Smart manufacturing paradigma della manifattura del futuro

Destinato a diventare il riferimento dell’industria manifatturiera del futuro, lo Smart Manufacturing non è però ancora chiaramente definito. La prima edizione dell’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano, analizzando 43 aziende italiane e 55 all’estero, evidenzia il livello di penetrazione in Italia delle smart technologies

Pubblicato il 23 Set 2015

“L’importanza del manufacturing in un paese come il nostro dovrebbe essere scontata e ovvia, ma se andiamo ad analizzare il documento del governo Strategia per la crescita digitale, che descrive l’Agenda Digitale per il nostro paese, non si fa cenno al manifatturiero”, ha esordito Alessandro Perego, Direttore degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, durante la presentazione dei risultati del primo Osservatorio Smart Manufacturing, aggiungendo che “non parlare del sostegno che il digitale può dare a un settore che contribuisce in modo così importante al Pil come il manufacturing, non è certo un elemento positivo”.

Simbolo della 4° Rivoluzione Industriale (dopo la 1° innescata dalla macchina a vapore, la 2° dalla produzione di massa, la 3° dai primi computer nelle fabbriche), lo Smart Manufacturing non è ancora un paradigma compiuto  e maturo e fa riferimento a quell’insieme di innovazioni digitali che dal terziario avanzato si stanno spostando negli ambiti produttivi. I ricercatori del Politecnico, proprio a causa dell’indeterminatezza che ancora caratterizza questo ambito, hanno optato per un perimetro di indagine ampio e inclusivo per cercare di analizzare il fenomeno in tutta la sua ampiezza, rimandando alle prossime edizioni dell’Osservatorio una eventuale specializzazione. “Lo Smart Manufacturing è destinato a diventare il paradigma della manifattura del futuro – ha affermato Andrea Sianesi, Co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing -. Grazie ad alcune tecnologie digitali innovative, le industrie saranno capaci di maggiore interconnessione e cooperazione tra le proprie risorse e ciò cambierà in modo drastico l’efficienza e la competitività, cancellando vincoli fino a oggi insormontabili con ripercussioni profonde sui processi e sulle possibilità di business”.

Traditional solutions + Smart Technologies = Smart Manufacturing

Figura 1 – Gli strati tecnologici dello Smart Manufacturing – fonte: Osservatorio Smart Manufacturing

Nel corso della 3° Rivoluzione Industriale, è stato sviluppato e perfezionato un insieme di soluzioni, definite oggi tradizionali (dal Cad ai Mes, ai Cmms), che hanno sostenuto i fabbisogni informativi dei processi di sviluppo dei prodotti, consentito di ottimizzare la pianificazione della produzione e la gestione dei materiali, abilitando livelli crescenti di automazione dei processi manifatturieri. Si tratta di una base fondamentale sulla quale si innestano quelle che vengono definite Smart technologies (dall’IoT alle advanced human interface all’additive manufacturing ecc.) e che supportano la transizione del manifatturiero verso il digitale. La figura ben rappresenta gli strati tecnologici che contraddistinguono lo Smart Manufacturing e la ricerca, basata sull’analisi di 43 aziende manifatturiere, evidenzia un certo fermento del fenomeno in Italia: “La situazione dello Smart Manufacturing nel nostro paese mostra luci e ombre – ha commentato Giovanni Miragliotta, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio Smart Manufacturing –. I dati su oltre 75 applicazioni operative e altre 50 in fase sperimentale permettono di dire che le medie e grandi imprese italiane sono già attive su questo tema. Tuttavia emerge l’assenza di una visione strategica, sia a livello di singola impresa sia di Paese: fare Smart Manufacturing non è adottare questa o quella tecnologia, ma saper ‘orchestrare’ il digitale per trasformare i processi industriali, così come è accaduto nel terziario avanzato”.

La ricerca ha suddiviso le Smart Technologies in tre grandi ambiti: Smart Execution (cuore dell’attività dell’industria ossia produzione, logistica, manutenzione, qualità e sicurezza & compliance), Smart Planning (che riunisce tutte le attività di pianificazione: dall’approvvigionamento dei materiali all’inventario ecc.) e Smart Integration (tutti quei processi che interagiscono fortemente tra loro, come il Plm che, partendo dallo sviluppo del prodotto, passa dalla produzione per arrivare addirittura alla manutenzione). La maggior parte delle applicazioni individuate fa riferimento all’area Smart Execution, in particolare grazie a tecnologie mature come Internet of Things e Big Data, seguita dalla Smart Integration, mentre decisamente insignificante rispetto alle aziende straniere (la ricerca ha analizzato anche 59 applicazioni su un campione di 55 aziende all’estero) l’area Smart Planning che, secondo i ricercatori del Politecnico, si svilupperà una volta che le tecnologie smart avranno permeato il processo manifatturiero e i sistemi di condivisone dei dati, rendendo così inevitabile l’innovazione delle tecnologie di pianificazione.

Ma uno degli aspetti più interessanti evidenziati dalla Ricerca è che le Smart Technologies portano con sè un modello di adozione fatto da ecosistemi che offrono servizi complementari (tipico della Internet economy di cui queste tecnologie sono figlie), più che da singoli fornitori; i ricercatori dell’Osservatorio hanno individuato tre specifici ecosistemi: quello dell’Industrial Internet (del quale l’IoT è una componente primaria); quello delle piattaforme cloud per l’extended enterprise e la collaborazione dei processi operativi e quello dell’Additive Manufacturing (la realizzazione di pezzi di prodotti o prodotti partendo da polveri dei metalli di base e fuse insieme uno strato dopo l’altro da un fascio di luce laser o di elettroni)

La necessità di un piano nazionale di sviluppo

Concludiamo ritornando sulle perplessità sollevate da Perego per ricordare che la Germania nel 2011, primo paese a livello mondiale a farlo, ha definito una strategia nazionale a sostegno della digitalizzazione della manifattura. Nel 2012, gli Usa hanno costituito la Smart Manufacturing Leadership Coalition, organizzazione privata no profit per favorire la collaborazione tra aziende, enti di ricerca, università e organizzazioni di produttori nella ricerca e nello sviluppo di standard, piattaforme e infrastrutture per l’adozione dello Smart Manufacturing. High value Manufacturing invece è il nome di un’iniziativa analoga varata dal Regno Unito. In Italia, su spinta del Miur, si è costituito, sempre nel 2012, il Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente, un’associazione senza fini di lucro che ha tra i suoi obiettivi la realizzazione di progetti di ricerca pre-competitiva destinati allo sviluppo di tecnologie abilitanti per diversi settori industriali. “Considerando però che l’Italia è il secondo paese manifatturiero europeo e che questo comparto rappresenta con il suo indotto il 20% della ricchezza del Paese, sarebbe auspicabile da parte delle istituzioni un’attenzione su questi temi simile a quella dimostrata dall’esecutivo tedesco con il suo programma nazionale – ha concluso Miragliotta, che ha aggiunto: “L’Osservatorio ha anche l’obiettivo di sensibilizzare ulteriormente le imprese, i fornitori di tecnologia e le istituzioni verso un programma di intervento che goda poi del supporto dell’esecutivo”.

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