Operations

Come integrare la virtualizzazione nella strategia storage

Tre gli approcci possibili: integrato, hypervisor-centrico, storage-centrico. I rispettivi “pro” e “contro” li illustra l’esperto in materia, Marc Staimer, fondatore e senior analyst di Dragon Slayer Consulting.

Pubblicato il 19 Dic 2012

virtualizzazione-130507123233

Una svolta epocale. È così che Ryan Makamson, Senior Systems Engineer della Washington State University, ha descritto l’impatto della sua strategia di virtualizzazione storage, avviata qualche anno fa.

Makamson ha iniziato a introdurre tecnologie di virtualizzazione per il reparto IT nove anni fa. Sul lato server, la virtualizzazione era già presente da qualche anno ma il salto quantico, a detta del tecnico, è avvenuto lo scorso anno, quando è stata implementata una Virtual Desktop Infrastructure (VDI) che ha sconvolto completamente l’ambiente storage in uso. “Il nuovo ambiente VDI – ha esordito -, che serve da 6.000 a 8.000 studenti ogni anno, oltre a circa 500 docenti, ha travolto l’infrastruttura di memorizzazione esistente, andando a impattare in particolare sull’IOPS (operazioni di input/output al secondo – ndr). Ho veramente capito solo ora quanti dischi sono utilizzati da soli 100 desktop per questo tipo di operazioni. Non ho mai pensato che avrei potuto saturare alcuni dei nostri dispositivi di storage più grandi, ma il VDI lo ha fatto”.

Makamson ha descritto l’attuale strategia di archiviazione come da tradizione: una combinazione di dispositivi di storage iSCSI e Network File System (NFS) di due affermati fornitori. “Stavamo cercando di adattare dei pioli quadrati a dei buchi rotondi – ha detto -. Questo non vuol dire che le vecchie tecnologie storage non siano buone, semplicemente ci siamo resi conto che occorre abbracciare le nuove tecnologie che vengono messe a disposizione all’interno degli ambienti virtualizzati perché sono più adatte di quelle tradizionali per questo tipo di ambiente”.

L’utilizzo di sistemi di archiviazione standard con il VDI non era più efficiente, sia dal punto di vista della gestione del tempo che dell’OPEX (OPerating EXpenditure, ovvero costi operativi), ha spiegato il tecnico. “Trovare una soluzione di storage che abbracciasse la virtualizzazione nativamente ci ha aiutato ad affrontare alcune preoccupazioni a livello di costi operativi, visto che questo tipo di soluzioni è in grado di massimizzare la capacità di memorizzazione lungo tutte le macchine virtuali”. Per non parlare, ha aggiunto, del fatto che l’aggiornamento del vecchio ambiente di archiviazione, necessario per soddisfare le esigenze di maggiore capacità, sarebbe stato piuttosto costoso. Circa nove mesi fa, Makamson ha sostituito l’ambiente di archiviazione esistente con una serie di appliance storage flash-based pensate nativamente per supportare le esigenze specifiche delle virtual machine. Si tratta di soluzioni della startup californiana Tintri.

Tre gli approcci da considerare
Secondo Marc Staimer, fondatore e senior analyst di Dragon Slayer Consulting, per i CIO costretti a fronteggiare il problema di trovare nuove soluzioni storage per ambienti virtualizzati, ci sono tre approcci di storage primario da considerare: approccio integrato, storage hypervisor-centrico e storage-centrico.

Approccio integrato
Offre una soluzione chiave in mano al problema. “L’approccio integrato vi costerà”, avverte Staimer, ma è una buona soluzione per i CIO che sono a corto di personale o si trovano ad avere a che fare con del personale che ha avuto problemi, in passato, con la gestione e l’integrazione di un ambiente virtuale in azienda.
A conti fatti, quando tutto il progetto è messo in piedi, tirando le somme si scoprirà che, nel confronto con le altre due soluzioni, questa si associa a un maggior costo totale di possesso (TCO) su entrambi i fronti CAPEX (CAPital EXpenditure) e OPEX. Questo approccio combina server fisici e server virtuali, reti di storage e soluzioni gestionali in unico pacchetto. La soluzione “chiavi in mano” è pre-configurata e testata per l’ambiente nel quale andrà a integrarsi direttamente dal venditore. “Il vantaggio è che si perderà molto meno tempo nelle fasi di implementazione, gestione e aggiornamento dell’ambiente di memorizzazione”, ha detto. Quindi, gli aspetti positivi sono l’implementazione più veloce, la riduzione della probabilità di fallimento dell’iniziativa e il fatto che ci si mette in casa una soluzione già dimensionata per il proprio ambiente, eliminando gran parte degli aspetti congetturali legati a un progetto tradizionale.

I venditori di soluzioni appartenenti a questa categoria includono la joint venture VCE Vblock di VMware, Cisco ed EMC, NetApp, HP, Dell, IBM e Nutanix. Uno svantaggio evidente del fatto di utilizzare un’unica soluzione è il cosiddetto “vendor lock-in”.
“I contro sono la ridotta flessibilità, unita al fatto di dover utilizzare una strategia del tipo rip-and-replace, se si decide di passare a un’altra soluzione”, ha detto Staimer. Tra gli aspetti positivi, questo approccio non costringe a scegliere tra fornitori di componenti quali hypervisor, storage e server quando sorge un problema.

Approccio hypervisor-centrico
Questa strategia storage è, come suggerisce il nome, la gestione dello storage attraverso l’hypervisor. In questo scenario, l’hypervisor ha uno strato software che virtualizza la Storage Area Network (SAN) o il Network Attached Storage (NAS) e che si collega alla macchina virtuale. “Si possono fare attività di gestione, snapshot, replica e disaster recovery, tutte all’interno dell’hypervisor”, ha detto Staimer.

Un punto a sfavore di questo approccio è la velocità con cui vengono distribuite le macchine virtuali, perché gli amministratori dell’hypervisor sono direttamente responsabili del provisioning dello storage per tutte le VM.
Il TCO è inferiore rispetto a un approccio integrato, in quanto i sistemi di storage stessi, in questo scenario, sono meno costosi.
Gli svantaggi includono le limitate funzionalità di storage possibili (ad esempio, il numero di snapshot che possono essere creati in confronto a una soluzione del tipo storage-centrico) e i problemi relativi allo splitting delle risorse di memorizzazione, difficilmente condivisibili con altri hypervisor o server fisici.

Pochi i vendor presenti in questo spazio, tra cui i principali produttori di hypervisor quali VMware e Microsoft, EMC, NetApp e la neonata Tintri.

Sistemi storage-centrici
Questo approccio storage è conforme ai tradizionali ruoli IT e continua ad avere un grande seguito. In questo caso, si gestiscono le macchine virtuali e l’hypervisor attraverso il sistema di gestione dello storage. Il controllo è, quindi, nelle mani degli storage administrator.
I vantaggi di questo approccio sono il controllo centralizzato, con conseguente riduzione dello spazio inutilizzato. “C’è un utilizzo delle risorse di memorizzazione molto più alto associato a questa strategia, perché è più facile condividere lo storage con un mix di macchine fisiche e virtuali o con diversi hypervisor”, ha spiegato Staimer. L’approccio crea anche una visione centralizzata della protezione dei dati e della disaster recovery e si allinea con i ruoli IT tradizionali ancora presenti in molti data center, riducendo al minimo le battaglie sulla paternità dello storage.

Il problema principale con questo tipo di approccio è limitato al provisioning self-service delle macchine virtuali agli utenti finali, cosa questa che potrebbe causare dei colli di bottiglia, anche se i vendor stanno cercando di colmare questa lacuna.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati