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Trasformazione digitale in sanità: sfide, stato dell’arte e benefici per il paziente e il sistema

La digitalizzazione è la strada maestra che conduce a un rapporto migliore tra paziente e sanità, ma anche a un livello superiore di efficienza per le strutture e, più in generale, a un sistema capace di gestire a testa alta le sfide del futuro: a che punto siamo e quali i filoni più promettenti?

Pubblicato il 11 Nov 2020

settore sanità

Il percorso di trasformazione digitale e di modernizzazione della sanità è avviato da tempo ed è una delle sfide più impegnative, ma anche delle speranze più concrete dell’era contemporanea.

L’esigenza nasce da alcune considerazioni sistemiche, tra cui il progressivo invecchiamento della popolazione, la sempre maggiore incidenza di patologie croniche e un finanziamento dell’SSN che è tra i più bassi a livello continentale, pari all’8,7% del PIL su dati del 2019. Tutto ciò, che peraltro non tiene conto degli effetti devastanti della pandemia in atto, disegna un sistema che a tendere avrà serie difficoltà a gestire la costante crescita della domanda, e i cui effetti si sono visti chiaramente nei primi tempi del covid.

e-health e come funziona la sanità digitale

Il digitale è l’arma affilata con cui i sistemi sanitari possono affrontare le sfide di oggi e di domani: l’ottimizzazione dei servizi esistenti e la creazione di nuovi, l’efficientamento dei processi, il contenimento della spesa, la garanzia di una patient experience appagante e una gestione efficiente delle strutture sanitarie passa dal digitale, i cui effetti sono noti e riconosciuti. Eppure, mentre molti settori possono già vantare un livello di digitalizzazione elevato, il fenomeno dell’e-health è cresciuto (e sta crescendo) in modo lento e graduale, condizionato soprattutto dalla frammentazione della governance dell’SSN, che com’è noto è gestito congiuntamente dallo Stato e dalle Regioni e si manifesta come insieme di aziende pubbliche coordinate a livello regionale.

La conseguenza è un livello di maturità digitale disomogeneo e diverso sia a livello territoriale, sia da una struttura all’altra, con conseguenze importanti non solo a livello di governance (alcune strutture più efficienti, altre meno), ma anche della capacità di accompagnare il paziente nel suo ‘journey’ in modo efficiente ed efficace. Gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano quantificano in 1,43 miliardi di euro la spesa in sanità digitale (2019), con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente: il trend è positiv, ma non ancora in grado di garantire quello switch-off che sarebbe auspicabile per disegnare un sistema nettamente più avanzato e competitivo. Sotto questo profilo, però, gli effetti della pandemia potrebbero essere importanti e determinare un serio incremento di spesa per il 2020: il 45% dei CIO delle aziende sanitarie prevede infatti un aumento delle spese correnti.

Mentre le strutture sanitarie avanzano nel percorso di digitalizzazione con iniziative anche degne di nota, procede lo sviluppo centralizzato di infrastrutture portanti della sanità digitale, prima fra tutte FSE, il Fascicolo Sanitario Elettronico: a fronte di un’implementazione massiccia (18 Regioni), FSE fa registrare livelli di adesione piuttosto limitati, con percentuali superiori al 50% solamente in cinque regioni.

Mentre la strada dell’obbligatorietà resta percorribile (sul modello di quanto avvenuto con la fattura elettronica), ipotesi migliore sarebbe quella di perfezionare lo strumento, permettendone un’attivazione immediata, integrando i dati della sanità privata (al momento non presenti) e fornendo funzionalità di automazione e analisi dei dati che lo rendano più di una semplice raccolta di documenti.

Sanità digitale, gli effetti sul patient journey e la telemedicina

Il digitale applicato al macrocosmo della sanità manifesta i propri effetti lungo diverse direttrici che convergono verso percorsi di assistenza e cura migliori per il paziente e più sostenibili per il sistema.

Il primo beneficiario è il paziente, tradizionalmente alle prese con un patient journey complesso e articolato, fatto di relazioni con diversi soggetti e, purtroppo, anche con pecche e limiti che derivano da questa complessità, si traducono (soprattutto) in tempi di attesa eccessivi e capaci di condurre i pazienti verso la sanità privata. Oggi, il digitale permette ai pazienti di gestire in autonomia alcune attività come:

  • Informarsi via Internet sul proprio stato di salute
  • Tenersi in forma con app dedicate al fitness e al benessere
  • Prenotare online le prestazioni
  • Pagare le prestazioni senza fare code
  • Ricevere referti e condividerli con il medico
  • Chiedere informazioni a chatbot e assistenti digitali
  • Utilizzare dispositivi indossabili (wearable) che, da semplici contapassi, sono diventati veri dispositivi elettromedicali le cui rilevazioni vengono elaborate da strumenti di analisi (tipicamente, in-app) e andrebbero condivise con medici e strutture.

Sotto questo profilo è degna di menzione la fiorente attività delle startup che offrono servizi per il benessere fisico e psicologico della persona e che, così facendo, alimentano un concetto fondamentale della sanità digitale: l’empowerment del paziente, che non è più un soggetto passivo di cui il sistema si prende cura, ma è parte attiva nella definizione del proprio percorso, che deve essere il più “connected” possibile.

Dal punto di vista delle strutture, invece, esse hanno a disposizione svariate soluzioni pensate per ottimizzare e perfezionare il patient journey, espressione che identifica tutte le interazioni e le attività che coinvolgono il paziente e la struttura stessa: si è già detto delle prenotazioni e del ritiro dei referti online, ma si può andare oltre con software, preventivamente integrati nei sistemi informativi dell’azienda, che, ottimizzando le prenotazioni in funzione degli orari e delle risorse disponibili, eliminano le code agli sportelli (cosa quanto mai gradita in era covid), forniscono informazioni tramite totem presenti nella struttura, guidano il paziente con il digital signage, con l’IoT e, grazie all’analisi dei dati, potenziano le risorse dedicate a certi servizi andando a ridurre i tempi di attesa per visite, esami e ricoveri.

In questo filone si inserisce poi un altro pilastro dell’e-health: la telemedicina e, come naturale estensione, la telechirurgia.

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Gli strumenti di telemedicina. Fonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano

I dati dell’Osservatorio sono eloquenti sotto questo profilo: durante l’emergenza sanitaria, il 62% degli MMG (Medici di Medicina Generale) si è “convertito” alla telemedicina, il che significa che non ne aveva mai fatto uso, ma intende farlo in futuro avendone riconosciuto i benefici. Nonostante la forma più diffusa sia il tele-consulto tra strutture ospedaliere, buona parte degli esempi virtuosi di e-health in Italia riguarda progetti di telemedicina, con particolare predilezione per la tele-visita e il monitoraggio remoto di pazienti con patologie croniche e, magari, residenti in aree difficili da raggiungere o lontane dalle strutture sanitarie.

È chiaro che queste iniziative, peraltro di valore inestimabile, debbano essere integrate all’interno di un piano di livello nazionale o regionale relativo alla gestione del paziente da remoto. Per quanto concerne la telechirurgia, invece, essa è una delle grandi prospettive della medicina: sperimentazioni a parte, l’ipotesi che l’intervento chirurgico sia effettuato da un team di medici diffuso anche in tutto il mondo non è per nulla fantascienza. A tal fine, potrebbero essere determinanti le reti di comunicazione 5G, grazie al network slicing e alla latenza nell’ambito di 1 millisecondo.

Sanità digitale e il ruolo dei dati: verso una data-driven governance

Altro filone dell’e-health è la valorizzazione dei dati. Gli attori che operano nel sistema sanitario generano un’infinità di dati, la cui raccolta, elaborazione ed analisi potrebbe portare a quell’ottimizzazione del sistema che è fondamentale per affrontare a testa alta le sfide del futuro. I pazienti generano dati, i sistemi informativi delle strutture sono enormi repository di dati, lo sono le Regioni, le aziende farmaceutiche, i centri di ricerca ecc.

Attualmente, molte aziende sanitarie stanno iniziando a valorizzare i dati in proprio possesso, dati strutturati ma anche non strutturati di cui sono ricchissime (si pensi all’imaging radiologico) ma che difficilmente vengono valorizzati per comprendere l’andamento della struttura e adottare interventi strategici.

Eppure, è proprio dall’analisi dei dati che la struttura individua le necessità dei pazienti e modella l’offerta di servizi, comprende i colli di bottiglia nei processi e si attiva per rimuoverli, elimina le inefficienze che pesano su spese e budget, e indirizza in modo corretto gli investimenti per ottenere il miglior ritorno e spese sotto controllo. Tutto questo, ovviamente, sia in ottica retrospettiva che predittiva, di modo tale da ottenere i maggiori benefici possibili dall’approccio data-driven. In quest’ambito, Intelligenza Artificiale e Machine Learning sono termini che si usano con frequenza.

L’analisi dei dati permette dunque di adottare quella governance data-driven che, a livello di singola struttura e potenzialmente di sistema, può agire sulle inefficienze che hanno storicamente reso il rapporto tra paziente e sanità pubblica non sempre fluido e soddisfacente, nonché le spese fuori controllo. Si pensi, ad esempio, all’appropriatezza prescrittiva, altro pilastro di un sistema sanitario efficiente: se visite, esami, ricoveri o, più in generale, servizi sanitari vengono prescritti senza una reale esigenza, questo sottopone il sistema a stress eccessivo, aumentano i costi e si allungano i tempi di attesa. In pratica, si generano inefficienze diffuse: l’analisi dei Big Data in possesso della struttura sanitaria può aiutare molto in tal senso, favorendo l’erogazione di cure e servizi adeguati alle reali necessità soggettive.

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