Caso Utente

Gestire le risorse sanitarie sfruttando i Big Data: il caso della Regione Veneto

Grazie alla soluzione Adjusted Clinical Groups sviluppata dalla Johns Hopkins University, la Regione Veneto, sfruttando i Big Data, è in grado oggi di classificare la popolazione in gruppi omogenei per tipologia di malattie e consumo di risorse assistenziali, con grandi vantaggi per i cittadini, meglio assistiti e curati, e per chiunque debba prendere decisioni nel contesto della Sanità Pubblica.

Pubblicato il 07 Set 2015

Se c’è un ambito importante nel quale la gestione di Big data può produrre grande efficacia, questo è l’ambito pubblico. Se parliamo di Sanità, poi, l’efficienza e l’efficacia assumono valori che vanno ben oltre l’elemento di risparmio. È il caso del progetto Acg (Adjusted Clinical Groups) della Regione Veneto, illustrato durante la scorsa edizione di Health IT 2015, evento organizzato da IIR – Istituto Internazionale di Ricerca.
Obiettivo dell’iniziativa, una mappatura dei variegati bisogni di salute espressi dal territorio per capire quali sono, nelle varie zone della regione, le “tipologie di paziente” prevalenti, le malattie più frequenti e, di conseguenza, quantità e qualità di farmaci più impiegati e spese connesse. Informazioni utili, oltre che per misurare i bisogni di salute della popolazione e migliorare la qualità delle cure, per costruire modelli predittivi del consumo di risorse, valutare le performance delle Aziende Ulss (Unità Locale Socio Sanitaria), evitare gli sprechi e favorire un’equa distribuzione delle risorse disponibili.
Il progetto è partito nel 2012 in via sperimentale limitandosi alle Ulss 20 di Verona e 16 di Padova; l’anno successivo è stato esteso ad altre 4 Unità locali e tra il 2014 e il 2015 è arrivato a coinvolgere tutte le Ulss del territorio veneto.

Come funziona: 93 raggruppamenti per profilo di salute e 6 categorie economiche
Acg, soluzione di management sanitario sviluppata dalla Johns Hopkins University, School of Hygiene and Public Health di Baltimora, è in grado di elaborare i dati a disposizione della regione (in gran parte provenienti dai flussi informativi delle stesse Ulss; ricordiamo, tra le fonti, i ricoveri, la specialistica ambulatoriale, la farmaceutica, il pronto soccorso, l’assistenza domiciliare), raggruppare le diagnosi di malattia e l’uso di farmaci in insiemi clinicamente coerenti, e in conclusione “clusterizzare” la popolazione in 93 gruppi omogenei per profilo di salute e consumo atteso di risorse assistenziali; questi gruppi vengono quindi suddivisi in 6 categorie secondo un criterio strettamente economico: vengono aggregati quelli a cui sono associate cure similmente dispendiose.

Figura 1 – Popolazione e costi suddivisi nelle 6 macro-categorie individuate da Acg
Fonte: Progetto ACG (Adjusted Clinical Groups)

È interessante notare che il peso economico dei gruppi è estremamente variabile, se si considera che, come ha fatto notare nel corso della sua presentazione Maria Chiara Corti, Medical Director per la Regione Veneto, che ha supervisionato il progetto Acg, il 20% della popolazione, appartenente alle 3 categorie più critiche, assorbe il 75% delle risorse a disposizione (Figura1): il dato rende chiaro quanto per una Ulss possa fare la differenza dover far fronte alle esigenze di persone appartenenti a categorie differenti, e quanto dunque sia prezioso, per chiunque sia coinvolto nella gestione o nel controllo di tali Aziende sanitarie, avere uno strumento in grado di fornire questo tipo di informazione.

Andare oltre il contesto ospedaliero
Alcuni in particolare sono gli elementi da mettere in evidenza:
1) Diversamente da altri strumenti che basano il raggruppamento su episodi di cura [servizi di assistenza sanitaria legati a un certo periodo di tempo, di solito quello della degenza in ospedale, e legati a un singolo problema di salute – ndr], il sistema Acg considera, grazie alla varietà dei dati analizzati, il complesso delle patologie che la persona sperimenta nel suo percorso, dentro e  fuori dal contesto ospedaliero. In assonanza con quanto indica anche il Piano Socio-Sanitario 2012-2016 della Regione Veneto, la scelta è dunque quella di evitare che l’ospedale divenga l’epicentro del sistema, dal momento che la popolazione sperimenta ormai la maggior parte dei propri percorsi di cura al di fuori di questa struttura. Rispetto a questo tema, Corti sottolinea come sia peraltro importante incentivare la diversificazione dei luoghi in cui il paziente viene assistito, agevolando anche realtà extra-ospedaliere: “Dobbiamo curare le persone prevalentemente al proprio domicilio e nei casi idonei, sfruttare le strutture di ricovero intermedio, gli ospedali di comunità [struttura residenziale in grado di erogare assistenza sanitaria di breve durata, riservata a quei pazienti che, pur non presentando patologie acute ad elevata necessità di assistenza medica, non possono tuttavia essere assistiti adeguatamente a domicilio – ndr] e gli hospice [struttura di ricovero e assistenza per malati terminali, utilizzata insieme ai servizi ospedalieri in programmi di cure palliative – ndr], in modo da distribuire le persone sulla base delle esigenze che le diverse condizioni mediche richiedono”.

2) In Sanità il concetto di malattia unica non esiste più: “La norma è diventata la multimorbilità”, dice Corti, che quindi spiega: “La popolazione anziana, che è il destinatario principale dei nostri interventi di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, non è una popolazione affetta da patologie singole”. Nel complesso, come rivelano i dati, solo il 50% degli uomini e il 35% delle donne ha zero o una sola patologia; tutto il resto della popolazione ne ha due o più (Figura 2).

Figura 2 – Distribuzione in percentuale del numero di patologie in uomini e donne.
Fonte: Progetto Veneto Anziani (1994-2004)

“Ci siamo resi conto – prosegue Corti – che gli strumenti utilizzati per anni per curare le malattie acute singole non sono gli stessi che ci servono per curare le malattie croniche che si ritrovano compresenti nello stessa persona”. I processi di cura risultano in questo secondo caso più frammentati e costosi. Dato il futuro aumento del numero di anziani previsto nelle stime demografiche, avere un sistema come quello adottato dalla Regione Veneto, che aiuti a mappare e gestire questa complessità crescente, è di evidente importanza.

3) Rispetto al tema dei dati, Acg attinge, come accennato, da svariate fonti disponibili. “Cerchiamo di raccogliere il più possibile e utilizzare in modo intelligente i dati che il paziente dissemina durante il suo percorso sanitario – dice Corti – Tuttavia solo il 20% di questi è effettivamente utilizzabile: il restante 80% non è raccolto in modo strutturato, e risulta quindi impossibile da elaborare dal sistema”. Una delle sfide, quindi, che è necessario affrontare, è quella di riuscire a generare il più possibile dati in grado di essere elaborati dal sistema e grazie a cui si potrà rendere la mappatura del territorio sempre più precisa.

Cure migliori per i cittadini, azioni preventive e distribuzione delle risorse
Il sistema, sfruttando il meccanismo dei raggruppamenti per profilo di salute, è dunque in grado di censire la distribuzione delle patologie nel territorio. Utilità primaria di tale funzione, riconoscere la maggiore o minore concentrazione di malattie nei diversi luoghi geografici, in mondo tale che ogni gruppo di assistiti, misurato nella sua esperienza totale di malattie, singole o multiple, attraverso dati non solo ospedalieri, potrà essere meglio curato. Non solo diventa infatti possibile conoscere i bisogni di salute dei cittadini, ma anche calcolare i rischi legati all’insorgere delle patologie: sul piano dell’organizzazione delle strutture, il sistema sanitario può infatti muoversi in modo preventivo, gestendo così al meglio le peculiarità del territorio di pertinenza.

Maria Chiara Corti, Medical Director per la Regione Veneto

Il progetto Acg inoltre, una volta identificati i gruppi di soggetti con bisogni assistenziali più complessi, offre l’opportunità di inserire queste persone in programmi professionali di “case management” [progettazione e coordinamento dei servizi di assistenza sanitaria adeguati per raggiungere l’obiettivo della riabilitazione medica – ndr] come il “Guided Care” che, a valle di un adeguato percorso formativo rivolto a medici e infermieri coinvolti, propone modelli assistenziali innovativi per il territorio che vedono protagonisti, lavorando in modo sinergico, il Medico di Medicina Generale, l’infermiere territoriale che fa base nell’ambulatorio del medico e la famiglia dell’assistito.
Ma l’utilità dello strumento è estrema, oltre che sul piano medico, anche su quello della gestione delle risorse, per chi deve prendere decisioni nel contesto della Sanità Pubblica: “Essendo Acg in grado di mappare la distribuzione dei pazienti associati ai gruppi e alle 6 macro-categorie – spiega Corti -possiamo facilmente renderci conto dei costi reali che gravano sulle singole Ulss”. Migliorano dunque le previsioni di spesa, ma anche la gestione degli approvvigionamenti: “Diventa veloce capire di che tipologia di farmaci e apparecchiature ciascun ente avrà in prospettiva maggiormente bisogno”.
Ricordiamo infine che lo strumento è utile per attivare meccanismi di controllo anche sui medici di base: diventa infatti possibile verificare con una buona precisione se il medico che produce spese particolarmente alte, ovvero che effettua prescrizioni a cui corrispondo costi fuori dalla media, è effettivamente “giustificato”; basterà verificare che i pazienti che ha in carico appartengano effettivamente a gruppi clinici dal peso economico maggiore.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 5