali) genereranno sempre più significativi impatti sui modelli di business stessi delle banche”.
Come riuscire allora a trarre vantaggio da questo ‘fermento’ lo si evince dai risultati della stessa indagine di HBR Analytics Services: circa i due terzi (66%) degli intervistati ritiene che il futuro delle loro aziende dipenda dalla qualità del software e gli ‘apripista’ (quelli che si descrivono come professionisti esperti dell’Agile Management) ritengono di avere un vantaggio consistente sul piano della velocità d’azione (oltre i due terzi – 68% – di questi pionieri affermano di essere particolarmente bravi a sviluppare rapidamente nuove capacità tecnologiche).
“In Italia su questi temi siamo ancora un po’ indietro rispetto ad altri paesi, non solo perché l’approccio DevOps non è ancora particolarmente diffuso ma anche perché più in generale sul fronte dell’Agile Management c’è ancora molto da fare”, ammette Lamartina. “Per migliorare la conoscenza di queste metodologie e far capire alle aziende il loro potenziale, spesso organizziamo veri e propri ‘learning game’, workshop interattivi che consentono alle aziende di sperimentare dal vivo e su casi reali le differenze tra un approccio tradizionale allo sviluppo e le tecniche Agile e DevOps”.
Un percorso che, seppur gradualmente, le aziende non possono più ignorare, a fronte di aspettative crescenti da parte dei loro utenti (che nell’accezione più ampia significa l’intero ecosistema che gravita attorno ad una impresa: impiegati e collaboratori, clienti, fornitori, partner…) “CA parla di Agile Operations quale ‘ombrello’ sotto il quale ricadono tecnologie, approcci strategici e metodologici finalizzati proprio al miglioramento continuo della user experience, che non si sostanzia solo con l’interfaccia dell’applicazione ma attraverso aspetti quali il Performance Management (che deve diventare end-to-end), il Security by design (ossia la sicurezza a livello di software, inserita quindi quale elemento di valore e di partenza dello sviluppo applicativo) o il Continuous Delivery (la pratica e le tecnologie che consentono di accelerare i rilasci applicativi, migliorare le fasi di test, rendere più efficace l’intero ciclo di vita del servizio, ecc.)”, spiega in chiusura Lamartina. “La sicurezza, in particolare, è uno di quegli elementi che proprio con la digitalizzazione spinta dei servizi di business non può essere più trascurata. Risk management, Identity Management, Data loss prevention e Compliance sono indubbiamente gli ambiti della Security dove bisognerebbe porre maggiormente l’attenzione”.