Green Ict Strategies: l’offerta ha le proprie responsabilità

Tecnologie disponibili, ottimizzazione dei processi delle aziende utenti, interventi di riduzione di impatto ambientale nella società, crescita culturale. Da differenti prospettive e business, tutti i vendor Ict oggi guidano, attraverso la loro offerta, la crescita di una Information and Communication Technology sempre meno inquinante per l’ambiente. Tutto questo partendo dalle due risposte, molto chiare agli utenti, alla domanda: “perché il green?”. Perché porta efficienza e risparmio di costi

Pubblicato il 30 Giu 2010

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Non c’è ormai alcun dubbio che nelle strategie dei vari attori Ict all’opportunità Green sia posta, in modo diffuso e prioritario, una grande attenzione. Ma altrettanto indubbio è che nell’interpretare tale opportunità giochi il Dna del singolo vendor: a seconda dell’ambito nel quale opera (fra hardware, middleware, software, networking o nelle tecnologie dei microprocessori) tenderà a valorizzare e sviluppare i propri punti di forza “core”, almeno quelli che valuta rilevanti per l’opportunità green. Di qui le proposte, le iniziative e i progetti più disparati: tutti cittadini di diritto del green computing. Per riuscire a orientarsi in questo ampio ventaglio, ZeroUno ha cercato di mappare e suddividere in categorie il variegato nel caleidoscopio dell’offerta. Nella nostra indagine ci siamo focalizzati su alcune macro-categorie Ict, identificando all’interno di ciascuna gli operatori che sono apparsi come i più propositivi nei loro ambiti di attività.
Nella categoria Hardware e Middleware abbiamo analizzato operatori come Ibm, Hp, Dell, Fujitsu, Emc, Apc e, per quanto riguarda più specificatamente il mondo stampanti, Canon, Epson e ancora Hp; per il Networking ci siamo focalizzati su Cisco e Hp; in ambito Software abbiamo Microsoft e Oracle; in un approfondimento sui Microprocessori l’attenzione si è ovviamente rivolta a Intel e Amd.

Le categorie di Green Computing
Prima di addentrarci nell’analisi dei singoli attori, ricordiamo come Forrester definisca il Green It aziendale: “L’insieme di quegli asset tecnologici, servizi e best practice operative che consentono alle aziende di ridurre impatti ambientali dannosi, centrando allo stesso tempo gli obiettivi finanziari e controllando i rischi, all’interno e al di fuori dell’It.”
Per definire l’impatto dell’It nonché gli ambiti “green” di attività è determinante comprendere cosa sta “all’interno” e “al di fuori” dell’It stesso. Ci aiutano in questa prima classificazione le figure 1 e 2 elaborate da Forrester nelle quali la tematica Green viene declinata in quattro categorie di opportunità, ciascuna realizzabile al punto di equilibrio fra Information technology e sostenibilità.

Figura 1 – Gli ambiti green di attività
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

Partiamo dalla figura 1 dove “all’interno” dell’It corrisponde in figura a Green It 1.0 ossia l’insieme di quegli asset tecnologici, servizi e best practice relativi all’infrastruttura e alle operazioni It aziendali, che si possono ulteriormente suddividere in due livelli: 1) data center e facilities ; 2) distributed It.
“Al di fuori” dell’It è rappresentato in figura da Green It 2.0, dove vengono capitalizzati asset tecnologici, servizi e best practice per incrementare la sostenibilità green delle operazioni aziendali e della vita sociale in generale. Anche in questo caso abbiamo due livelli sottostanti: 3) processi e applicazioni business aziendali fuori dell’IT (come supply chain, telelavoro, automazione processi); 4) infrastruttura pubblica, che sfrutta in senso green la capacità It di creare sistemi di trasporto efficienti, smart grid per la potenza elettrica, comunità che funzionano in economia green.
Naturalmente il modo di relazionarsi di questi quattro livelli tra loro è complesso e frastagliato: ce ne dà un’idea la figura 2 che rappresenta l’area in cui i livelli si collocano in funzione del tipo di implementazione green (variabile fra gli estremi “implementazione effettiva” o “concettuale”) e del grado di focalizzazione (variabile da “solo locale” a “pubblica”).

Figura 2 – Mappa delle opportunità green
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L’area più fisica e locale è occupata da data centre e facilities (livello 1) e distributed It (livello 2); quella più concettuale da processi business e strategia (livello 3); quella più globale da infrastruttura pubblica e policy (livello 4).
Passiamo ora all’analisi dei singoli attori cercando di posizionarli sulla base delle categorie sopra identificate.

IBM
Approccio olistico alla sostenibilità del business

Nel Green computing, la scelta strategica di Ibm è di farsi paladina non di una politica aziendale graduale, stile “un po’ alla volta”, settore per settore, ma anzitutto di un approccio olistico generale con un piano “sistemico per minimizzare costi, consumi in energia e acqua, emissioni di Co2, e produzione di scorie e rifiuti”. Un piano che, in particolare per l’energia, promuova un governo sostenibile, in grado di rendere “green” non solo l’infrastruttura del data center e dell’insieme dei dispositivi It, al centro o distribuiti che siano, ma l’intera infrastruttura d’insieme degli edifici in cui l’azienda risiede.
È in Data Center e Facilities, il livello 1 di Forrester, che risalta l’approccio olistico alla gestione energetica sostenibile di Ibm. Il punto è che per ridurre i costi, alleviare i problemi operativi, e prepararsi a norme emergenti, l’obiettivo deve essere poter monitorare e gestire qualsiasi tipologia di infrastruttura dal punto di vista dei consumi energetici  (dagli edifici aziendali, al data center, agli ascensori, condizionatori, sistemi di allarme ecc.). In quest’ambito troviamo Ibm Data Center Family (soluzioni modulari e mirate a differire fino al 40% dei costi capitali e operativi), e Ibm Tivoli Monitoring for Energy Management (per il monitoraggio, la gestione e l’ottimizzazione dei consumi energetici It).
A livello 3, Business Process e Strategie, l’idea di Ibm è aiutare le aziende a creare pratiche di business ecosostenibili: ridurre i costi operativi, prosperare in nuovi mercati, progettare nuove operazioni business e catene del valore, il tutto minimizzando l’impatto ambientale.  Non rivolgendosi alla “sola” Ibm Gs, che “riconosce i confini delle proprie competenze core” ma nell’ambito di “alleanze e partnership con i membri fondatori” della Coalizione Green Sigma (oltre a Ibm, Abb, Cisco, Eaton, Ess, Honeywell, Johnson Controls, Sap, Schneider Electric e Siemens). La Coalizione Green Sigma propone di applicare le metodologie Six Sigma (qualità totale) alla rimozione o alla riduzione degli impatti ambientali avversi agli obiettivi di business, monitorando in tempo reale le attività e lavorando con dashboard e strumenti analitici per arrivare a conclusioni e a decisioni utili ed esportabili.
Oltre le operazioni individuali dei singoli business, a livello 4 ci sono le infrastrutture di servizio di pubblica utilità. “Ibm lavora con varie organizzazioni per creare sistemi intelligenti che ottimizzino le risorse critiche (come energia e acqua) a livello macroscopico”. Ecco lo smart grid energetico, parte della più ampia strategia “Smarter Planet”per automatizzare, monitorare e controllare un flusso di energia (e di informazione) dall’impianto di produzione al consumo, e abilitare il consumatore a gestire l’utilizzo dell’energia sulla base di una nuova catena del valore dell’energia stessa, come rappresentata in figura 3. Oppure ecco i sistemi di trasporto intelligenti, che ottimizzano il flusso del traffico contenendo nel contempo le emissioni di CO2 o i sistemi di gestione avanzata del consumo di acqua, basati su analisi predittive.

Figura 3 – La catena del valore dell’energia tradizionale e quella emergente per ridurre il consumo energetico
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

HP
La green business technology

Anche Hp ha un approccio olistico alla sostenibilità del business, con minore enfasi sulla necessità di traghettare il modello stesso di business del cliente verso una nuova efficienza eco-sostenibile, ma con un maggiore focus sul ciclo di vita degli asset It forniti al cliente, e sull’ottimizzazione dell’efficienza energetica, dal disegno del prodotto, alla gestione operativa, al suo riciclo e riuso. Un esempio su tutti, l’aver cominciato in casa propria centrando già l’obiettivo che nel 2005 Hp si era data per il 2010: ridurre del 25% consumi energetici ed emissioni di gas serra. Fortune del resto colloca Hp fra i primi dieci “Giganti Green”, quale “industry leader della Silicon Valley da lunga data, per eco sensibilità”, con i suoi impianti di riciclaggio di massa che mensilmente trattano migliaia di tonnellate di rifiuti elettronici estraendone acciaio, plastica, mercurio, metalli rari.
Quella che Hp chiama Green Business Technology Initiative copre con tutto un portafoglio di tecnologie e servizi sia le sfide tecnologico-ambientali (il livello 1 e 2 di Forrester) che (sia pur embrionalmente attorno ai servizi e alle tecnologie Hp) la trasformazione ecologica dei processi di business (livello 3) e la strategia Hp per il business green in armonia con l’ambiente (livello 4).
La strategia per l’ambiente della Green Business Technology si fonda sul Design for Environment (DfE) del singolo prodotto, processo o impianto ingegnerizzato da Hp: in ogni team di sviluppo è presente uno “steward ambientale” che protegge tre priorità di ottimizzazione: efficienza energetica (meno energia per produrre e  usare il prodotto), innovazione materiale (minor impatto ambientale e maggior valore a fine vita), disegno per la riciclabilità.
A livello 1 (Data Center e Facilities), Hp fornisce tecnologie e servizi riferibili a un computing sostenibile per estendere la capacità del data center, aumentare l’efficienza energetica, garantire la continuità di business, che vanno dalla consulenza/disegno/assurance delle facilities, all’energy efficient network o storage, dal data center power & cooling, al power management and protection systems, all’assessment dell’integrity thermal logic che “riduce l’energia totale consumata, recupera capacità, estende la vita del data center”. E punta particolarmente all’offerta di tecnologie e servizi per ridurre il consumo di risorse (asset recovery services, output management solutions) e al supporto per la conformità a normative di smaltimento ed emissioni (programmi di riciclo e riuso). Hp ha i presupposti anche per una gestione energetica dell’infrastruttura aziendale d’insieme, It e Facilities: con Procurve ormai integrata organicamente e la recente acquisizione di 3Com, Hp si è rafforzata sul versante networking e dovrebbe poter competere con la coalizione Green Sigma (l’asse Ibm-Cisco).
A livello 2 (Distributed It) c’è tutta una serie di proposte Hp per l’end user computing sostenibile: di rilievo le tecnologie Energy efficient desktop e netbook (i Pc di Hp sono stati i primi a conformarsi allo standard Energy Star dell’Environment Protection Agency statunitense), thin client e le soluzioni di telepresence Halo. Per l’universo stampanti, la proposta si racchiude sotto il “cappello” Hp Eco Solutions, in particolare Energy & Paper Reduction Tools and Tips e il programma per incrementare l’efficienza e ridurre l’impatto ambientale del printing aziendale.
Le linee d’azione con cui Hp si propone a livello 3 (Business Process and Strategy) sono: aiutare i clienti ad adattarsi al computing sostenibile; ridurre l’impatto dell’It in termini di emissioni presso le aziende clienti (consolidamento, virtualizzazione e pooling di risorse in Cloud privati o pubblici; nuove tecnologie a basso tenore di carbonio); creare una supply chain green (cui Hp impegna i propri partner).
A livello 4, Hp sottolinea come “allineare i propri obiettivi business con i propri impatti sulla società e sul pianeta” sia uno dei suoi sette obbiettivi corporate.

DELL
Oltre all’efficienza, la rinnovabilità dell’energia consumata

Secondo Dell, il green computing sta tutto in quattro proprietà: 1) architettura scalabile (consolidamento, virtualizzazione, integrazione del system management, disegno modulare per facilitare gli upgrade e aumentare la riciclabilità) e “green” (aperta al refresh/upgrade di dispositivi It e Power&cooling); 2) configurazione e consegna efficienti (riduzione dei tempi di transito e ottimizzazione del materiale di imballo); 3) ingaggio dei partner a una politica carbon neutral ed empowerment del cliente con programmi di comunicazione (Direct2Dell e IdeaStorm; 4) Product Recovery e Recycling (programma su scala globale di riuso e riciclo con ampia gamma di servizi, dal Disposal, alla Donation, alla Value Recovery). “Dal momento in cui concepiamo e disegniamo un prodotto, a quello in cui viene responsabilmente riciclato, cerchiamo di minimizzare l’impatto della nostra compagnia sul mondo attorno a noi, e abilitare i nostri clienti a unirsi a noi”, ha dichiarato Michael Dell. In particolare, l’Energy saving hardware design, si è tradotto con gli ultimi nati delle linee di server Poweredge in un aumento del 300% della potenza di calcolo erogata per watt (sia pure anche per effetto dei chip quadcore Nehalem di Intel), dei desktop OptiPlex e dei notebook Latitude in un 70% energia consumata in meno rispetto ai precedenti modelli.
Ciò che differenzia Dell rispetto ad altri competitor è l’obiettivo dichiarato di “arrivare a usare elettricità  generata al 100% da fonti pulite e rinnovabili. Oggi è già al 35% di questo target in Usa e al 20% globale” (Tod Arbogast, Direttore Sustainable Business Dell, intervistato da Forbes). E per essere carbon neutral per il restante 65%, compra crediti energetici rinnovabili verificati da terze parti.  Un’altra particolarità ecologica: la scoperta del bambu come risorsa  naturale rinnovabile per gli imballaggi.

FUJITSU
Apriamo gli occhi e facciamo un discorso pratico

L’approccio di Fujitsu è molto pratico.  Serve il Green: un singolo server ha bisogno per funzionare di 10 volte il suo peso solo in componenti chimici e combustibile fossile; ogni ora l’It produce 4.000 tonnellate di rifiuti e il 70% dei rifiuti “speciali” mondiali. Negli ultimi 10 anni i server sono cresciuti di cento volte e con un’alta percentuale di innovazione-obsolescenza, che rende il “refresh” un ulteriore acceleratore dei rifiuti It.
Nell’ambito data center è noto che la maggior parte dell’energia consumata dall’It serve a far funzionare l’hardware e raffreddarlo. Di qui il Dynamic Data Center proposto da Fujitsu: automazione, virtualizzazione e standardizzazione, che abilitano il “rightsizing” delle risorse It anziché dimensionarle sui picchi e tenerle inutilizzate. E Fujitsu ci crede: ha lanciato la campagna –40% costi operativi e impatto ambientale.
L’altro ambito affrontato dall’azienda è quello di personal computer, storage, monitor con più performance per watt: grazie anche a Intel e Amd, il consumo di energia di un Pc Fujitsu è stato ridotto, già nel 2008, del 50%.
Infine, nel triennio 2007-2010 è partito il Green Policy Innovation, vedi figura 4, con l’obiettivo di ridurre di 7 milioni le tonnellate di CO2 prodotte nel mondo dall’It, attraverso il servizio di Green Infrastructure Solution proposto per il disegno e l’implementazione di data center ad alta efficienza energetica.

Figura 4 – La Green Policy Innovation è strategia Fujitsu per ridurre la quantità di emissioni di CO2
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

CISCO
La gestione unificata dell’energia per It e facility

È  l’infrastruttura aziendale d’insieme che va resa green, il che può avvenire solo misurando e gestendo l’energia consumata in tutti i “punti di consumo” siano essi parte dell’infrastruttura It o degli impianti aziendali generici (Facility). Obiettivo: l’ottimizzazione globale di quelle che Cisco chiama le due “facce” dello stesso edificio business.
E sarà in posizione strategica per farlo proprio quel vendor, Cisco (ça va sans dire), che controlli le due reti It e Facility, facendo convergere la gestione su “un’unica piattaforma” che riesca a vedere e controllare con protocolli standard un portafoglio di tecnologie, tanti quanti sono i diversi punti di consumo (dai sensori di temperatura di una stanza o di pressione di un’unità di raffreddamento, alle lampadine, alle unità di video sorveglianza). E a gestire in modo intelligente un portafoglio di servizi di Business Energy Management (Bem), siano essi It per l’azienda occupante l’edificio o appartengano all’infrastruttura dell’edificio stesso. Il mezzo fisico di trasporto di questi protocolli? Una nuova intranet dell’energia che interconnetta e bilanci tra loro quattro elementi chiave:  la “convergenza” fra Building System e It, e l’equilibrio dinamico fra domanda e disponibilità energetica; in un bilanciamento intelligente che porta ad una efficienza energetica effettiva del “sistema edificio” (figura 5).

Figura 5 – La proposta di Cisco è un’unica piattaforma che controlli i consumi energetici di tutta l’azienda
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Convergenza significa capacità di integrazione (collaborativa e sicura) in una rete Ip di dispositivi disparati: significa espandere il controllo dei protocolli Ip da quelli Network a quelli It a quelli di Building Control, con crescenti impatti al risparmio di energia.
A questa capacità di integrazione provvede Network Building Mediator (Nbm), “prima soluzione che estende il network come piattaforma a trasformare il modo in cui gli edifici sono costruiti, operati e vissuti”. Il sistema garantisce anche la flessibilità, nella prospettiva di aggiungere ulteriori punti di consumo energetico e/o ulteriori tecnologie. I dispositivi Nbm collegano fino a 5.000 punti di consumo, traducono i dati dai diversi protocolli normalizzandoli in uno standard comune, “protocol agnostic”, aperto, che consente ad applicazioni, servizi cloud e sistemi building/IT di comunicare fra loro. Il network, dunque, come base efficiente per gestire la sostenibilità.
Per governare l’equilibrio dinamico fra domanda e supply di energia di un edificio ai fini di un suo uso intelligente e ottimale, serve un’architettura di “Power management centralizzato, con un Power Control distribuito” ai server e ai client nell’intranet energetico. E un software, Energywise, che si associa nel caso di Cisco al portafoglio di unità di switch Catalyst. Energywise abilita le aziende a misurare il consumo di energia dell’infrastruttura Building System/It e dei dispositivi collegati o che man mano si collegheranno e gestisce il consumo di energia con policy specifiche, arrivando a realizzare una gestione in tempo reale dell’energia consumata da un dato edificio.
Il Power management centralizzato dell’intranet energetico è così abilitato a fare la “discovery” dei dispositivi gestibili da EnergyWise, a monitorarne il consumo energetico e a lanciare azioni sulla base di regole di business per minimizzare il consumo energetico. Le interfacce di gestione di Energywise consentono alle applicazioni di Facility management e di Network management di  comunicare con i punti di consumo e fra loro usando l’internet energetico come un tessuto unificante.

MICROSOFT
Soluzioni per sostenibilità finanziaria ed ambientale

C’è un’edizione intera dell’“Architecture Journal” che Microsoft dedica al green computing nella cui introduzione Lewis Curtis, principal architect del Microsoft Platform Architecture Team scrive ai suoi colleghi per invitarli a riflettere sull’“approccio olistico ad architetture green” con cui il Green It è chiamato a prepararsi a rispondere, su cinque fronti: fisico (sensori wireless per il monitoraggio del data center, High Performance Computing, Progetto Genoma), piattaforma operativa (virtualizzazione e consolidamento), intelligenza sostenibile (dotarsi di un Energy Usage Profile per misurare il consumo di energia a ogni livello, fattore di successo per le pratiche di architettura green), sviluppo applicativo (analisi di sviluppo “power efficient”, e strumenti per la scalabilità senza incappare in sprechi di energia), e infine, naturalmente, la rotta verso il Cloud.
Il messaggio di Microsoft è che è sorprendente come Green It e la bottom line finanziaria possano andare d’accordo, grazie a soluzioni It che offrono “risparmi importanti combinando politiche di conservazione energetica, capacità di migliorare sostanzialmente il workflow e semplificazione (rotta dalla virtualizzazione al cloud)”. E il software per Microsoft gioca naturalmente un ruolo cruciale su tre direttrici: riduzione di consumi e delle emissioni; gestione efficiente dell’energia e dell’impatto sull’ambiente; riorganizzazione dei processi di business.
Decisivo il contributo all’efficienza energetica di sistemi operativi e virtualizzazione: già con Windows Vista le capacità intrinseca di power management del PC riduce il consumo energetico del 30%. E nel contempo, la “Enforced Power Policy” di Vista tiene a freno le emissioni CO2; ulteriori efficienze poi sono garantite con Windows 7 e con la virtualizzazione, che abilita molteplici sistemi operativi a girare in un solo server sotto Hyper-V, ha il potenziale di ridurre i consumi energetici fino al 90% (con 10 server logici in uno fisico), vedi figura 6.

Figura 6 – Riduzione del consumo energetico in ambienti virtualizzati
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

In tema di gestione efficiente dell’energia e dell’impatto sull’ambiente, investire sull’Erp può fare molto per ridurre rischi ed esposizioni associati alla corporate governance, fornendo funzionalità che riducono gli sprechi nel manufacturing e promuovono la sostenibilità ambientale. L’Erp è il naturale punto di partenza se si vogliono monitorare e ottimizzare consumi energetici; il sistema centrato sulla produttività “role based” di Ms Dynamics Ax integra i processi di back-end con software che traccia l’impatto ambientale e, sempre role-based, è disponibile anche un cruscotto ambientale.
Infine la riorganizzazione dei processi di business che impatta positivamente sull’ambiente parte naturalmente per Microsoft dalla Unified Communication, con prodotti come Exchange e Office Communication Server che abilitano la collaborazione e limitano la necessità di viaggi.

ORACLE
Abilitare “l’eco impresa”

Oracle, con l’assorbimento di Sun è ormai un fornitore dell’intero stack tecnologico dall’hardware al software; il suo approccio alle tematiche green è dunque globale assumendosi impegni di riduzione dell’impatto ambientale su tutto l’arco dei prodotti del proprio stack. A partire dal primo motore, le applicazioni Business: in particolare per la supply chain,  per il Governance, Risk and Compliance Management che serve alla Green Compliance, per il Crm selfservice che riduce consumi e sprechi, per Oracle on Demand (che riduce consumi energetici e di spazio). In quest’ambito rientra il Green Content Management che riduce i costi di stampa, spedizione e storage (i vari Universal Content Management, Record Management e Online Archive riducono i consumi). E ci sono naturalmente tutte le pratiche e le tecniche di Grid computing che contribuiscono all’efficienza energetica (virtualizzazione server, storage, consolidamento applicazioni, workload management con i relativi prodotti Oracle), cui si sono aggiunti gli Eco Smart Sun Server and Storage Systems (che garantiscono componenti standard, configurazioni out of the box certificate, massima affidabilità e sicurezza best in class con Tco più basso). Infine il Sustainability Planning, Management and Reporting con cui seguire la cosiddetta tripla bottom line: economica, sociale ed ambientale; in  particolare controllare il “carbon footprint“  su ciascuna delle facility aziendali.

INTEL
La “passione” per un uso intelligente della tecnologia

L’impegno ambientale Intel è concisamente riassunto in “costruiamo prodotti sempre più eco-friendly, che consumano sempre meno energia per transistor, con sempre meno acqua, piombo e alogeni, … e siamo consapevoli che le nostre responsabilità  ambientali vanno ben oltre” (per la pervasività delle tecnologie dei microprocessori). Con quali scelte di fondo? Intel ne indica quattro: Eco-smart computing inside, operazioni eco-responsabili, tecnologia per l’ambiente e iniziative di sostenibilità e policy.
La filosofia dell’eco-smart computing inside è “grazie all’innovazione e a pratiche di business sostenibili, puntare a una Energy efficient performance”, con standard sempre più elevati e consumi energetici decrescenti (a livello Intel Core 2 T9400, di 26 volte).
Intel ha calcolato che la stessa microarchitettura Intel Core in 18 mesi, a fine 2008, aveva “eliminato” a livello mondiale 15 milioni di tonnellate di CO2, e fatto risparmiare 30 terawattore o 2 miliardi di dollari in costi elettrici,  rispetto a Pentium 4 e preXeon. L’innovazione sui microprocessori sta diventando uno degli strumenti più efficaci per la sostenibilità ambientale, vedi figura 7.  Importanti, naturalmente, le varie iniziative Intel in tema di sostenibilità e policy, in collaborazione con governi e comunità locali, gruppi ambientali e il business. Il principio seguito è una continua  rivalutazione del proprio impatto ambientale nel portare avanti gli standard che assicurino una performance energeticamente efficiente.

AMD
Cambiato il modello di business, non l’impegno ambientale

Il 2 marzo 2009, c’è stato lo spinoff del braccio manifatturiero di Amd che, con le fabbriche in Germania, Usa e Singapore,  è diventato GlobalFoundries. Amd si è tenuta il disegno dei microprocessori e continua ad assemblarli (il processo Atmp, alias Assembly, Test, Mark & Pack) e a commercializzarli nel mondo. Un cambio di modello di business per cui, diventata cliente di GlobalFoundries (o di altri produttori), Amd “potrà continuare a influenzarne le performance ambientali ma solo a livello di catena del valore, senza più un diretto controllo”, si legge nella documentazione dell’azienda.
Naturalmente,  in un anno di “grande cambiamento per Amd, ciò che non è cambiato è il suo impegno per la protezione ambientale”.
Significativo il metodo di design for environment, health, and safety (DFEHS) per mitigare il rischio nel disegno di nuovi processi.

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