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Inail: come la PA sta sperimentando le potenzialità dell’Open Innovation

L’Istituto ha trasformato la Direzione Centrale Sistemi Informativi e Telecomunicazioni in Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale evidenziando l’importanza della convergenza tra il mondo del digitale e i processi che devono essere digitalizzati. E nel nuovo piano triennale sono coinvolte in tale processo anche le start up, così è sancito l’ingresso dell’Open innovation nel programma strategico di innovazione

Pubblicato il 08 Giu 2017

Inail, Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, è un Ente pubblico non economico che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Gli obiettivi dell’Inail sono: ridurre il fenomeno infortunistico; assicurare i lavoratori che svolgono attività a rischio; garantire il reinserimento nella vita lavorativa degli infortunati sul lavoro; realizzare attività di ricerca e sviluppare metodologie di controllo e di verifica in materia di prevenzione e sicurezza.

Il preventivo di bilancio 2016 dell’Istituto è di circa 11.000 milioni di euro in entrate, con un numero di impiegati pari a 9.261.

Con le riforme normative avvenute negli ultimi anni, l’Inail si è trasformato da Istituto assicuratore di storica memoria a Ente che si occupa anche del reinserimento nella vita lavorativa degli infortunati sul lavoro e di ricerca in materia di prevenzione e sicurezza: “In questo contesto il paradigma dell’Open Innovation ci è stato di grande aiuto nel progetto di supportare settori parzialmente nuovi, per noi, come quelli della ricerca e del reinserimento lavorativo”, spiega Paolo Guidelli, Coordinatore Generale della Consulenza per l’Innovazione Tecnologica di Inail, che aggiunge: “Il ciclo di vita dell’infortunio, infatti, non termina con il semplice risarcimento del danno; il nostro obiettivo è di riaccompagnare il lavoratore all’interno del mondo lavorativo, con le medesime capacità che aveva in precedenza oppure ottimizzando le capacità conservate”.

Paolo Guidelli, Coordinatore Generale della Consulenza per l’Innovazione Tecnologica di Inail

In questo panorama, particolarmente ampio per la tipologia di portafogli di prestazioni che Inail eroga alla propria utenza, l’Open Innovation è risultata la risposta migliore anche grazie alla prima sperimentazione condotta con gli Innovation Lab interni, durata lo scorso triennio (2014-2016), e che ha avuto un ruolo indispensabile nel favorire il cambiamento culturale: “Gli Innovation Lab sono stati, inoltre, fondamentali per ottenere elementi oggettivi da evidenziare al management, e ci hanno permesso di delineare le potenzialità dell’Open Innovation. La scelta strategica di Inail, maturata nel passato triennio, di trasformare la Direzione Centrale Sistemi Informativi e Telecomunicazioni in Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale, evidenzia l’importanza che ha in Istituto la convergenza tra il mondo del digitale e i processi che devono essere digitalizzati. La maturazione culturale raggiunta in tale triennio ha prodotto, tra le altre cose, l’entrata ufficiale in Istituto dell’Open Innovation come programma strategico del Piano triennale IT innovazione digitale Inail 2017-2019”, racconta Guidelli.

Nel nuovo piano è previsto il coinvolgimento anche di startup. “Negli scorsi anni, come Pubblica amministrazione, abbiamo riscontrato criticità nell’ingaggiare le startup, ma all’interno degli Innovation Lab siamo riusciti a realizzare dei POC: uno è relativo al sistema Khare (Kinect Hololens Assisted Rehabilitation Experience) che ci consente di erogare prestazioni riabilitative ai nostri utenti, anche da remoto, avvalendosi di tecnologia a basso costo; in questo momento è in fase di sperimentazione la riabilitazione della spalla, ma puntiamo ad estendere il progetto introducendo altri distretti corporei”, spiega il manager, che conclude: “Questo è un vero e proprio esempio di Open Innovation perché la nostra piattaforma di riabilitazione è stata in realtà progettata partendo da una console consumer di videogiochi. Colte le potenzialità dello strumento e integrando una serie di apparati wearable, che abbiamo potuto conoscere anche attraverso il progetto Startup Intelligence del Politecnico di Milano, lo abbiamo declinato su attività totalmente inedite”.

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