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Una su 5 ce la fa: le altre aziende cercano professionisti IT a vuoto

Su 219mila annunci di lavoro ICT pubblicati online nel 2022, solo 44.000 professionisti hanno risposto. L’Osservatorio delle Competenze Digitali ha nisurato le dimensioni di un gap tipico nazionale, ma sempre più drammatico. Dopo averne indagato le peculiarità, prova a fornire qualche consiglio a università, ITS e scuole superiori. E a un Paese che rischia così di giocarsi il ruolo per ora importante che sta riuscendo a mantenere in Europa

Pubblicato il 18 Dic 2023

Immagine di Pixels Hunter su Shutterstock

Anche nella vita di tutti i giorni, nello svolgere mansioni banali e vitali, ci si accorge che il digitale è essenziale. È quindi molto importante includere nelle proprie competenze di base, almeno un’infarinatura IT. Lo è ancora di più se si sta per entrare o se si vuole restare nel mercato del lavoro, contribuendo al futuro miglioramento dei dati occupazionali italiani e, in seconda battuta, all’economia del Paese. Eppure, in Italia continua a confermarsi, se non a peggiorare, il mismatching tra forza lavoro necessaria alle imprese, di taglio prettamente ITC, e lavoratori del futuro “prodotti” dal sistema di formazione nazionale.

L’Italia chiede talenti IT ma non li coltiva

Questa segnalazione di disagio non arriva solo dalle tante aziende che non riescono a creare o rimpolpare il proprio team IT, ma dall’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023, realizzato dalle maggiori Associazioni ICT in Italia (AICA, Anitec-Assinform e Assintel) in collaborazione con Talents Venture.

In Europa, il numero di ricerche di lavoratori IT è passato dai 453mila annunci presenti online di gennaio 2019 fino al picco di oltre 1,3 milioni registrato a febbraio 2023. L’Italia si mostra perfettamente allineata a questo trend, passando dalle 25mila unità di inizio 2019 alle 54mila di febbraio 2023 (+116%).

Tutta nuova occupazione in arrivo, si potrebbe pensare, già assaporando futuri dati rosei quanto a numero di persone senza lavoro in crollo. Invece, purtroppo, si tratta in gran parte di annunci destinati a restare senza risposta. Università, ITS Academy e scuole superiori non riescono infatti a soddisfarli tempestivamente. Nel 2022, per esempio, di tutti gli annunci pubblicati online, solo un quinto ha trovato un neolaureato o diplomato ICT reattivo, da poter introdurre nel mercato del lavoro.

Questo dato decisamente significativo, racconta che qualcosa sta andando storto nel sistema di formazione italiano. Esplorandone le diverse branche, se ne possono meglio comprendere le criticità. Le scuole superiori stanno cercando di aumentare la quota di indirizzi ICT, ma il numero di diplomandi pronti a entrare nel mercato del lavoro resta per ora invariato rispetto a 8 anni fa. La cosa più grave, però, e che solo il 18% degli studenti di IV e V è a conoscenza dell’offerta degli ITS (Istituti Tecnici Superiori) realtà che potrebbero e dovrebbero invece rappresentare una svolta risolutiva per il mondo IT.

La proposta formativa di questo tipo di istituiti in ambito ICT sta infatti migliorando a grandi passi, anche se quelli già attivi sono ancora solo 19 in tutta Italia. Il numero di diplomati non può quindi che risultare molto contenuto, incommensurabile rispetto a quello che esprime le richieste urgenti delle aziende.

La situazione più tragica è però quella in cui versano le università. In questo caso, la crescita dei corsi ICT appare ancora troppo timida, tanto che attualmente rappresentano il 7% dell’offerta formativa. “Matematico”, quindi, che ogni anno i laureati che vengono immessi nel mercato del lavoro sfiorano la quota di 9.000, restando meno del 5% dei quasi 190mila complessivi. A peggiorare il quadro, ci sono i forti e sempre più stridenti squilibri di genere: su 100 laureati in sicurezza informatica, per esempio, solo 6 sono donne. E non si tratta di un’eccezione ma di un trend diffuso in tutte le discipline IT.

Più IT per tutti, AI generativa compresa

Le figure più urgentemente necessarie, ascoltando il mondo delle aziende di ogni dimensione, sono quelle legate allo sviluppo software (40%) tra cui l’application developer, il Front-end developer e il Java Developer. Un altro buon 20% è rappresentato dagli esperti dell’ingegneria delle reti e dei sistemi come i Cloud Architect e i Systems Engineer.

Dal punto di vista delle competenze IT richieste, dati per scontati i vari linguaggi di programmazione e Cloud, spiccano quelle di Project Management. Non si vogliono specialisti di tecnologie che non abbiano anche capacità manageriali: anche loro devono essere anche in grado di seguire le varie fasi di un progetto e inserirsi con autonomia nei processi.

Le competenze in intelligenza artificiale generativa nell’ultimo anno sono diventate essenziali, anche se con diversi gradi di intensità. Restano comunque preziose e immancabili quelle tradizionali, di base. Infatti, l’11% degli annunci di lavoro richiede disinvoltura nell’uso di suite Office e degli “intramontabili” fogli di calcolo.

Facendo tesoro dei dettagli con cui si conoscono le richieste delle aziende, non resta che rimboccarsi le maniche e intervenire per rivoluzionare il sistema di formazione italiano. Secondo l’Osservatorio, serve metter mano con urgenza al sistema universitario e scolastico, per riuscire nei prossimi anni ad assicurare una formazione ICT accessibile e inclusiva. Addio gender gap e digital divide.

Essenziale sarà anche rinfrescare gli schemi di apprendistato e dei dottorati industriali e le attuali offerte di up-skilling e re-skilling della forza lavoro attuale. E poi, la mossa vincente, fin troppo nota ma che stenta a essere messa in atto: lo sviluppare un “ecosistema digitale” attraverso la creazione di network collaborativi di filiera. Concreti, pragmatici, continuativi e ben organizzati: un sogno?

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