Prospettive

Rinnovabili e smart grid, la via del PNRR per potenziare il sistema energetico nazionale

Per il rafforzamento della rete elettrica italiana, il Piano di ripresa e resilienza prevede diverse misure che vanno dal sostegno alla realizzazione di impianti green alla semplificazione degli iter autorizzativi. Mentre la crisi ucraina fa temere possibili rallentamenti sui tempi di attuazione, “è in momenti come questi che è opportuno ripensare alle modalità con cui il nostro paese si approvvigiona dell’energia di cui ha bisogno” dice in questa intervista Simone Franzò, Direttore Osservatorio Smart Mobility Report ed Electricity Market Report del Politecnico di Milano

Pubblicato il 21 Mar 2022

autenticazione a due fattori

È trascorso meno di un anno da quando è stato inviato a Bruxelles, ma in alcune sue parti il PNRR appare già molto invecchiato. Per esempio in quelle contenute nella Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile) che fanno capo alla più ampia Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica). Sapevamo, infatti, di essere in ritardo nell’infrastrutturazione della nostra rete energetica, ma per capire quanto fosse esorbitante questo ritardo accumulato nel tempo rispetto al nostro fabbisogno è stato necessario lo scoppio della guerra in Ucraina.

“Le infrastrutture di distribuzione di energia elettrica – si legge nel Piano a proposito dei 3,61 miliardi di investimenti previsti per il rafforzamento della smart grid – costituiscono un fattore abilitante per la transizione energetica, in quanto dovranno essere in grado di gestire un sistema di generazione radicalmente diverso dal passato e flussi di energia distribuita da parte di una molteplicità di impianti”. Peccato che la tabella di marcia programmata l’anno scorso non avesse tenuto conto della nostra eccessiva dipendenza dalle forniture di gas russo, che serve non soltanto per il riscaldamento domestico e industriale, come si potrebbe erroneamente pensare, ma anche per generare energia elettrica. A parziale consolazione, il nostro paese non parte da zero, soprattutto in materia di rinnovabili.

Che cosa occorre lungo la strada della decarbonizzazione

“Nel corso dell’ultimo decennio circa – spiega Simone Franzò, Direttore Osservatorio Smart Mobility Report ed Electricity Market Report del Politecnico di Milano – in Italia molto è stato fatto in termini di installazioni di impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma tantissimo ancora è da fare.

Rispetto al consumo interno lordo complessivo, oggi la quota soddisfatta tramite rinnovabili è all’incirca del 20-21%, che dovrà arrivare al 55% nel 2030. Se lo traduciamo in termini di potenza installata di impianti rinnovabili, al momento ci sono circa 57 GW di impianti rinnovabili. Dobbiamo arrivare a 95”. Questi obiettivi saranno a breve rivisti al rialzo per essere coerenti con i nuovi e più sfidanti target di decarbonizzazione emanati dall’Unione europea contenuti in particolare nel cosiddetto Pacchetto Fit for 55 che punta a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030.

Simone Franzò, Direttore Osservatorio Smart Mobility Report ed Electricity Market Report del Politecnico di Milano

A questo si aggiunge un obiettivo ancora più ambizioso: diventare “carbon neutral”, cioè azzerare le emissioni di gas climalteranti, CO2 in primis, entro il 2050. L’ipotesi sul tavolo in questi giorni, di riattivazione delle centrali a carbone presenti nella Penisola per far fronte a una eventuale carenza della fornitura proveniente dalla Russia, non va certo in questa direzione. Ma anche in una situazione normale, riuscire a raddoppiare i GW provenienti da fonti rinnovabili da qui alla fine del decennio appare arduo, come evidenzia il professor Franzò: “Se manteniamo il ritmo di installazione degli ultimi anni, raramente superiore ad 1 GW all’anno, la conclusione è facile. Per questo serve un fortissimo cambio di passo. Da questo punto di vista è indubbio che il PNRR possa dare una mano”.

Non solo risorse per le rinnovabili, ma anche semplificazione

Il contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza per incrementare la capacità produttiva di energia da fonti rinnovabili non ancora in “grid parity”, cioè il cui costo di produzione sia uguale a quello di acquisto dell’energia prodotta da fonti convenzionali, si muove su varie direttrici. Contempla, ad esempio, un aumento di 3,5 GW tramite agri-voltaico, impianti integrati offshore soprattutto di eolico ed energy communities.

Quest’ultimo concetto è strettamente correlato a quello della smart grid, di una rete digitale decentralizzata alla quale i singoli utenti residenziali si aggregano in veste di prosumer e, quindi, di produttori di energia che condividono con la rete. L’impianto fotovoltaico installato sul tetto del condominio è uno dei casi più ricorrenti. In totale, il PNRR destina 5,90 miliardi di euro per potenziare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili.

“Va detto – sottolinea Franzò – che non si tratta solo di un tema strettamente economico, ma anche normativo-regolatorio. Uno degli ostacoli principali che rende difficile l’installazione di impianti rinnovabili in Italia riguarda le procedure autorizzative che sono ancora troppo lunghe e troppo farraginose. Questo rappresenta un forte impedimento per gli operatori. Tant’è vero che il PNRR, oltre a provvedere con le risorse economiche, prevede il varo di una serie di provvedimenti atti appunto a semplificare le procedure autorizzative”.

Il DL Energia entrato in vigore il 2 marzo 2022, oltre a cercare di contenere i costi dell’energia elettrica e del gas naturale, contiene anche 13 articoli che corrispondono ad altrettante misure strutturali di semplificazione in materia energetica.

I tanti attori che comporranno la smart grid del futuro

La smart grid non è un sistema che si costruisce soltanto con gli impianti rinnovabili, sebbene la loro presenza preponderante andrà a sostituire progressivamente quelli da fonti tradizionali. Contribuiscono altre voci alla sua definizione che nel PNRR rientrano sotto il cappello dell’efficientamento energetico degli edifici e della mobilità green.

Del resto, l’aggettivo “smart” allude a un superamento delle principali criticità che interessano proprio sorgenti come il fotovoltaico e l’eolico. “Le principali fonti rinnovabili sulle quali stiamo puntando – chiarisce Franzò – hanno una ‘pecca’ molto importante, ossia quella della cosiddetta non programmabilità. Il fotovoltaico produce quando c’è l’irraggiamento e l’eolico quando c’è il vento, entrambe fonti discontinue, non costanti. Fare evolvere il sistema elettrico verso la smart grid significa, perciò, dotarsi di nuove tecnologie come sistemi di storage che possono accumulare l’energia in eccesso e, in questo modo, possono supportare l’integrazione delle rinnovabili all’interno del sistema elettrico”.

“Fino a oggi la rete elettrica è stata gestita da Terna, responsabile dell’attività di dispacciamento, grazie in primis al contributo degli impianti termoelettrici, per esempio a carbone o a gas. Con il venir meno di questi, occorreranno altri strumenti per il bilanciamento tra domanda e produzione di energia. Le Uvam, Unità virtuali abilitate miste, possono aggregare diverse tipologie di sorgenti come i sistemi di accumulo, le auto elettriche o i carichi elettrici. In sintesi, la smart grid è una rete elettrica dove tutti i soggetti – impianti di generazione, utenze energetiche e gestori di rete – hanno un ruolo attivo nella gestione ottimizzata del sistema elettrico stesso”.

Ripensare alla modalità di approvvigionamento energetico

Resta il fatto che gli eventi che ci vedono come spettatori attoniti in queste settimane potrebbero causare un rallentamento nel programma di attuazione del PNRR a vari livelli. “Come spesso accade – dice in conclusione Simone Franzò – i momenti di crisi possono tradursi in opportunità, ovvero è in momenti come questi dove è opportuno un significativo ripensamento delle modalità con cui il nostro paese si approvvigiona dell’energia di cui ha bisogno. La crisi ucraina ha reso manifesto a tutti che uno scenario in cui dipendiamo fortemente dalla Russia per l’approvvigionamento di gas naturale è un rischio di cui purtroppo oggi vediamo le drammatiche conseguenze”.

“Il prezzo del gas, già esploso anche prima dell’inizio della guerra, sta ponendo enormi criticità alle imprese industriali e, a tendere, lo scenario non potrà che peggiorare. La speranza è che il PNRR e la crisi ucraina siano l’occasione per dare il definitivo slancio verso un sistema energetico italiano decarbonizzato, basato su rinnovabili e meno dipendente dall’approvvigionamento di fonti fossili importate dall’estero”.

Potrebbe essere anche l’occasione per non ricadere nello stesso errore commesso negli anni d’oro del Conto energia, tra il 2010 e il 2012, quando gli incentivi generosi a favore degli impianti fotovoltaici permisero di far lievitare le installazioni, ma non di creare una filiera industriale. Basti pensare che il 70% del mercato dei pannelli attualmente è dominato da aziende asiatiche e cinesi. Il PNRR intende cambiare questa situazione, investendo un miliardo di euro per stimolare la produzione di rinnovabili e batterie su suolo italiano. Speriamo che sia la volta buona.

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