Caso Utente

Dai fondamentali fino all’analisi più raffinata

Benché l’esperienza vera in tema Big data sia ancora da costruire, Mondadori ne ha compreso da tempo l’opportunità
di business muovendosi più di un anno fa per preparare le infrastrutture tecnologiche, l’organizzazione e le persone al “grande salto”. In queste fasi preparatorie non sono mancati i progetti di sperimentazione: hanno portato risultati positivi che fanno ben sperare.

Pubblicato il 12 Apr 2012

Un gruppo editoriale come Mondadori che diversifica le sue attività nei settori libri, scolastica, periodici, pubblicità, radio e Internet, non può certo stare fermo a guardare un mercato che, negli ultimi anni, è decisamente cambiato abbracciando in modo sempre più stretto il mondo digitale; ed è proprio in questa ottica che Mondadori ha scelto di non bloccare gli investimenti in innovazione tecnologica, soprattutto oggi che il settore dell’editoria ha subìto la fortissima pressione proprio dei new digital media. Come può allora un gruppo editoriale trovare nuove vie di business in un mercato molto competitivo dove i margini sono sempre più ridotti?

“Partendo dalla conoscenza del cliente”, afferma decisa Alessandra Chiuderi (nella foto) responsabile Crm del Gruppo Mondadori.

È proprio da questa esigenza/opportunità che l’azienda è partita per rivedere le infrastrutture dati e iniziare un percorso di innovazione che vede nell’analisi dei dati (compresi quelli “Big” e destrutturati) il suo disegno strategico. Benché Mondadori non possa ancora raccontare un’esperienza concreta in tema Big data, il percorso evolutivo compiuto dalla fine del 2010 ad oggi rappresenta certamente un’importante testimonianza che focalizza strategia/vision/roadmap percorribili di una strada non certo semplice.

“Nel 2010 il gruppo Mondadori era strutturato in Business Unit, ognuna con un proprio Direttore Generale, indipendente dalle altre e con il proprio Data Base Clienti”, spiega Chiuderi. La limitata conoscenza di una buona fetta di clientela (il lettore che compra direttamente in edicola, per esempio, rimane sconosciuto all’azienda), così come la “dispersione” delle informazioni relative a un cliente profilato che poteva essere inserito in due o più data base differenti senza comparire come Cliente unico, hanno evidenziato la necessità di una più efficace raccolta dei dati.

“Nel 2010, quando sono arrivata in azienda – racconta Chiuderi – non si parlava in modo esplicito di Big data ma più che altro di unificazione delle basi dati, anche se era chiaro fin da allora che una razionalizzazione dei dati della clientela dovesse tenere conto anche di informazioni derivanti dall’analisi di dati non strutturati, come quelli provenienti dalla navigazione sui nostri siti web e dai vari canali Mondadori, compresi i social network, blog, pagine twitter e facebook…”.

Un percorso “tradizionale” guidato da una strategia lungimirante

“Il nostro è un percorso iniziato in maniera abbastanza tradizionale, così come già avvenuto in altri settori, per esempio in quello bancario – osserva Chiuderi –. Dopo anni di stratificazione e sistemi a silos è risultata evidente la necessità di unificare i dati in un unico repository; siamo perciò partiti dalla costruzione di un datawarehouse verso cui far confluire tutti i dati sparsi tra le diverse business unit, utilizzando una serie di procedure e controlli (sui nomi, cognomi, indirizzi fisici e indirizzi e-mail, ecc.) che consentissero di capire che due entità su due data base diversi, in realtà, rappresentavano lo stesso cliente [e se il progetto può sembrare banale evidenziamo che tra i record dei data base non c’è il codice fiscale, che aiuterebbe molto questo tipo di controlli – ndr]”.

La prima fase del progetto, quindi, è stata principalmente di stampo “ingegneristico” in cui Sistemi Informativi e Crm hanno collaborato per arrivare alla definizione e popolamento del Data Base Clienti. Tuttavia, era chiara fin dall’inizio la volontà di utilizzare i dati e le preferenze dei clienti per personalizzare l’offerta commerciale: “Da un punto di vista organizzativo – osserva Chiuderi – in settembre 2012 è nata la Direzione Generale Digital [di cui la stessa Alessandra Chiuderi fa parte – ndr] in cui l’intera organizzazione è stata definita e strutturata portando ‘il cliente al centro’, non solo per la messa a punto di prodotti digitali rilevanti per i clienti ma anche a disposizione di tutta l’azienda e dei business più tradizionali”.

Possiamo perciò dire che sebbene il percorso sia iniziato in modo abbastanza “tradizionale” ragionando su razionalizzazione e consolidamento dei sistemi, non è mancata la visione strategica che ha consentito all’azienda di ragionare in ottica di business analysis. “La piattaforma di analisi che abbiamo scelto – spiega Chiuderi – rappresenta a nostro avviso una delle migliori tecnologie oggi disponibili sul mercato che ha richiesto un investimento importante [è stata scelta la piattaforma di analisi di Sas – ndr]. Anche se oggi non sfruttiamo ancora appieno le potenzialità della piattaforma, l’investimento è stato guidato dalla lungimiranza di vedute: avendo chiari i nostri obiettivi abbiamo fatto in modo di dotarci adeguatamente delle tecnologie necessarie per raggiungerli”.

Dalla business analytics verso i Big data

“Oggi siamo già in grado di fare “market basket analysis” (ossia analisi del paniere) che ci consente di avere una visione d’insieme sul comportamento dei clienti traendone poi alcune considerazioni che possono aiutare a migliorare la proposta commerciale; per esempio siamo in grado di profilare gruppi di target sulla base del comportamento di acquisto andando a mettere insieme gli acquisti effettuati su più aree (ad esempio eCommerce e periodici)”, precisa ancora Chiuderi. “Il passo successivo è correlare ulteriormente questi dati ad un livello superiore, ossia con i dati non strutturati. Un esempio, su cui stiamo già facendo alcune sperimentazioni, è l’analisi del comportamento degli utenti che ricevono le nostre e-mail per capire se le aprono, le leggono, navigano sui link che suggeriamo, finalizzano acquisti o richiedono informazioni, ecc. L’unificazione dei data base ci ha consentito di meglio indirizzare la comunicazione (evitando che un utente ricevesse in contemporanea più messaggi con proposte differenti) ma stiamo cercando di mettere a punto un modello di analisi che ci aiuti a rendere ancora più efficace la proposta, trovando un bilanciamento tra la nostra esigenza di comunicazione e il rischio di infastidire l’utente”.

In altre parole, oggi l’azienda ha costruito il puzzle necessario a definire e identificare la “superficie esterna” della clientela in modo univoco, certo e con una più efficiente qualità del dato (e quindi delle informazioni). I passi successivi sono orientati alla conoscenza dell’area interna, ossia dei comportamenti, tendenze, inclinazioni, presenza e influenza “social” degli utenti. Ma il parallelo geometrico non deve trarre in inganno perché parliamo di un’area potenzialmente sconfinata che si perde nel web.

“In prospettiva, guardiamo alla possibilità di analizzare le informazioni che possono derivare dai social network e, in genere, dal mondo web a questo punto per meglio conoscere i nostri clienti, verificarne l’influenza su altri bacini di utenti e come il loro comportamento venga guidato da determinati fattori, monitorare la cerchia di amicizie/conoscenze attorno cui si muovono, ecc.”, ci dice ancora la manager di Mondadori.

“Anche in questo caso, così come abbiamo fatto finora – conclude Chiuderi – agiremo per piccole fasi, sperimentando attraverso singoli progetti e allargando poi ad esperienze più significative solo dopo che avremo analizzato nel dettaglio i risultati ottenuti”.

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