Il Digitale per la filiera corta: potenzialità e freni culturali

Terza tappa di Dialoghi di Cibo, evento organizzato da ZeroUno e Luoghi di Relazione che ha riunito a Padova rappresentanti dell’It, del marketing e della comunicazione, blogger e ‘Gnammer’ per parlare di come il digitale possa rappresentare una risorsa per lo sviluppo della filiera corta agroalimentare: c’è molto che si potrebbe fare ma i freni culturali rendono difficile portare avanti iniziative collettive.

Pubblicato il 23 Mag 2014

Digital Food Days-Dialoghi di cibo, progetto sviluppato da ZeroUno e Luoghi di Relazione (associazione focalizzata sullo sviluppo di nuove idee di comunicazione), che ha per filo rosso il tema Digital Marketing, giunge alla sua terza tappa. Nella cornice padovana, durante un social eating che ha riunito gli “addetti ai lavori” della filiera agroalimentare – rappresentanti dell’It, ma anche del marketing e della comunicazione, blogger e consumatori – si è discusso di come il digitale possa rappresentare una risorsa per lo sviluppo della filiera corta (filiera produttiva caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi produttivi e in particolare di intermediazioni commerciali), tematica a cui era dedicato il dibattito della serata. Riassumiamo i punti su cui si è concentrata la discussione.

La necessità di aggregarsi

Nel particolare contesto della filiera corta agroalimentare, mezzi quali l’e-commerce e il social media marketing potrebbero rappresentare strumenti preziosi, ma manca da parte della maggioranza dei produttori la capacità di aggregarsi per elaborare una strategia efficace: “Spesso – ha detto Chiara Sattin, Presidente Anga Padova (Associazione Nazionale dei Giovani Agricoltori) – queste realtà, tipicamente piccole, magari a gestione familiare, tentano la strada dell’e-commerce, ma non riescono poi a entrare nella logica di questo modello e gestirne gli aspetti logistici finendo per tornare sui propri passi”, magari autoconvincendosi di aver avuto la prova, qualcuno ha commentato, che il digitale non è una strada percorribile. I problemi emersi sembrano due: da un lato la mancanza di consapevolezza che per la gestione di strumenti di marketing digitale la competenza è un elemento fondamentale senza la quale ogni tentativo non è considerabile tale; dall’altro, come accennato, la necessità per le realtà più piccole di unire risorse altrimenti insufficienti a produrre un progetto articolato ed efficace. “I piccoli produttori potrebbero aggregarsi e, grazie al digitale, diventare competitor di mercati importanti e cominciare a convivere insieme alla grande distribuzione”, ha detto Stefano Saladino, Presidente di Luoghi di Relazione, che a questo proposito ha aggiunto: “È primariamente un fatto culturale: si deve trovare la volontà di collaborare con altri per un fine comune”. Come ha fatto notare Renato Marchi, Responsabile Sistemi Informativi del Gruppo Pam, l’accordo tra le parti è un presupposto fondamentale senza il quale un approccio al digitale potrebbe persino rivelarsi deleterio: il web, in particolare per mezzo dei social, potrebbe diventare una pericolosa cassa di risonanza per divergenze e dissapori.

Difficoltà nella proposta del “prodotto fresco” on-line

A proposito di commercio digitale esistono, secondo i presenti, problematiche verticali legate al settore agroalimentare; in particolare, molti sottolineano la difficoltà di conciliare la logistica legata alla gestione di un e-commerce, con la vendita di prodotti alimentari e il concetto di freschezza che la filiera corta vuole rappresentare. Un problema organizzativo ma anche legato ai feed back degli stessi consumatori: “Quando si parla di prodotti alimentari freschi acquistabili on-line, nel cliente vedo un forte scetticismo”, ha detto Giuliano Canella, proprietario di Alì, a testimonianza del fatto che la questione riguarda anche la grande distribuzione. E tuttavia esempi virtuosi non mancano: ospiti all’evento due fondatori di Teste di Rapa, Giuliano Rigo e Silvia Bertini, che si ritengono soddisfatti della propria soluzione che sfrutta proprio l’e-commerce per la vendita di prodotti a chilometro zero (locuzione con la quale si identifica una politica economica che predilige l’alimento locale garantito nella sua genuinità, in contrapposizione all’alimento globale spesso di origine non adeguatamente certificata, e soprattutto risparmiando nel processo di trasporto del prodotto, in termini anche di inquinamento); la difficoltà segnalata è piuttosto quella di educare ad abitudini differenti rispetto a quelle tipiche della Gdo, come, per esempio, seguire la “stagionalità” dei prodotti: “A marzo non abbiamo frutta e verdura di un certo tipo. Il consumatore deve saperlo accettare, capirne le ragioni. È una vera e propria educazione alimentare, quella che facciamo nei confronti dei nostri clienti, per avvicinarli a queste logiche”, dice Rigo. Questo rapporto privilegiato con il cliente, costruito anche tramite i canali social, è probabilmente uno tra gli elementi che ha premesso a Teste di Rapa di trovare una formula di successo. Ed è proprio questo tipo di dinamica relazionale, quella che si innesca nel particolare contesto della filiera corta e che si svolge anche per mezzo di strumenti digitali, che può essere di interesse per le grandi aziende, le quali, come ha detto Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno: “Possono attingere da queste realtà e dal loro ricchissimo patrimonio di linguaggi, modelli di relazione e contatti generati dalla complessa relazione esistente tra produttori e consumatori, un bagaglio culturale che può essere ricco di spunti utili per lo sviluppo di strategie di digital marketing”.

Che informazione passa il web?

È proprio il tema dell’educazione a una cultura della sana e corretta alimentazione che chiama nuovamente in causa il web. Il dibattito sul mangiar sano, sul biologico, sul capire quanto locale sia sinonimo di genuino e su come la Gdo si stia rapportando a questi temi, è quanto mai acceso ed è chiara l’universale importanza che la questione ricopre: “Il digitale, e i social in particolare, hanno un ruolo fondamentale nella divulgazione di una vera cultura dell’alimentazione, tema su cui si ha ancora un grande bisogno di approfondimento e consapevolezza”, ha detto Marzio Nocchi, Marketing & Strategist di Àmati!. Alcuni commenti sottolineano però le conseguenze della natura pluralista di internet: “Le informazioni in rete sono tantissime, spesso in contrasto e tante di queste fonti risultano all’apparenza similmente attendibili e titolate. È difficile per gli utenti capire a cosa credere”, ha detto Anna Maria Pellegrino, Presidente e Foodblogger di La Cucina Qb; e tuttavia come ha detto Saladino, il valore dell’informazione che veicola il web risiede proprio in questa pluralità di voci: “Cambia l’approccio: letta una dichiarazione, questa non viene data subito dall’utente ‘per buona’, ma viene rapportata alla moltitudine di dati presenti in rete, sulla base dei quali ciascuno può formarsi una propria opinione”. Va comunque ammessa la possibilità di una manipolazione da parte delle grandi multinazionali; come accennato da Marchi: “Con il digitale le informazioni girano velocemente; ma quelle pilotate dalle grandi marche più delle altre”.

Social: sì, ma nel modo giusto

Il valore dei social come strumento d’interfaccia con il consumatore è riconosciuto, ma con delle “avvertenze”: affiancare i social a contesti sociali reali per far “toccare con mano” i prodotti; monitorare l’attività degli utenti e non solo la loro presenza sul canale aziendale, perché è quello il vero feed back; utilizzarli, come ha raccomandato Vittorio Tessari, Responsabile E-business Marketing di Studio Cappello – agenzia di web marketing specializzata nel search marketing e nel Seo – , solo dopo che sono stati fissati i fondamentali: “Se sei correttamente posizionato sul mercato, se le basi di marketing e web marketing sono corrette, allora è possibile concentrarsi sui social; farlo prima rischia di essere inefficace”. Va in ogni caso ricordato quanto questi strumenti, abbinati agli analytics, rappresentino un mezzo straordinario per sondare il sentiment degli utenti e, sulla base di quello, muoversi efficacemente; come ha detto Gian Luca Ranno, Founder di Gnammo community italiana promotrice di eventi gastronomici: “Il marketing si sta sempre più evolvendo da 2.0 a 3.0, quello in cui l’azienda fa il prodotto insieme al cliente, ponendosi sul suo stesso piano”.

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