Micro Focus (e Microsoft): migrare al cloud le applicazioni legacy

È possibile utilizzare applicazioni legacy, scritte in cobol, in modalità cloud? La risposta di Bob Ellsworth, Director of Modernization di Microsoft e di Mark Haynie, Cto Cloud Computing di Micro Focus (nella foto), è assolutamente positiva. Vediamo come

Pubblicato il 13 Mag 2010

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Scegliere le applicazioni legacy da erogare come servizi cloud; modernizzarle (con i tool di analisi per la modernizzazione esistenti oggi); abilitare le soluzioni a modalità Saas: sono questi i tre passaggi chiave che Bob Ellsworth, Director of Modernization di Microsoft (qui a fianco nella foto), individua per intraprendere il cammino della modernizzazione di quelle applicazioni business che un’azienda sceglie di trasformare in servizi cloud.

Da quando c’è l’opzione cloud, aggiunge Mark Haynie, Cto Cloud Computing di Micro Focus, l’obiettivo è “disporre di applicazioni che siano indipendenti dalla loro modalità di fruizione”. Un Cobol Cics che gira su mainframe si modernizza con poco sforzo su piattaforma Windows2008, con cui la piattaforma Windows Azure, ha già backward compatibility. “Il treno di quell’applicazione è partito quando è stata scritta vent’anni prima, con tecnica di programmazione ‘pseudo-conversazionale’, all’epoca lo standard per Cobol Cics, che “altro non è quello che oggi è il protocollo per i web services (Restful)”, continua Hayne. Della serie “tutto era già stato inventato”. E lo stesso modello di pagamento utility è simile ai sistemi di time sharing, dove il System Resource Manager del mainframe calcolava con precisione gli utilizzi: “chi ha usato il time sharing vent’anni fa può lavorare tranquillo in cloud oggi.”
Ma ci sono best practice? “Primo passo per modernizzare verso il cloud la struttura applicativa – risponde Ellsworth – è migrare la logica core delle transazioni Cics, in modo che al vecchio ‘schermo verde’ tipo 3270 si sostituisca Videostudio. E le applicazioni Cics si possono arricchire con mash-up. Si apre così la logica di business all’iniziativa di altri che in cloud, come Google, possono combinarvi, per esempio, Google Charts in modo che l’end user veda un’applicazione arricchita con mappe”.
E con le mission critical application, che fare? Tenerle gelosamente on premise? Per Haynie, una volta modernizzate, possono essere messe in cloud con Enterprise Cloud Service (Ecs) di Micro Focus, come strato soprastante di Azure, che fornisce il più alto livello di Sla, di sicurezza, di qualità enterprise necessaria a utilizzare il cloud. Ellsworth ricorda che Microsoft non si muove da oggi sul cloud: la Business Productivity Online Suite (Bpos) da 18 mesi offre, in istanza online o come licenza, Exchange, SharePoint, Office Communication, Communicator per Unified Communication. La scelta è piuttosto: “Se non ci sono grandi personalizzazioni da fare, non occorre installare licenze per una infrastruttura Exchange, per esempio, ma si può scegliere di farne gestire il servizio a un cloud Microsoft; inhouse e online sono combinabili ad libitum, magari in funzione di diverse geografie”, precisa Mark Haynie.
Ne deve conseguire flessibilità gestionale, sia per le risorse approvvigionate dal cliente, sia per le licenze che il vendor deve estendere o restringere. “Microfocus con Ecs istituisce un piano di ‘pay as you go’ che riflette i necessari cambiamenti nel modello dinamico di business licenze/servizi – conclude Haynie – e identico esercizio dovrà fare ogni software vendor. Ciò garantirà un livello di servizio efficiente: se l’applicazione in cloud non è valida, gli utenti smettono di usarla e il fatturato crolla. Chiunque fa software in cloud, dagli Isv ai vendor It, sa di dover reagire molto velocemente ai requirement dei clienti”.

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