RFId come differenziale competitivo. Le luci e le ombre

Pubblicato il 03 Ott 2007

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Giunto al terzo anno consecutivo, l’Osservatorio RFId della School of Management del Politecnico di Milano ha recentemente presentato i risultati del Rapporto 2007. Il quadro emerso dall’analisi dello stato delle applicazioni in Italia e dello scenario di mercato risulta frammentato e contraddittorio: accanto ad alcuni aspetti positivi, affiorano dati interlocutori ed altri poco confortanti.

Il Rapporto dell’Osservatorio RFId della School of Management del Politecnico di Milano ), ormai punto di riferimento per l’analisi dello stato dell’arte di questa tecnologia in Italia, giunge al terzo anno di vita con una fotografia piuttosto complessa e di difficile lettura che, accanto al cresciuto numero delle applicazioni e dei progetti di applicazione analizzati (835, di cui quasi 450 esecutivi o giunti ad uno stadio avanzato di sperimentazione, che coinvolgono oltre 600 organizzazioni pubbliche e private), mostra un valore di mercato ancora molto modesto: 110 milioni di euro in totale, con progetti che raramente superano i 50 mila euro di investimento.
ZeroUno ha intervistato Giovanni Miragliotta (nella foto), responsabile della Ricerca Osservatorio RFId, incontrandolo presso l’RFId Solution Center, il centro di competenza del Politecnico di Milano – Dipartimento di Ingegneria Gestionale (http://www.dig.polimi.it/ ) e Dipartimento di Elettronica ) – Hp (www.hp.com ) e Intel (http://www.intel.com/ ) creato per favorire la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione delle tecnologie RFId.

Lo scenario di mercato
“Il grado di vitalità delle applicazioni RFId in Italia è certamente rilevante – esordisce Miragliotta – e possiamo vantare il fatto che, da un punto di vista generale, siamo in linea con tutti gli altri paesi dell’Europa e del mondo”. Analizzando i numeri, il Rapporto 2007 evidenzia un aumento delle applicazioni di oltre l’80%; nell’aprile 2005 le applicazioni censite erano solo 137, passando a 460 nel giugno 2006. Nel giugno di quest’anno il numero è cresciuto a 835, delle quali oltre 300 sono già esecutive e 145 in fase di concreta sperimentazione (ossia progetti pilota già avviati e in fase di test).
Il dato positivo che emerge è legato allo stato di avanzamento delle applicazioni (vedi figura 1); confortante, infatti, è il fatto che le applicazioni esecutive sono passate da 136 nel giugno 2006 a ben 303 nel giugno 2007, quindi più he raddoppiate.

Figura 1 – Fotografia dello stato di avanzamento delle applicazioni RFId in Italia

Osservando la suddivisione per settore, emerge che le applicazioni con maggior grado di avanzamento (esecutive, progetti pilota avviati o test tecnologici in atto) sono adottate da organizzazioni che operano nei servizi. Il 17% di queste applicazioni, infatti, è adottato dal segmento dell’Entertainment e dell’Education, il 12% dal settore dei Trasporti delle persone, seguito dalla Pubblica Amministrazione e dalla Sanità entrambe con l’8% (vedi figura 2). L’analisi per settore mostra, inoltre, un interessante dato relativo ai settori del Grocery-Fresco e quello del Tessile-Moda, entrambi con una percentuale pari all’8% in termini di adozione delle tecnologie RFId.

Figura 2 – La suddivisione delle applicazioni RFId con maggior grado di avanzamento (esecutive, progetti pilota avviati o test tecnologici in atto) per singolo settore di mercato


L’ambito applicativo
L’analisi dei dati rilevati dall’Osservatorio del Politecnico di Milano mostra un quadro degli ambiti applicativi ormai piuttosto noto. Quasi il 70% delle applicazioni RFId, infatti, sono di fatto concentrate in 5 ambiti (vedi figura 3): supporto alle operations (25%), identificazione e autenticazione (15%), logistica di magazzino (12%), asset management (10%) e ticketing e pagamenti (9%).

Figura 3 – La suddivisione delle applicazioni RFId con maggior grado di avanzamento(esecutive, progetti pilota avviati o test tecnologici in atto) per ambito applicativo

Tuttavia, facendo un’analisi più approfondita e distinguendo tra applicazioni esecutive, progetti pilota e test tecnologici emerge, per esempio, che le applicazioni di Crm che sfruttano la tecnologia RFId sono tutte già esecutive (il 9% delle 303 applicazioni esecutive analizzate dall’Osservatorio) e che le applicazioni di supporto alle operations, nonostante vantino una buona percentuale tra quelle già in esecuzione (22%), registra percentuali elevate anche tra le applicazioni impiegate nei progetti pilota (29%) e in fase di test tecnologico (32%).
“L’area delle operations, così come quella della gestione della logistica di magazzino, è un’area molto delicata sotto più punti di vista – spiega Miragliotta. – La gestione strategica delle operations interessa diversi ambiti nell’organizzazione delle risorse e l’adozione di una tecnologia impatta a diversi livelli aziendali. Il valore generato dall’impiego della tecnologia RFId, in questo senso, non è di facile intuizione e la valutazione implica l’analisi dei benefici e dell’efficienza, prima di tutto (attraverso l’analisi delle modifiche di processo possibili attraverso l’adozione della tecnologia RFId); l’analisi dei benefici in termini di efficacia e di quei vantaggi intangibili che non sempre si riescono a valutare in termini quantitativi; la valutazione dei costi, sia di implementazione che di gestione successiva”.
“Le percentuali elevate che rivelano ancora numerose sperimentazioni dell’impiego della tecnologia RFId nell’ambito del supporto alle operations sono quindi da leggere positivamente”, commenta Miragliotta.

Grado di adozione dell’RFId
Dal Rapporto 2007 emerge che, in Italia, vi sono oltre 40 strutture sanitarie coinvolte a vario titolo nella sperimentazione e nello sviluppo di soluzioni. L’attenzione è principalmente orientata alla gestione del rischio clinico, laddove la tecnologia RFId può dare un contributo alla prevenzione degli errori (identificazione del paziente, percorso clinico e accesso alla cartella clinica, informatizzazione dei processi di controllo qualità, ecc.).
In ritardo rispetto ad altri paesi, l’utilizzo in Italia della tecnologia per la gestione degli asset in campo medicale (ad esempio per la localizzazione, la tracciabilità e la gestione inventariale di asset biomedicali, come i defibrillatori, e non, come i letti).
Analizzando la Pa, si nota che il quadro applicativo appare focalizzato su due aree principali: l’identificazione dei cittadini (passaporto elettronico, carta nazionale dei servizi, carta d’identità elettronica) e la gestione dei beni di valore (quali ad esempio quadri o arredi, preziosi, ecc.), in linea con le best practice adottate a livello internazionale. Un ambito applicativo di particolare interesse risulta quello della gestione documentale. Il Tribunale di Milano (www.tribunale-milano.net) ha avviato un progetto che sfrutta le tecnologie RFId per conoscere il posizionamento, l’iter amministrativo, l’identificazione delle responsabilità di consultazione e restituzione dei fascicoli giudiziari in modo certo e controllabile. Particolarmente fiorente il settore Fashion dove si registrano 40 progetti in corso, di cui 8 con applicazioni già esecutive. Il largo consumo è, invece, uno degli ambiti in cui risulta più marcata la distanza tra Italia ed altri paesi. “La causa non è da imputare semplicemente al ritardo nella liberalizzazione delle licenze UHF (maggio 2007) – precisa Miragliotta – ma anche ad un atteggiamento culturale degli operatori che preferiscono attendere invece che sperimentare. L’imparziale inaffidabilità delle tecnologie, non ha, per esempio, impedito a colossi come Wal-Mart (www.walmart.com) o produttori come Procter&Gamble (www.pg.com) di sperimentare l’utilizzo delle tecnologie RFId, anche imponendo la loro scelta su partner e collaboratori”.

Rfid: quale valore?
Al di là dei numeri positivi, si legge nel Rapporto 2007 dell’Osservatorio RFId, vi è la netta percezione (supportata dai casi analizzati) che le applicazioni RFId mostrino, ad oggi, ancora una scarsa capacità di incidere, come fattore di cambiamento, sulle organizzazioni. Il confronto tra il numero di imprese che si è avvicinato a questa tecnologia (centinaia) e il numero di organizzazioni che grazie all’RFID hanno riscontrato un reale cambiamento innovativo (solo qualche decina) è scoraggiante.
“La prima causa della ancora scarsa concretizzazione delle sperimentazioni in Italia – dice Miragliotta – è certamente da attribuire alle licenze UHF, la cui liberalizzazione è arrivata tardi. Finora l’Italia ha lavorato sulle frequenze HF che però implicano costi enormi di sviluppo e hanno limiti oggettivi anche nell’impiego stesso delle tecnologie perché non consentono letture e rilevazioni a medio lunghe distanze”.
La percezione del valore è certamente un altro aspetto che fa da deterrente all’adozione delle tecnologie RFId perché di difficile analisi e quantificazione. “Una volta definito che la tecnologia permette la realizzazione di un progetto – spiega Miragliotta – resta da definire dove e come impatta e quanto realmente porta beneficio, a quali livelli e con che conseguenze”.
Altro fattore che finora ha contribuito a frenare l’adozione e la sperimentazione delle tecnologie RFId è la poca chiarezza dell’offerta. “Le aziende si chiedono chi sono gli operatori complessivi del settore, quali i ruoli e le competenze di questi operatori, quale l’attore o il partner più adatto, ecc. Su questo fronte c’era, fino a un paio d’anni fa, un po’ di confusione che andava chiarita, in primis specificando che in un progetto RFId intervengono diversi protagonisti eterogenei”, chiarisce Miragliotta. “Il vendor che fornisce l’hardware, per esempio, non ha le giuste competenze per garantire la corretta integrazione all’interno delle organizzazioni e non è nemmeno l’ingegnere di processo che analizza e valuta gli impatti e i benefici”.
Da ultimo, ma non meno importante, il limite della fisica. “L’RFId non è una tecnologia semplice; richiede esperti di vari settori, tra i quali anche esperti di campi e trasmissione RF. Quando si verificano problemi, per esempio, non sempre sono di natura informatica o elettronica funzionando con onde e frequenze radio, a volte il problema può essere affrontato solo se ricondotto alla fisica”.
Tutto ciò per dire che se, fino ad oggi, l’adozione delle tecnologie RFId ha avuto delle limitazioni è del tutto comprensibile, anche se, dice Miragliotta, “Il momento è maturo per dare una svolta e iniziare a dar vita a progetti più ampi capaci di identificare il vero valore dell’RFId e l’impatto sulle organizzazioni e sui processi”.

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