Istat: la diffusione dell’Ict nelle famiglie italiane

Le indagini relative alla penetrazione e all’utilizzo dell’Ict presso le famiglie che l’Istat pubblica tradizionalmente sul finire dell’anno rappresentano uno strumento importante, anche in virtù dell’ampia base statistica utilizzata, per comprendere lo stato dell’Ict in Italia dal punto di vista degli utilizzatori e per fare qualche riflessione al di là dei dati statistici. Vediamo quali.

Pubblicato il 10 Feb 2010

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L’indagine Istat in relazione alla penetrazione dell’Ict nelle famiglie (“Cittadini e nuove tecnologie”, 28 dicembre 2009), conferma l’alto grado di penetrazione di beni tecnologici maturi, come il televisore (96,1%) e, soprattutto tra quelli meno maturi, il telefono cellulare (90,7%) su cui il nostro Paese ha il primato in Europa. Quest’ultima circostanza è stata peraltro confermata da un recente rapporto dell’Ofcom, l’Autorità inglese delle Telecomunicazioni, secondo la quale in Italia erano utilizzate 155,77 Sim Card ogni 100 persone a fine 2008 contro le 97,66 di fine 2003 e il tempo di utilizzo globale è passato da 52 miliardi di minuti a 97 miliardi di minuti nello stesso periodo.
I dati che si riferiscono a beni meno tradizionali, se così si può dire, risultano, tuttavia, meno positivi. Solo il 54,3% delle famiglie possiede un Pc, anche se il dato risulta in crescita notevole rispetto al 50,1% del 2008; il 47,3% ha un accesso a Internet e il 34,5% possiede una connessione a larga banda, con un aumento sensibile anche in questi due ultimi casi.
Lo stesso Rapporto Istat evidenzia come questa accelerazione nella penetrazione di strumenti Ict non sia sufficiente a colmare il grave ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi Europei, e non solo di quelli più avanzati o a livello di sviluppo comparabile. L’accesso a Internet è, infatti, posseduto dal 53% delle famiglie italiane, contro il 90% dell’Olanda e il 79% della Germania, Paese molto più popolato del nostro, mentre la percentuale di famiglie con accesso a larga banda è limitato nel nostro Paese al 39%, contro percentuali doppie per Svezia (80%) e Olanda (77%) e molto più elevate per i grandi Paesi, come Gran Bretagna (69%), Germania (65%) e Francia (57%) (vedi figura 1).

Figura 1 – Famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiedono un accesso a Internet da casa a banda larga nei principali paesi.
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Le ragioni del ritardo italiano
La disponibilità di accessi a larga banda dipende prevalentemente dalle politiche dell’offerta da parte dei carrier e dalla capillarità dell’infrastruttura, ancora poco estesa ad aree non metropolitane o a zone montane. Al contrario, la relativamente scarsa penetrazione di strumenti tecnologici rispetto alla media europea ha a che fare con fattori relativi alla domanda, ovvero alla struttura demografica e professionale della popolazione, al potere di acquisto delle famiglie, alle differenti propensioni all’acquisto e all’utilizzo, alla disponibilità di servizi on line. Il grado più o meno elevato di omogeneità alla distribuzione di questi indicatori rappresenta il reale livello di maturità nel percorso verso la Società dell’Informatica all’interno di ciascun Paese.
L’Italia presenta una situazione molto disomogenea sul territorio. Gli esempi in questo senso sono numerosi. Pc, accessi a Internet e connessioni a banda larga sono molto diffusi nelle famiglie dove sia presente un minorenne (79%), mentre molto poco diffusi, al contrario, presso le famiglie di soli anziani (7,7%) o le altre famiglie. Questa distanza risulta sensibilmente meno forte quando si consideri il telefono cellulare che è posseduto nel 2009 dal 99,8% delle famiglie con almeno 1 minorenne e per il 64,7% da famiglie di soli anziani.
Un altro parametro di divario è relativo alla differente condizione professionale del capofamiglia, dove, ad esempio, il Pc è presente nell’86,2% delle famiglie di dirigenti o imprenditori, nel 60,9% di operai e nel 33,3% di non occupati. Analogamente a quanto visto sopra, il differenziale di penetrazione diventa meno significativo quando si prenda in considerazione il cellulare (99,7% per famiglie con dirigenti e 82% per quelle con capofamiglia non occupato).
Un altro fattore rilevante è relativo ai differenziali per area geografica, dove, considerando i Pc, il Mezzogiorno appare svantaggiato con una penetrazione del 49,7% sul totale delle famiglie contro, ad esempio il 57,6% del Nord Est. Nelle stesse aree, l’accesso a Internet risulta del 42,3% contro il 50,4%.
L’immagine di sintesi che esce dal Rapporto Istat è quella di un Paese caratterizzato da forti divari interni, da una penetrazione delle tecnologie più innovative a macchia di leopardo, a cui consegue un ritardo grave e sempre più difficilmente colmabile rispetto agli altri Paesi.
Ma la vera dimensione del ritardo del nostro Paese la si può verificare osservando l’intensità e i profili di utilizzo delle tecnologie da parte di famiglie e individui. Il picco di utilizzo di Pc e Internet si ha tra i giovani tra gli 11 e i 19 anni con un tasso rapidamente decrescente al crescere dell’età. L’utilizzo si mantiene relativamente elevato sino alla fascia 25-34 anni per poi calare soprattutto presso la popolazione femminile, nonostante il luogo privilegiato di utilizzo del Pc sia la propria casa (88,6% contro il 38,8% relativo al luogo di lavoro). L’accesso a Internet in mobilità sembra ancora relativamente ridotto, anche se l’utilizzo del portatile in collegamento WiFi è passato in un solo anno dal 22,1% al 32%, sintomo del fatto che l’intensità e la frequenza di utilizzo dipende anche dalla presenza di una infrastruttura diffusa e veloce disponibile.

Come si utilizza internet
Ancora più interessanti per capire come sia fatta l’Italia dell’Ict sul versante delle famiglie e degli individui risultano essere i dati relativi agli utilizzi di Internet che appaiono prevalentemente finalizzati a comunicare, a cercare informazioni e, in misura minore, ad effettuare acquisti on line (vedi figura 2).

Figura 2 – Persone di 6 anni e più che hanno utilizzato Internet negli ultimi 3 mesi per attività svolta (2009-2008), valori percentuali.
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È soprattutto sull’attività di comunicazione che si registrano sia la maggiore intensità d’utilizzo che i maggiori incrementi, se si considera che dal 2008 al 2009 la percentuale di utenti di Internet che utilizza la rete per inserire messaggi in chat, newsgroup o forum è aumentata di più di 12 punti, passando dal 22,3% al 34,8%, e quella relativa ai servizi di istant messaging è pari al 27,9%. Anche in questo caso la maggiore percentuale di utilizzo e i maggiori incrementi si registrano nella fase di età dai 15 ai 24 anni.
Ma al di là della comunicazione, peraltro limitata come si è visto alla popolazione più giovane, l’utilizzo interattivo e dispositivo di Internet appare scarso. Ne è un esempio l’accesso ai servizi on line della Pubblica Amministrazione, la cui finalità risulta relativamente elevata per ottenere informazioni (38,8%, peraltro in calo rispetto al 39,4% dello scorso anno) e scaricare moduli (29,5% contro 30,4%), mentre lo spedire moduli riguarda soltanto il 14,2% degli utilizzatori, dato anch’esso in calo, con buona pace del Ministro Brunetta. Un altro segnale di scarsa interattività è l’uso dell’eCommerce, da cui appare come solo il 24,4% degli utilizzatori di Internet abbia effettuato acquisti on line negli ultimi 12 mesi, con una netta differenza di comportamento per fasce d’età, dove i giovani acquistano prevalentemente musica, videogiochi e film ed anche abiti e articoli sportivi, mentre le categorie meno giovani o più anziane effettuano in gran parte spese per viaggi.
Tra le motivazioni indicate relativamente al non utilizzo di servizi eCommerce, sono stati riferiti il desiderio di vedere il prodotto, ma ancor più significativo, la preoccupazione di fornire gli estremi della carta di credito e la mancanza di fiducia nella consegna delle merci acquistate.
L’immagine di sintesi che si può trarre da questa indagine dell’Istat è quella di un’Italia dell’Ict complessivamente in ritardo, caratterizzata da una diffusione a macchia di leopardo delle nuove tecnologie, da un utilizzo che non è ancora entrato nei gangli fondamentali della nostra vita quotidiana, poco interattivo (fatta eccezione per la comunicazione), con forti divari generazionali.
E questo nonostante le famiglie e gli individui abbiano manifestato in questi anni una disponibilità dell’acquisto e all’utilizzo di strumenti innovativi molto superiori a quello delle imprese e della Pubblica Amministrazione.
A dieci anni dall’Agenda di Lisbona c’è molta materia di riflessione ma, ancor più, di intervento.

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