Banche e Assicurazioni al punto di svolta

Strette tra la concorrenza delle nuove realtà e le difficoltà di un complesso e oneroso percorso di rinnovamento interno ancor prima che dell’offerta, la maggior parte delle banche e assicurazioni italiane sono a un punto di svolta. Da un convegno sul tema il quadro di una situazione per uscire dalla quale occorre cambiare identità, trasformandosi da società al servizio del denaro in società al servizio delle persone.

Pubblicato il 29 Giu 2015

Lo scorso fine maggio si è svolta a Milano la seconda edizione di Mega Trends 4 Financial Services, evento organizzato da Business International al fine di discutere sulla situazione nella quale si trova oggi il mondo dei servizi finanziari, intesi soprattutto come banche e assicurazioni operanti con il grande pubblico, e sulle sue più probabili prospettive.

In effetti questo comparto vitale per l’economia di un paese e, diciamo pure, per la qualità della vita dei suoi cittadini, sta attraversando, e non da oggi, una fase di criticità. Tre sono i fattori che la determinano. Da una parte cresce la concorrenza fra gli istituti basati sulla presenza fisica sul territorio e le nuove realtà immateriali, sia bancarie che assicurative, che offrendo servizi accessibili e fruibili on-line a costi competitivi stanno conquistando la fascia più dinamica e appetibile del mercato. Dall’altra parte, negli istituti più tradizionali, si acutizza il conflitto tra la necessità di affrontare la concorrenza di cui s’è detto rinnovando in chiave di snellezza e flessibilità l’erogazione dei servizi e il persistere di organizzazioni rigide e restie al cambiamento (oltre che oggettivamente difficili da cambiare) servite da infrastrutture tecnologiche poco adatte ai nuovi compiti. Infine, vi è l’emergere di nuovi soggetti, che in mancanza di una connotazione più precisa vengono definiti “non-bancari e non-finanziari”, come le piattaforme di crowdfunding (tipo Kickstarter, che dal 17 giugno, giusto pochi giorni fa, è attivo anche in Italia) o i sistemi di pagamento che usano valute virtuali come Bitcoin o Sardex, che a fine maggio è sbarcato dalla Sardegna al continente raccogliendo adesioni da più di 120 aziende emiliane. Queste entità, ancor più immateriali degli istituti on-line, oggi stanno occupando il mercato delle transazioni economiche guadagnando quote ancora piccole ma dal tasso di crescita significativo.

Un mondo sotto attacco

Chris Skinner, presidente di The Financial Services Club

Su questi temi si è svolto il discorso di Chris Skinner (vedi riquadro), keynote speaker del convegno. Partendo dalla trasformazione digitale in atto come la terza rivoluzione socio-economica del pianeta, dopo quella industriale, tra il 18° e il 19° secolo, e quella dell’internazionalizzazione (non ancora globalizzazione) dei commerci tra i secoli 19° e 20°, Skinner è entrato nel vivo del discorso affrontando il primo e principale dei tre fattori di crisi citati. Premesso che la digitalizzazione dell’offerta interessa ogni area dei servizi finanziari, “L’universo delle grandi banche – ha detto – è attaccato da piccole società che fanno le cose meglio e più in fretta. Una situazione cui molte reagiscono con il ‘wrapping’, ossia presentando servizi classici in una nuova veste. Ne sono esempi PayPal e ApplePay: migliora l’esperienza del cliente ma il prodotto è lo stesso”. Per Skinner una concreta opportunità d’innovazione sta nella moneta virtuale: “La tecnologia Bitcoin e la creazione di block-chain (database condiviso tra i partecipanti ad un sistema transazionale chiuso – ndr) sono allo studio in gran parte degli istituti inglesi e americani per innovare l’offerta dei mutui in chiave di trasparenza sulle operazioni”, cosa cui il mercato Usa è, come si può capire, molto sensibile. Altra grande opportunità sta nei servizi dispositivi mobili, una cosa che Skinner vede soprattutto in chiave di accesso ai servizi finanziari nei paesi in via di sviluppo, dove la rete cellulare è molto più diffusa della connessione ad alta velocità richiesta dall’accesso via Internet. “È una sfida alla povertà data dalla dipendenza dalle poche banche presenti sul territorio”. Ma anche una cosa che minaccia di escludere da mercati potenzialmente ricchi quegli istituti che non offriranno questo servizio.

Il digitale non è un canale

Un concetto costantemente emerso dal convegno è che i servizi digitali, siano essi nuovi o, a maggior ragione, servizi classici vestiti a nuovo, come ha stigmatizzato Skinner, non sono affatto un canale ma un modello di business da quale discende il ripensamento dell’offerta e della stessa gestione d’impresa. “Nel digitale non ci sono canali”, ha detto Roberto Ferrari, general manager di CheBanca!, società che assieme ad Alleanza Assicurazioni, AXA-MPS, Carrefour Banque, Extrabanca, ING Bank Italy e Morgan Stanley rappresentava nel dibattito a seguire (cui hanno partecipato anche, come stakeholder, Dedagroup ICT, Oracle Italia e, naturalmente, il Financial Services Club, fondato da Skinner) la faccia nuova dell’offerta. Un concetto, però, dal quale, secondo Ferrari, gran parte delle realtà italiane è ancora lontana. Che si può fare per avvicinarle?

Si è convenuto, nel dibattito, sul fatto che vada educata la domanda. Metà delle operazioni svolte presso le banche italiane si attua ancora in agenzia. Ciò rende non solo irrinunciabile la presenza fisica sul territorio (che comunque, ha sostenuto lo stesso Skinner, per quanto ridotta a pochi punti sarà sempre necessaria), ma rende molto difficile per motivi economici ed organizzativi legati alla riqualificazione e ricollocazione del personale la riconversione a un vero modello digitale. Bisogna che siano i clienti a spingere la domanda di servizi digitali, diradando le visite in filiale. Perché ciò avvenga bisogna però che questi servizi siano davvero nuovi, fruibili da un qualsiasi smartphone (anche in Italia la rete cellulare è più diffusa di quella Adsl) e concepiti in modo da soddisfare due bisogni fondamentali: cose semplici (pagamenti in primis) e cose rilevanti (investimenti, mutui, movimenti di denaro).

Può sembrare la storia dell’uovo e della gallina, ma da qualche parte si deve pur partire e se, partendo dal cliente, il rischio è che questo poi, una volta ‘educato’ si rivolga a chi i servizi che cerca li offre già, partire dal rinnovamento dell’offerta presenta il rischio ben maggiore di uno sforzo economico senza ritorno d’investimento. Un modo interessante, a nostro parere, di uscire dall’impasse l’ha suggerito Adriano Ceccherini, Sales Director per le Customer Experience Applications di Oracle, che in una delle sessioni parallele pomeridiane ha parlato di come far leva sull’incrocio tra i dati noti della clientela con quelli, anonimi, dei loro modelli di comportamento e consumo per proporre servizi mirati. C’è solo un ‘ma’, e cioè, come è stato osservato da più parti (ad esempio da Luciano Gitti della Popolare di Sondrio), che se le analytics permettono questo ed altro, i sistemi di back-end con i quali i nuovi servizi si devono confrontare per avere il necessario supporto transazionale sono nati, a suo tempo, in un’ottica contabile-amministrativa e non di servizio e, nella maggioranza dai casi, poggiano su infrastrutture poco scalabili. Una soluzione alla soluzione, almeno per quel che riguarda l’infrastruttura, sarebbe ovviamente il cloud. Ma sappiamo che per molte banche, e anche molte assicurazioni di casa nostra, il cloud è ancora…nelle nuvole.


Un Club per guardare avanti

Ospite d’onore, keynote-speaker e partecipante alle tavole rotonde dell’evento milanese, Chris Skinner ha fondato nel 2004 ed è tuttora il presidente di The Financial Services Club (www.fsclub.net), un network di affermati professionisti ed esperti della finanza che organizza dibattiti e realizza e distribuisce analisi e commentari su tendenze e futuri sviluppi di banche, assicurazioni e servizi finanziari in genere. Il club funziona tramite incontri regolari che si tengono a Londra, Edimburgo, Dublino e Vienna e costituisce per chiunque, a vario titolo, lavori o abbia interessi nel settore una piattaforma informativa autorevole e soprattutto indipendente cui fare riferimento. Skinner è anche Ceo di Balatro Ltd, una società focalizzata sulle stesse tematiche del Club ma che, a differenza di questo, agisce come ‘trusted advisor’ per le imprese. Notevole il background IT del personaggio, che prima di dedicarsi alla consulenza ha lavorato in varie società di tecnologia ed è membro della British Computer Society. Chi volesse sapere di più su Skinner e sui temi dell’ FSC può seguire il suo blog quotidiano all’indirizzo www.thefinanser.co.uk

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