I social network? Strumenti da gestire con competenze e strategie

Le tecnologie innovano i nostri modi di rapportarci e noi ci abituiamo ad essi. I social media bussano alle porte delle aziende. Le imprese hanno tutto l’interesse ad adottarli per favorire la creatività che nasce dal dialogo fra più persone.
Ma serve governance.

Pubblicato il 02 Mag 2012

Chi si occupa di Information & communication technology aziendale, e ha – o si appresta ad avere – qualche capello grigio in testa, avrà sentito almeno una volta il termine videolento. Con questa parola si identificava un sistema di comunicazione visiva, basata su telecamere e monitor, con cui tra gli anni Ottanta e Novanta si sono realizzate le prime forme di teleconferenza. La lentezza, rispetto alla velocità delle immagini televisive trasmesse via etere, era dovuta alla necessità di adeguarsi alla larghezza di banda offerta dalle reti di trasmissioni dati allora disponibili, la più all’avanguardia delle quali era l’Isdn. “Allora – racconta la professoressa Lella Mazzoli (nella foto qui sopra) direttrice del Dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università di Urbino “Carlo Bo” – nelle aziende si organizzavano videoconferenze utilizzando il videolento, ma poi tutti i successivi incontri avvenivano di persona. Oggi avviene esattamente il contrario: si svolgono tre o quattro videoconferenze ed eventualmente si organizza un incontro giusto per consolidare il rapporto”. Come spiega questo nuovo modo di comunicare una studiosa che è anche Ordinario di Sociologia della comunicazione presso l’ateneo marchigiano? “Le tecnologie – risponde la professoressa – modificano i nostri modi di rapportarci. E noi tendiamo ad abituarci alle nuove modalità. Oggi non ci meravigliamo più se partecipiamo a molte videoconferenze con colleghi situati in luoghi molto distanti da noi invece di prendere il treno o l’aereo per riunirci fisicamente”.

Accanto all’ancora crescente penetrazione di tecnologie come il videoconferencing, la telepresenza, l’e-mail, l’instant messaging – ovvero tutto ciò che ricade nel dominio più tradizionale della Unified Communication and Collaboration – a sparigliare ancora di più le carte della comunicazione aziendale da qualche tempo sono emersi altri fenomeni, che gli analisti ricollegano al trend cosiddetto di “consumerizzazione dell’It”. Il primo è la tendenza, da parte di un numero crescente di utenti aziendali, a chiedere alle proprie aziende la possibilità di adoperare, anche nei processi di lavoro, gli strumenti Ict personali sempre più potenti che impiegano nella loro vita privata: ci riferiamo al fenomeno noto come Byod (Bring your own device), dove i device attualmente sotto i riflettori sono gli smartphone e i tablet. Il secondo fenomeno è l’utilizzo dei social network come Facebook, Twitter, Linkedin o YouTube, che gli utenti hanno iniziato a conoscere nella loro vita privata e che credono possano essere profittevolmente utilizzati anche dalla loro azienda.

Non mode, ma tendenze da prendere sul serio

Focalizziamoci sul rapporto fra imprese e social network, destinato ad avere ampie ripercussioni a livello organizzativo e tecnologico: organizzativo perché implica nuove visioni rispetto al tema delle relazioni e l’adozione di nuove strategie e regole; tecnologico perché comporta la creazione di nuovi skill nel dipartimento It e l’implementazione di sistemi in grado di gestire, lungo il loro ciclo di vita, moli crescenti di dati non strutturati.

Una cosa è certa. Che le aziende lo favoriscano o meno al proprio interno, l’uso dei social network è sempre più pervasivo fra gli individui di tutte le età. “Nel nostro Paese – conferma la professoressa Mazzoli – è particolarmente diffuso e non solo nella popolazione giovane. Questo significa che le aziende che desiderano essere innovative e competitive – non solo nel rapporto con il mercato, ma anche nella propria organizzazione interna, non possono non chiedersi come i social network possono essere utilizzati – anche se questo significa affrontare nuovi problemi organizzativi e di gestione dei dati”.

Secondo la sociologa della comunicazione, l’introduzione dei social network nelle aziende italiane può avvenire principalmente in due modi: “Quello basato sulla “passione” di alcune persone, che si improvvisano esperti ma invece sono soprattutto degli sperimentatori, e quello preceduto invece da un serio studio di questi strumenti. Se analizziamo gli utenti consumer di social media che hanno maggiore successo, testimoniato dall’elevato numero di contatti che possono vantare, scopriamo che posseggono qualche forma di abilità. Quindi, per avere successo nel mondo dei social network, alle imprese non basta esserci, ma occorre anche sapere come gestire questi strumenti”.

Anche i social network, insomma, come i mercati o i mezzi di comunicazione di massa, hanno delle regole, che occorre conoscere e sfruttare. “Invece la nostra impressione – continua la professoressa Mazzoli – è che la maggior parte delle aziende italiane presenti sui social media non si sono ancora dotate di personale preparato. Devono investire di più”.

Anche la creatività ha bisogno di governance

Quando un’azienda decide di puntare sui social network per migliorare i processi organizzativi, creare nuove opportunità di business, o per entrambe le motivazioni? “Per quanto riguarda l’utilizzo nell’ambito dell’organizzazione – risponde la direttrice del Dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università di Urbino – tutto dipende da quanto l’azienda promuove le relazioni. Diversamente, l’azienda vede l’uso dei social network come un disturbo, un rallentamento dei tempi produttivi. Rispetto al rapporto con il mercato, molte imprese hanno un sito Web che utilizzano in modo interattivo. Ci sono produttori di scarpe che consentono ai loro clienti di personalizzare i prodotti sul sito e, qualora i clienti lo permettano, pubblicano i disegni affinché possano essere utilizzati da altri consumatori. La Pepsi ha lanciato una campagna che invitava a inventarsi la propria lattina. Queste strategie si adattano bene ai social network, che favoriscono la creazione di contenuti da parte degli utenti”. L’uso dei social network da parte delle aziende non può essere lasciato all’improvvisazione. “Non credo – conclude Lella Mazzoli – che la libertà totale faccia bene alle imprese, dai dipendenti ai dirigenti. Occorre una governance. Se analizziamo quanto succede nel mondo, scopriamo che la creatività non è quasi mai il frutto di una sola persona, ma è il risultato di un dibattito, di uno scambio di idee. Le aziende, quindi, hanno tutto da guadagnarci dal favorire le relazioni. Ma serve una governance”.

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