Hr Revolution: quando si lavorerà con l’emisfero destro del cervello…

La tecnologia sta modificando non semplicemente le abitudini e lo stile di vita delle persone ma, alla radice, il loro modo di pensare. Nel “mondo che verrà”, in cui ogni operazione meccanica e di calcolo sarà automatizzata, l’ingegno e la creatività diverranno le competenze più ambite. Le risorse umane dovranno fare i conti con questa nuova generazione di dipendenti e trovare gli strumenti giusti per gestirli, coinvolgerli, valorizzarne il talento.

Pubblicato il 26 Mar 2014

Come la tecnologia sta cambiando il nostro modo di lavorare, ma anche di vivere e di pensare? Qual è l’identikit del lavoratore del futuro e come dovranno rapportarsi le aziende a questo nuovo soggetto caratterizzato dall’essere sempre più connesso e informato, ma anche più “distratto” dalla multimedialità e meno fedele professionalmente alla propria azienda? Come ha detto Shown Price, Presidente di Success Factors, che abbiamo intervistato durante l’Hr Tech Europe 2013 che si è di recente svolto ad Amsterdam (vedi riquadro a destra), in campo Hcm (Human Capital Management) ci sono state più “cose da vedere” in quest’ultimo anno che negli ultimi venti: Internet, i social network, la mobility sono penetrati nella quotidianità delle persone fino al punto di trasformarle non solo nelle abitudini e nei comportamenti ma, più profondamente, nel loro modo di ragionare… e quindi di approcciare il mondo del lavoro.

Identikit del “lavoratore Y”

Costas Markides Professor of Strategy & Entrepreneurship, London Business School

“Le nuove tecnologie stanno cambiando i vostri dipendenti come persone: come pensano, come lavorano, quello che li motiva e quelli che sono i loro valori”, così ha esordito Costas Markides, Professor of Strategy & Entrepreneurship alla London Business School, che ha tracciato un identikit del dipendente di nuova generazione, con cui sempre più spesso il management dovrà fare i conti nel prossimo futuro, ma che già oggi rappresenta un modello diffuso. Ecco come sarà:
1) Più connesso. Per dare un’idea di quanto, Markides sceglie Facebook: 845 milioni di utenti attivi al mese, ogni giorno 250 milioni di foto caricate e 2,7 miliardi di Like e commenti.
2) Più informato. La possibilità di scoprire velocemente cosa accade nel mondo spinge le persone a essere più curiose e a informarsi di più (31 miliardi di ricerche su Google al mese nel 2012 contro i 2,7 miliardi nel 2006), a interagire maggiormente con persone e realtà fisicamente lontane, a essere più sensibili e curiose verso altre culture.
3) Meno attento. La navigazione su Internet trasforma le connessioni e la struttura del nostro cervello. Gli utenti leggono di più, ma in modo più superficiale, pensano più frettolosamente (poco spazio alla riflessione e alla rielaborazione dei dati acquisiti), la loro capacità di apprendimento e attenzione si è ridotta. Sono nel complesso meno capaci di concentrarsi.
4) Meno leale. L’Us department of Labor ha stimato che gli studenti di oggi avranno sperimentato tra i 10 e i 14 lavori entro i 38 anni. Il “posto fisso” sta diventando un paradigma superato in nome di un percorso lavorativo fluido, dove il lavoratore è “abituato“ all’idea di migrare da un’azienda all’altra.
Quali sono le implicazioni? “Il punto chiave – ha detto Markides – è capire che abbiamo a che fare con soggetti che sono sostanzialmente diversi da noi o dai nostri genitori. Una generazione X di manager sta cercando di gestire una generazione Y di dipendenti che sono come ‘marziani’ per i primi”.
Come si può dunque interagire con una forza lavoro con queste caratteristiche? Poiché il controllo non è più possibile, spiega il professore della London Business School, è necessario concedere autonomia e nel contempo trasmettere ai lavoratori forti valori condivisi. È necessaria una componente emozionale: l’azienda deve riuscire a guadagnare il coinvolgimento emotivo del lavoratore, deve convincerlo rendendolo interessato personalmente ai progetti aziendali in cui è coinvolto. E il tutto deve avvenire in modo capillare: i social hanno amplificato enormemente le possibilità che i clienti hanno di influenzare il mercato e ogni interazione con l’utenza da parte dei dipendenti di un’azienda ha la potenzialità di essere o un disastro o un trionfo globale. La cultura aziendale deve quindi essere forte e diffusa: devono partecipare tutti, a tutti i livelli.

L’emisfero destro del cervello e le “tecnologie motivatrici”
I nuovi lavoratori pensano e si comportano in modo differente. Ma se dovessero persino iniziare a utilizzare un emisfero diverso del cervello? Secondo la teoria di Daniel Pink, Bestselling Author & Thought Leader, il mondo del lavoro sta andando verso un nuovo macro-periodo: “Ci stiamo spostando da un mondo caratterizzato da un’economia e una società che hanno posto al centro capacità di ragionamento logiche e lineari – “computer-like”, come le definisce Pink – a uno, quello dell’Era del Concetto, dove economia e società saranno costruite su capacità inventive, empatiche e di visione d’insieme”.

Daniel Pink Bestselling Author & Thought Leader

Metaforicamente, spiega lo scrittore, stiamo migrando dall’emisfero sinistro del cervello, logico e lineare appunto, a quello destro, che percepisce e pensa in modo olistico, deputato a svolgere quei lavori che richiedono abilità strettamente umane, come la capacità di inventare, d’essere empatici, di cogliere le opportunità, di combinare idee apparentemente non correlate in qualcosa di nuovo, di capire le sottigliezze dell’interazione umana o di trasmettere sensazioni positive. Tra le cause che hanno spinto al cambiamento, un ruolo importante l’ha proprio la tecnologia che ha progressivamente automatizzato tutta una serie di processi che ora non richiedono più intervento umano.
Quali sono le conseguenze di queste considerazioni per il settore Hr? Pink ne evidenzia due:
1. I bonus economici non sono più sufficienti. Nell’“Era del concetto” il compenso economico non potrà essere l’“asso nella manica” dell’Hr, non garantirà performance migliori di persone creative, empatiche, innovative; sarà comunque un incentivo valido, sostiene Pink, ma da solo non potrà fare la differenza.
2. È di primaria importanza generare coinvolgimento. Da alcuni esperimenti illustrati da Pink emerge che quando i progetti creativi vengono commissionati (con una logica top down quindi), i risultati sono meno brillanti rispetto a quando nascono dall’iniziativa spontanea del lavoratore; la qualità tecnica e l’attenzione al dettaglio è la stessa, ma risultano meno sorprendenti, meno innovativi.
Con dipendenti sempre meno “controllabili” tramite bonus economici, e sempre più sensibili all’autonomia che gli è concessa, sarà determinante fornire i tool adatti per garantire questa libertà, mantenere un contatto con il lavoratore per tenere vivo il suo coinvolgimento e, nel contempo, essere in grado di “gestire” questa libertà a livello aziendale. La possibilità di personalizzare strumenti, orari, tempi di lavoro, favorire mobility e telelavoro, e trovare al contempo strumenti per creare la “cultura aziendale” di cui si è parlato, sarà sempre più direttamente fautrice del successo aziendale.

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