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Volti reali e volti AI: se bianchi, irriconoscibili

Con due complessi esperimenti a campione, un gruppo di ricercatori conferma che l’AI è in grado di ingannarci. Ci riesce bene con immagini di soggetti bianchi, peggio performa con quelli di colore. Un bias che può impattare negativamente sull’efficacia di terapie psicologiche on line, caregiving e ricerca di individui scomparsi

Pubblicato il 12 Gen 2024

Immagine di tete_escape su Shutterstock

Anche se molti ci stanno provando, alla percezione umana per ora non si comanda e un nuovo studio dell’Università di Amsterdam evidenzia come le immagini create con l’AI possano essere molto efficacemente ingannevoli per cui cerca di riconoscerle. Non è che una conferma della grande abilità di questa tecnologia che nel recente passato ha già dimostrato di saper prendersi gioco di noi. Un esempio lo sono i tanti deepfake, anche in formato video, diventati virali e da molti presi per autentici.

L’uomo non si riconosce, l’AI sì

Il tema delle immagini e dei video ingannevoli è aperto da tempo, ma stavolta i ricercatori hanno voluto limitare il campo, focalizzandosi sui volti. Attraverso un sondaggio hanno scoperto che quelli generati dall’intelligenza artificiale risultano più convincenti delle foto reali, ma solo nel caso di soggetti caucasici. Non c’è alcuna differenza di percezione, invece, se le immagini ritraggono persone di colore.

Per affermarlo hanno condotto due diversi esperimenti, coinvolgendo numerosi partecipanti con diversi background e “curricula”.

Nel primo hanno mostrato a 124 persone una selezione di 100 volti bianchi generati dall’intelligenza artificiale e una di 100 volti bianchi umani, domandando di esprimere la propria fiducia su una scala da 1 a 100 rispetto all’autenticità dello scatto fotografico osservato. Il 66% delle immagini generate dall’AI è stato valutato come umano, rispetto al 51% delle immagini reali. Ripetendo lo stesso esperimento con volti di persone di colore, il 51% dei volti IA e il 51% di quelli reali sono stati giudicati umani.

Pareggio. Un esito prevedibile, ma non certo per questo meno preoccupante, che ha suggerito un secondo esperimento. In questo caso, lo scopo era quello di indagare meglio da cosa derivassero le percezioni registrate poco prima. I ricercatori hanno infatti chiesto a un gruppo di oltre 600 partecipanti di valutare i volti in base a 14 attributi, tra cui l’età e la simmetria dei volti, per individuare i principali fattori che inducono le persone a credere erroneamente che quelli creati con l’AI siano umani. A quanto emerso da questo più complesso test, giocano un ruolo chiave la proporzionalità del volto, una maggiore familiarità e una minore memorizzazione.

Per completezza, e per spirito di ricerca, lo stesso team, composto da esperti australiani, britannici e olandesi, ha testato la capacità di distinguere volti reali da volti generati dall’AI di un sistema di apprendimento automatico che ha dimostrato di saperlo fare con una precisione del 94%.

Riconoscimento e disuguaglianze, riconoscimento delle disuguaglianze

Di fronte ai risultati ottenuti, il primo pensiero corre al furto di identità. Una preoccupazione già latente e che si potenzia con le nuove percentuali divulgate. Sarà sempre più probabile che le persone vengano ingannate da criminali digitali. Non resta che familiarizzare tutti con questa prospettiva, già realtà, e imparare a difendersi, per lo meno alzando un muro di diffidenza e difendendo la propria “immagine” e la propria privacy.

C’è anche il tema dei bias, però, da affrontare. Il poter creare volti umani credibili con l’AI ha anche dei vantaggi e, in tal caso, le persone di colore ne potranno beneficiare meno. Esempi di uso virtuoso di fake come quelli protagonisti dello studio sono per esempio la terapia online con robot e le tante attività di caregiving. Se il bias permane, si assisterà al perpetuarsi di forti disuguaglianze e pregiudizi sociali in questi ambiti come nella ricerca di individui scomparsi, visto che anche questa attività dipendere sempre più significativamente dai volti generati dall’intelligenza artificiale.

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