Sanità digitale: servono standard e integrazione

L’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano evidenzia luci, come la lieve crescita degli investimenti nella Sanità dopo anni di tagli, e ombre, rappresentate da una spesa per la digitalizzazione ancora al di sotto della media europea. Servono misure di concertazione e standardizzazione. Per una domanda, proveniente dai cittadini, che comincia ad avere aspettative digitali ineludibili.

Pubblicato il 12 Lug 2016

Come le esperienze internazionali evidenziano, lo sviluppo di un Sistema Sanitario moderno e sostenibile deve passare attraverso una profonda trasformazione tecnologica e organizzativa, dove la digitalizzazione ha un ruolo centrale. In Italia uno dei freni è la grande frammentazione della governance, che vede la dialettica fra Ministero della Salute, Regioni e aziende sanitarie. Nell’ultimo anno si è assistito a un tentativo di raccordo della programmazione e delle politiche regionali con il Patto per la sanità digitale con alcune priorità: il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), la ricetta elettronica, la telemedicina e il raccordo fra assistenza ospedaliera e sul territorio, l’avvio del piano sulla cronicità supportato da soluzioni Ict.
Affinché la sanità digitale diventi però una realtà diffusa e strutturale, serve standardizzazione e integrazione e la capacità di sviluppare un ecosistema integrato (medici di base, farmacie, territorio, cittadini), capace di cogliere e, al tempo stesso stimolare, l’evoluzione digitale della società. Se ne è parlato nello scorso convegno di presentazione dei dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano (per un confronto con i dati 2014 vai all’articolo "Una cura digitale per la Sanità italiana").

La ricerca si basa su un’analisi empirica che ha coinvolto circa 210 attori (Cio, Direttori Generali, Direttori Amministrativi, Direttori Sanitari e Socio Sanitari) in rappresentanza di oltre 160 As, 10 Referenti Regionali e 656 Medici di Medicina Generale e 1000 cittadini, statisticamente rappresentativi della popolazione italiana e ha registrato nel 2015 progressi sulla via della digitalizzazione: è stato dematerializzato il 40% dei referti (il 16% dei quali consegnato online al cittadino) e il 9% delle cartelle cliniche. Le principali funzioni presenti diffusamente nelle strutture sanitarie sono la consultazione referti e immagini (78%), informazioni di riepilogo sul paziente (53%), order management (59%).

Figura 1: I servizi on line offerti al cittadino

fonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità School of Management del Politecnico di Milano

Il principale ambito di investimento delle aziende sanitarie (As) è stato la Cartella Clinica Elettronica con 64 milioni di euro (+10% rispetto al 2014), una cifra che dovrebbe crescere del 43% nel 2016, mentre per i sistemi di front-end si sono spesi 61 milioni, per il disaster recovery 48 milioni, per la gestione delle risorse umane 39 milioni, per la gestione informatizzata dei farmaci 26 milioni.
Ma non è sufficiente. L’Ict della sanità resta troppo costoso e disomogeneo.

Voglia di coordinamento

La problematicità della situazione è indicata dal sondaggio condotto fra i partecipati al convegno “Sanità digitale: non più un miraggio, non ancora realtà”, in occasione della presentazione del report: la gestione delle risorse dovrebbe essere attribuita per il 42,5% alle Regioni, per il 30% al Ministero della salute e per il 27,5% alle Aziende sanitarie. Ricordiamo che nel 2015, il 70% degli investimenti è stato di competenza delle strutture sanitarie, quasi il 24% delle Regioni e poco più dell’1% del Ministero della Salute. Questa distribuzione contrasta con la necessità di razionalizzazione e centralizzazione indispensabile per ottimizzare la spesa, uno dei temi di dibattito della giornata di lavori.
“A livello tecnico c’è interesse affinché ci sia la massima concertazione fra centro e periferia per individuare una decina di aree su cui identificare le tecnologie abilitanti. Le stesse Regioni richiedono un ruolo più incisivo del Ministero per la parte regolamentatoria, con la condivisione ad esempio di procedure e modulistica”, ha dichiarato Massimo Casciello Direttore Generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ministero della Salute. In modo esplicito, Lorenzo Gubian, Responsabile Settore Sistema Informativo SSR – Area Sanità e Sociale, Regione del Veneto ha ricordato che la mancanza di standard e l’eccesso di personalizzazione genera costi non più sostenibili. Servono dunque accordi quadro fra Aziende Sanitarie e Regioni e fra Consorzio delle Aziende sanitarie e Ministero della Sanità, a partire dalle esperienze sviluppate, per riscrivere i processi e immaginarne di nuovi. “Il vero problema è che anche per i processi che potevano essere standardizzati abbiamo lasciato ad ogni azienda la possibilità di fare come meglio credeva – precisa Gubian – La conseguenza è un It della sanità troppo costoso; andrebbero definiti standard di cooperazione fra applicativi che aiuterebbero anche ad evitare il vendor lock in e a spostare la competizione sul mercato, superando le rendite di posizione conquistate”.
“È finito il tempo in cui ogni primario richiedeva software ad hoc basato sulle proprie esigenze”, incalza Casciello, ricordando la definizione di tavoli di coordinamento da parte del Ministero. Non si tratta dunque di togliere budget ai direttori della AS, ma indicare linee guida e definire obiettivi.

Integrazione socio-sanitaria per diminuire i costi e aumentare il benessere

Una delle aree a cui andrebbe prestata maggiore attenzione è, per esempio, l’integrazione ospedale-territorio, che potrebbe rappresentare una soluzione vincente per ridurre i costi della sanità, prevenendo i ricoveri.
Ma per la telemedicina e le soluzioni Ict per la medicina sul territorio e assistenza domiciliare, sono stati ridotti gli investimenti e sono ritenute rilevanti solo dal 21% e 19% rispettivamente, dei direttori delle Aziende Sanitarie.

Figura 2: Utilizzo e interesse dei cittadini per i servizi online fonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità School of Management del Politecnico di Milano

Luca Baldino, rappresentante Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) e Direttore Generale, Ausl Piacenza, indica alcuni obiettivi portando ad esempio la cronicità, che riguarda o riguarderà nei prossimi anni un sesto della popolazione: “La sfida dei prossimi 5 anni è portare all’interno dei percorsi di cura, che devono avvenire soprattutto al di fuori dell’ospedale, il 50% dei cronici che oggi non li seguono, attraverso un’integrazione sociosanitaria immaginabile solo con sistemi informativi adeguati”.
Segnali positivi arrivano dai cittadini, secondo una ricerca svolta dall’Osservatorio in collaborazione con Doxa, con un boom nell’utilizzo di servizi sanitari online concentrato soprattutto nella popolazione di età tra i 35 e i 54 anni. Nel 2015, il 26% ha prenotato online esami e visite (+85% rispetto all’anno precedente), il 15% ha effettuato la consultazione di documenti clinici (+88%) e il 14% (+180%) il pagamento delle prestazioni sanitarie. Sempre più cittadini (16%) dichiarano di utilizzare i canali digitali per comunicare con il medico di base, un valore triplicato rispetto allo scorso anno, come conferma una ricerca svolta in collaborazione con Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e Doxapharma. Utilizza l’email l’83% dei medici per comunicare con i pazienti, il 70% Sms e il 53% WhatsApp (+33% rispetto all’anno precedente). “Il medico è aperto all’innovazione: se c’è sponda, accetta la sfida della digitalizzazione”, sostiene Paolo Misericordia responsabile Centro Studi Fimmg, come conferma la maggiore propensione dei medici del Nord Italia a utilizzare portali di referti, là dove sono disponibili, e la diffusione al 70% a livello nazionale della ricetta elettronica: “Dietro la ricetta c’è il medico di medicina generale”.
Medici di base e farmacie possono inoltre essere di stimolo anche per la diffusione del FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico), ancora poco usato solo dal 5% dei cittadini mentre il 32% ne ha già sentito parlare, il 23% sa di cosa si tratta e l'8% ha cercato informazioni a riguardo. “Le farmacie possono rappresentare uno snodo fra cittadino e sanità digitale”, sottolinea Antonio Recchia, Direttore di Federfarma Lombardia che ricorda i buoni risultati raggiunti anche per le prenotazioni di visite ed esami dalle farmacie che svolgono il ruolo di Cup (Centro Unico Prenotazione), cresciuto del 25%. Da queste considerazioni emerge dunque che i cittadini e la società sono pronti per la Sanità digitale ma le strutture sanitarie e Regioni devono saper sviluppare strategie omnicanale progettando servizi fruibili attraverso sportelli fisici, sportelli self-service presso la struttura sanitaria o presso farmacie e supermercati, siti web e App. Ci sono sempre meno scuse per i ritardi nella digitalizzazione di un settore chiave come quello sanitario.

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