IaaS efficace: network robusto e roadmap di adozione strutturata

Il modello as-a-service restituisce alle infrastrutture Ict la flessibilità richiesta dal mercato, ma non può prescindere da un network robusto e una roadmap di adozione strutturata. Al “Breakfast con l’Analista” organizzato di recente da ZeroUno in collaborazione con Interoute e Hp, si è parlato di come definire un vero e proprio cloud journey a livello strategico, tecnologico e organizzativo.

Pubblicato il 18 Lug 2014

Mentre le aziende affrontano cambiamenti strutturali importanti, il mercato chiede velocità di risposta, qualità di servizio, contenimento dei costi.

Le infrastrutture It, stratificate e complesse, con sistemi legacy poco flessibili, riescono con sempre maggiore difficoltà a soddisfare le richieste di business e il modello IaaS va affermandosi tra le scelte primarie per restituire agilità a sistemi e processi. Sono questi i “punti caldi” del recente Breakfast con l’Analista organizzato da ZeroUno, in collaborazione con Interoute e Hp.

“Oggi – introduce l’evento Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno – le aziende hanno difficoltà nell’interpretazione corretta della domanda e sono interessate più che mai da fenomeni di internazionalizzazione, delocalizzazioni, acquisizioni e fusioni. Da qui la consapevolezza di dovere intraprendere opportuni percorsi di trasformazione tecnologica per allineare al meglio It e business. In questo contesto, il cloud può rappresentare una leva per ridisegnare ambienti informativi flessibili e scalabili”.

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Se la nuvola sta via via crescendo in popolarità, come è possibile finalizzare correttamente il cloud journey? Quali trasformazioni si rendono necessarie a livello architetturale, organizzativo e di competenze?

“Finalmente è avvenuto il cambio di mindset anche presso il top management e le aziende percepiscono il cloud come elemento di innovazione e agilità per il business – interviene Stefano Mainetti, Codirettore Scientifico dell’Osservatorio cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano -. Ma ora bisogna fare i conti con il patrimonio infrastrutturale esistente perché sia fattore abilitante e non limite”. Per approfondimenti leggi l’articolo “Cloud in Italia: il 2014 è l’anno dell’azione”.

Occorre insomma lavorare sulla Cloud Enabling Infrastructure, cambiando approccio: non più sistemi informativi costruiti a silos e su misura, ma impostati sulle logiche di standardizzazione tecnologica e di industrializzazione dell’offerta. Secondo Mainetti, il 2014 rappresenta per il cloud l’anno dell’azione: il 45% delle 83 organizzazioni intervistate dall’Osservatorio ha infatti dichiarato che aumenterà la spesa complessiva per le infrastrutture abilitanti. “Nel cloud journey – sintetizza il Codirettore Scientifico – gli step da seguire, partendo dai server tradizionali, sono virtualizzazione, razionalizzazione e consolidamento, automazione, cloud ibrido. Il punto di arrivo ottimale è il software defined data center, rendendo possibile amministrare, in un’ottica di automazione, un pool di risorse scalabili attraverso una console applicativa”.

I relatori da sinistra Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, Stefano Mainetti, Codirettore Scientifico dell’Osservatorio cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano, Matteo Biancani, Enterprise Sales Director di Interoute e Luca Pozzani, Service Provider Account Manager EG – Enterprise Group di Hp

Vista la difficoltà e l’effort richiesto nel fare evolvere le architetture interne, “una scorciatoia” è l’outsourcing: e qui l’offerta è progredita passando dalle proposte di colocation e hosting ai managed services fino alle attuali soluzioni IaaS.

Mainetti fa notare infine un cambio culturale del Cio: “Secondo i dati 2013 su 2012, la direzione Ict è passata da un ruolo reattivo nei confronti delle esigenze cloud espresse dal business a uno propositivo, come partner di innovazione per le Lob”. Il responsabile It, insomma, diventa sempre più orchestratore e broker di servizi, secondo un approccio strutturato alla nuvola come fattore competitivo.

Ma spostandosi da un piano ideale all’esperienza concreta degli addetti ai lavori, come stanno vivendo le imprese il loro cloud journey?

Problemi di connettività

Secondo Lucio Gallina, Regional It Manager di Bosch, la nuvola è un tema consolidato all’interno del Gruppo internazionale, che deve fare fronte a una sostenuta complessità applicativa e competitiva: “Da noi è quasi tutto cloudizzato; tuttavia in Italia, le infrastrutture virtualizzate si scontrano con le carenze di un sistema di telecomunicazioni vetusto e non sempre affidabile”.

In Autogrill si è iniziato a parlare di cloud già da quattro anni (due anni fa, per esempio, è avvenuta la migrazione del sistema di posta da Lotus Notes a Google Apps): “Stiamo cercando di portare sulla nuvola quante più applicazioni possibili – racconta Paolo Piazza, Ict Operation Manager della società -, ma in Italia nessun provider aveva, secondo noi, un data center capace di ospitare infrastrutture e software con l’agilità tipica del cloud, ovvero con la possibilità di gestire le risorse da console in tempo zero. Quindi abbiamo deciso di seguire una strategia di virtualizzazione delle infrastrutture aziendali con VMware, così da essere pronti in futuro per il passaggio definitivo al cloud”. Anche in questo caso, la connettività, non sempre ottimale per molti punti vendita sparsi sul territorio nazionale, rappresenta un oggettivo ostacolo alla cloudizzazione.

Rotta sulla nuvola: ormai è una certezza

“Il cloud è un percorso segnato – è il commento di Matteo Biancani, Enterprise Sales Director di Interoute -. Si tratta però di avere una garanzia sui servizi: il livello di aspettativa è alto e si arriverà a considerare la nuvola come commodity; il sistema deve però funzionare perfettamente, perché sarà sempre più mission critical, visto il numero crescente di applicazioni anche core che andrà ad ospitare. Il tema fondamentale è l'affidabilità delle infrastrutture, che devono garantire adeguati livelli di continuità e sicurezza. Interoute è proprietaria di una rete in fibra ottica paneuropea di 60mila chilometri a cui si affiancano numerosi data center. Stiamo continuando a investire in infrastrutture e siamo tra i promotori di una rete passiva nazionale pubblica, messa a disposizione di tutti gli operatori alle stesse condizioni. Ciò rappresenterebbe il vero punto di svolta per la connettività”. Oltre alla copertura di rete, secondo Biancani, l’altro tema importante è la sicurezza, per cui il consiglio è “appoggiarsi sempre a cloud provider di livello enterprise”.

Luca Pozzani, Service Provider Account Manager EG – Enterprise Group di Hp prosegue il discorso sintetizzando gli step di una roadmap di successo verso il cloud: “Innanzitutto – asserisce – bisogna procedere alla razionalizzazione delle infrastrutture in-house, scegliendo quali sono le prime aree da portare in cloud. Non è un percorso di facile attuazione: ci sono applicazioni più ostiche da migrare, come gli Erp, e non bisogna trascurare il fattore culturale e di competenze, a fianco del percorso di trasformazione tecnologico. I vendor, con l’appoggio di provider specializzati, possono comunque offrire un valido supporto alle aziende nel definire la propria strategia e soprattutto i passi evolutivi”.

Driver e freni del cloud journey

A chiarire “pregi e difetti” del modello cloud è Mainetti: “Tra i driver di adozione ci sono la semplificazione della gestione infrastrutturale, l’aumento dell’efficienza, la velocità di provisioning; tra le barriere, il cambiamento nella visione architetturale, la rifocalizzazione delle competenze interne, i problemi di connettività, la standardizzazione di risorse e procedure, gli oneri e la complessità dell’intervento, il passaggio da Capex a Opex, che generano costi da mantenere sul lungo periodo”.

Secondo Roberto Ronchi, Direttore Sistemi Informativi della Fondazione Istituto Auxologico Italiano, l’infrastruttura esistente è tra i primi ostacoli all’adozione del cloud: “Nella nostra realtà, molti servizi vengono erogati da un data center unico per tutte le sedi e questo dovrebbe semplificare un eventuale passaggio a un cloud esterno; tuttavia, esistono ancora “sacche di resistenza” molto forti, per cui la modalità as-a-service non è stata estesa alla totalità delle applicazioni”. A complicare la situazione, la localizzazione del dato: spesso le macchine medicali che generano informazioni si trovano in punti con connettività limitata e sono gli stessi vendor a proporre sistemi di comunicazione proprietari.

Consumerizzazione e nuove competenze

Secondo Francesco Tusino, It Manager di Cnp Assurances, il tema del cloud è "molto affascinante": “Contrariamente a molte altre tecnologie che vengono adottate prima in ambito enterprise e poi declinate al mondo consumer [o viceversa, ndr], il cloud si è sviluppato in modo pervasivo e contemporaneo nell'It business e nell'esperienza privata delle persone. L'utente aziendale che ha maggiori conoscenze sul fronte informatico (proprio perché utilizza le tecnologie nella vita quotidiana) può rappresentare un rischio e al contempo un vantaggio per l'It: tenderà ad agire in autonomia e sarà meno rispettoso dei vincoli imposti, ma offrirà un terreno di confronto più fertile. Il management che ha sperimentato il cloud per utilizzi personali e ne ha riconosciuti i vantaggi, infatti, sarà più aperto e disponibile nel portarlo anche in azienda.”

Emanuele Andrico, It Manager produzione di A2A, concorda su questo importante cambiamento di funzione e sensibilità della direzione Ict: “Dobbiamo essere in grado di anticipare i bisogni aziendali, non aspettare che siano le Lob a chiedere: siamo noi gli orchestratori di un’infrastruttura Ict che oggi può diventare vero abilitatore di business”.


Interoute e il Globally Networked Cloud

All’interno dell’Unione Europea, Interoute, partner di Hp, possiede una rete di nuova generazione che a Ovest raggiunge il principale hub di telecomunicazioni del Nord America, a Est connette l’Asia tramite Hong Kong e il Medio Oriente passando per Dubai, mentre a Sud allaccia direttamente l’Africa al Vecchio Continente.

Attraverso 60.000 km di fibra, 21 reti metropolitane, 9 data center e 32 centri di co-locazione, con sedi operative in 26 tra le maggiori città europee, il provider internazionale serve clienti (operatori, aziende, associazioni, governi, industrie e rivenditori) in 15 delle principali lingue dell’Ue, offrendo una piattaforma unificata per i servizi informativi.

Nel 2012, l’azienda ha raggiunto un fatturato lordo di 410 milioni di euro, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. Il costante incremento delle vendite dei servizi computing e cloud rivolti alle imprese (un aumento del 28% rispetto al 2011), e la maggiore richiesta di servizi internazionali sulla rete privata paneuropea (in salita del 12,5% rispetto al 2011) sono indicati dalla società come i principali fattori di crescita.

Tra le offerte di punta, il Virtual Data Centre (Vdc), una soluzione IaaS integrata nella rete paneuropea e nella piattaforma di data center della società, che consente alle organizzazioni di creare servizi cloud dinamici e scalabili, pur mantenendo il controllo sulle sedi di hosting e archiviazione dei propri dati e applicazioni.

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