Prospettive

Due nuove lauree e l’innovation broker per far decollare l’Agricoltura 4.0

Mancano le competenze tecnologiche per far fruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie introdotte nel settore agricolo e, con l’aumento del loro tasso di adozione, serviranno presto anche figure che sappiano gestire l’innovazione ad ampio spettro, individuando sinergie e modelli di transizione tecnologica. Mentre ENAPRA introduce la figura dell’innovation broker, l’Università di Brescia e il Politecnico di Milano lanciano due nuovi percorsi per gli imprenditori agricoli del futuro

Pubblicato il 09 Giu 2021

Agricoltura 4.0

Al centro del successo di una qualsiasi innovazione, per quanto possa essere potente la leva digitale, ci sono le competenze che servono per gestirla e far sì che sprigioni tutti quei vantaggi potenziali che ogni tecnologia porta con sé e che rischiano di restare inespressi. E’ ciò che sta accadendo nel settore agricolo dove la forza dirompente della digitalizzazione e l’evidenza dei conseguenti benefici, per ora, hanno avuto la meglio sull’impreparazione delle risorse umane ma è arrivato il momento di colmare il gap di competenze per dare continuità all’evoluzione del comparto e mettere a frutto tutte le nuove tecnologie già presenti a partire da IoT e automation fino ad AI e blockchain. È ciò che emerge anche dai dati dell’Osservatorio Smart Agrifood 2021 della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia in cui la carenza di skill tecnologiche risulta essere tra le prime 5 criticità che frenano la diffusione dell’Agricoltura 4.0.

Nuove tecnologie, ecommerce, marketing e management le skill coltivate in lockdown

“Sensori in campo, stazioni meteorologiche avanzate, software che elaborano dati da varie fonti o droni per la mappatura delle superfici coltivate: introdurre queste innovazioni richiede una certa preparazione ed è difficile che un imprenditore agricolo sappia come utilizzarle, nonostante la tantissima esperienza e la sensibilità acquisita. È evidente che oggi le imprese hanno una forte necessità di acquisire competenze tecnologiche verticali – spiega Andrea Bacchetti, Direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood – possono assumere nuove figure o formare le proprie ma devono agire, altrimenti c’è il rischio di rigetto perché restano deluse da tecnologie su cui hanno fortemente investito e da cui riescono a trarre solo il 50% dei vantaggi”.

Sperimentando una digitalizzazione “da zero a cento” prima di tutto su sé stessa, a poche settimane dal primo lockdown, ENAPRA, Ente Nazionale per la Ricerca e la Formazione in Agricoltura, fondato da Confagricoltura, ha colto il bisogno di formazione delle imprese agricole assicurando un’ampia offerta di corsi on line affiancando ai più tradizionali quelli di agricoltura di precisione, tra nuove macchine agricole e “Stalla 4.0”, ma anche quelli su commercio elettronico e marketing digitale, particolarmente graditi da chi con l’emergenza sanitaria era in cerca di nuovi canali o addirittura di nuovi business. “Molti hanno utilizzato il lockdown per formarsi e informarsi. Sono esplose anche le richieste di corsi su competenze trasversali e manageriali che prima erano meno richieste – spiega Luca Brondelli di Brondello, Presidente di ENAPRA – un altro argomento molto sollecitato ultimamente è quello della sostenibilità come elemento di competitività, insieme ovviamente alla digitalizzazione. Sono due temi per cui il settore agricolo sta mostrando una forte sensibilità”

Non bastano competenze verticali per fare leva sull’Agricoltura 4.0

Competenze tecnologiche, quindi, ma non solo perché soprattutto le aziende agricole più strutturate hanno compreso che sul lungo periodo non bastano per sostenere una digital transformation reale ed efficace. “Crescendo e adottando più soluzioni innovative, ogni imprenditore cerca di unirle per avere un supporto alle decisioni e avverte il bisogno di istituire un ufficio o nominare un manager dell’innovazione – spiega Bacchetti – chi ha già investito sulle tecnologie e risolto il problema delle competenze verticali necessita di persone maggiormente in grado di intercettare fabbisogni, identificare soluzioni sul mercato che li possono soddisfare e gestire progetti implementativi per sfruttare al 100% le innovazioni introdotte”.

Proprio a questo scopo, ENAPRA sta lavorando alla figura dell’innovation broker, un’evoluzione del tradizionale tecnico delle sedi territoriali che, oltre ad offrire i servizi più tradizionali, sia in grado di accompagnare le aziende in percorsi di innovazione e digitalizzazione. Il primo corso di formazione di 60 ore per questa nuova figura è già stato avviato con 15 partecipanti, l’obiettivo è quello di fare in modo che sia riconosciuta con una certificazione ufficiale.

“Stiamo costruendo anche dei percorsi di sviluppo delle competenze connessi e completi per fornire informazioni ma anche proporre modelli di digital transformation che possano essere presi come riferimento – spiega Michele Distefano, direttore di ENAPRA –. Dopo una prima offerta formativa ‘random’ per l’adeguamento delle competenze, ne stiamo preparando una più strutturata con format innovativi che anche in questi mesi di emergenza sanitaria possano raggiungere, aiutare e coinvolgere le aziende su tutto il territorio”.

Gli imprenditori agricoli del futuro adesso sanno dove studiare

Mentre ENAPRA coltiva le competenze degli agricoltori del presente, offrendo anche una piattaforma di oltre 80 video on line consultata da più di 600 aziende in cerca di fonti per colmare i propri gap tecnologici, il mondo dell’università guarda al futuro e prepara il terreno affinché gli imprenditori agricoli di domani possano abbracciare le nuove tecnologie con prontezza e disinvoltura. Lo fa con due nuovi corsi di laurea, quello in Ingegneria dell’Agricoltura, al Politecnico di Milano, e quello in Sistemi Agricoli Sostenibili, all’Università degli Studi di Brescia.

“Il nostro ruolo è quello di guardare in là, capire i problemi dell’oggi e anticipare quelli che ragionevolmente ci saranno nel futuro – spiega Bacchetti – Oggi forse queste figure non sembrano necessarie ma lo saranno tra 5 o 10 anni se prendiamo come riferimento le aziende più strutturate e le traguardiamo come il ragionevole identikit del prossimo futuro”.

Quello di Ingegneria dell’Agricoltura è un biennio di specializzazione, in inglese, a cui possono accedere non solo ingegneri ma anche laureati in altre discipline come scienze agrarie e ambientali, è il primo corso del genere in Italia e tra i primi in Europa e partirà dal prossimo anno accademico. È invece già partito, per l’anno accademico 2020-2021, il corso dell’Università di Brescia, un intero percorso di laurea che unisce competenze di ingegneria elettronica (per i sensori) , dell’informazione (per software ERP e big data), gestionale (per project management) e meccanica (per macchine agricole e componentistica) per formare una figura che possa interessare anche alle aziende che forniscono tecnologia e che troverebbero nei loro clienti interlocutori più preparati e ricettivi.

Fondamentale l’accento posto sulla sostenibilità “perché l’agricoltura deve diventare sì più competitiva ma anche più sostenibile: non può continuare ad avere un’incidenza così negativa sull’ambiente e sulla socialità – spiega Bacchetti – queste nuove figure dovranno essere capaci di realizzare questa transizione, avranno un ruolo decisivo quindi mi auguro che questi esperimenti di formazione possano prendere piede anche nel resto d’Italia visto che la produzione agricola italiana va da Bolzano a Pantelleria”.

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