Prospettive

Le 5 capacità per fare l’IoT

Ecco come dev’essere strutturata una piattaforma software in grado di supportare le attività di business derivanti dall’Internet delle Cose e come si sta sviluppando la relativa offerta. Alcune indicazioni da Forrester

Pubblicato il 17 Set 2016

Foto di Drone

L’elemento caratterizzante dell’IoT è dato dal fatto che l’elaborazione digitale viene estesa a un nuovo mondo di oggetti fisici che tramite infrastrutture di comunicazione sono posti in relazione tra di loro e con le persone che ne fanno uso, al fine di creare scenari operativi che configurino nuove opportunità di business. Tutto ciò però non si può fare con le soluzioni che tuttora formano il patrimonio software ‘di base’ per la gestione di un’impresa, che è di norma costituito dai pacchetti a supporto dei processi transazionali del ‘system of records’ (Erp, Scm, Crm e così via). Né si può fare con le sole soluzioni a supporto dei processi informativi, dalla Bi ai sistemi cognitivi, per quanto siano quelle che generano il valore di business. E non si può fare nemmeno con le attuali piattaforme per il ‘system of engagement’, (social networking, apps store and delivery e così via), sebbene l’IoT si possa far rientrare in parte in questo modello per gli effetti che ha sulle attività, lavorative e non, delle persone.

Per abilitare le relazioni IoT di cui s’è detto occorre quindi una nuova generazione di soluzioni, che vadano nell’insieme a realizzare una piattaforma software che Forrester Research definisce come quella “capace d’interconnettere e gestire dispositivi ‘smart’ e infrastrutture al fine d’integrare i dati operativi e di controllo nei processi relativi al business e alla clientela”. Accettando questa definizione si conviene anche di estendere il concetto di business al miglioramento delle funzioni e del servizio all’utente dato dal rendere ‘smart’ un qualsiasi oggetto, dalla  lavatrice all’automobile. Aver ben presente questo punto è importante perché alla fin fine è il business, o meglio ancora la ‘bottom line’, cioè il profitto, lo scopo ultimo dell’IoT.

Cinque punti per ‘fare IoT’

Per potersi dire completa, una piattaforma IoT deve avere cinque ‘capacità’. In ordine crescente nello stack tecnologico, nel senso che le funzioni di ciascuna capacità sono legate a quelle delle capacità precedenti, queste sono: connettività, sicurezza, gestione, analisi e sviluppo. Per un primo orientamento a chi voglia considerare l’IoT per la propria impresa vediamo insieme, sfruttando le linee-guida di un recentissimo studio (aprile 2015) che Forrester ha condotto sul tema con interviste a più di 3.000 decisori di società di ogni dimensione a livello globale, di che si tratta e di come sta evolvendo l’offerta tecnologica.

  • Connettività – Costruisce, come ovvio, l’infrastruttura che lega gli oggetti all’analisi delle loro funzioni. Per i dispositivi che devono comunicare a notevole distanza, come i sensori montati sulle automobili, esistono piattaforme specializzate che sfruttando entrambe le tecnologie base della telefonia mobile, Gsm e Cdma, possono gestire il trasporto dati wireless su più carrier e provvedere ai relativi billing. Alcuni nomi del settore sono Aeris, Jasper Technologies e Kore Telematics, specialista in machine-to-machine. Per i dispositivi installati in postazioni fisse, in casa come in fabbrica, o dove basta una connettività locale, esistono protocolli specializzati (ad esempio l’M-Bus per la lettura dei contatori, l’Xmpp per la messaggistica, il CoAp per i dispositivi elettronici e l’Mqtt nei casi dove la banda libera è limitata), tutti più efficienti dell’Http e che la piattaforma IoT dovrà supportare.
  •  Sicurezza – Oltre alla protezione dei dati, fondamentale per ogni piattaforma IoT e alla quale dedichiamo l’articolo di pag. 40, il software deve comprendere funzioni di sicurezza per la protezione della rete, la sicura identificazione dei dispositivi, l’autenticazione e gestione degli accessi, la gestione degli Sso (single sign-on), il controllo degli upgrade software e firmware, nonché per il tracciamento delle operazioni ai fini dell’auditing e della conformità normativa. Queste funzioni fanno parte dei più completi sistemi di Identity & Access Management e sono spesso fornite in partnership con vendor del settore, come Rsa (divisione di sicurezza di Emc) o Ca Technologies, per fare solo due nomi.
  • Gestione – Gli scenari operativi di un progetto IoT possono comprendere anche decine di migliaia di oggetti, a volte omogenei (come i contatori telecontrollati), ma spesso disparati. È necessario quindi che la piattaforma offra funzioni di provisioning e configurazione dei dispositivi fisici e logici connessi e che, una volta in produzione, questi siano monitorati tenendo traccia di ogni evento, dagli aggiornamenti software agli eventuali comportamenti anomali e/o difettosi. Lo stesso approccio vale, tenute in debito conto le norme sull’uso dei dati sensibili, per gli stessi utenti, che possono essere visti dal software di gestione come ‘oggetti logici’ da monitorare e il cui ‘buon funzionamento’ è dato dalla coerenza ai pattern comportamentali rilevati.
  •  Analisi – La capacità analitica, che permette di trasformare i dati in informazioni rilevanti e tempestive dalle quali discendono le azioni da intraprendere, è evidentemente quella che più di ogni altra genera valore dall’IoT. Al limite, potremmo dire che è la ragion d’essere dell’IoT dal punto di vista del business. Per questo, nella visione di tecnologia al servizio della competitività, è stata assunta a chiave di lettura dell’intero fenomeno IoT nell’articolo di apertura, al quale rimandiamo per ogni approfondimento.
  •  Sviluppo – Una piattaforma software completa deve permettere agli sviluppatori di fornire regole di business e data management agli oggetti connessi in modo che possano essere trattati secondo le capacità IoT della piattaforma stessa e secondo i bisogni e l’ambiente It dell’impresa. Occorrono quindi strumenti di sviluppo e di scripting e Api per le business suite di Ibm, Microsoft, Oracle, Sap e quant’altro sia presente in azienda. Un esempio del genere è la Amap (Agile Mobile Application Platform) che Ayla ha presentato lo scorso maggio alla IoT World Conference di San Francisco e che permette agli Oem di dispositivi mobili iOS e Android di trasformare i loro prodotti in oggetti connessi via cloud con funzioni di provisioning e gestione attuate da remoto.

Una strada di semplificazione

Abbiamo visto come l’Internet delle Cose necessiti di soluzioni software dedicate. Ma se il fine ultimo dell’IoT è fare business, queste non possono restare del tutto avulse dai sistemi gestionali aziendali. E infatti la progressiva integrazione del software IoT nei ‘systems of records’ dell’impresa è la strada che vedremo percorrere nei prossimi anni.

Osservando le capacità che abbiamo più sopra elencato si può notare come alcune, cioè quelle relative alla connessione e alla gestione dei dispositivi, siano peculiari dell’IoT e ne costituiscano lo ‘zoccolo duro’, di derivazione machine-to-machine ed evolutosi dalle reti di controllo dei sistemi industriali. Altre invece, e cioè la sicurezza, le analisi (e il reporting) e gli strumenti di sviluppo applicativo sono presenti, con diversi livelli d’integrazione e di funzionalità, anche nei sistemi aziendali.

L’IoT non è una cosa improvvisamente uscita dal nulla, ma è innegabile che oggi emerge in quella che possiamo definire la sua ‘giovinezza’, il momento dove un numero crescente di Ceo, Cio e top manager viene coinvolto dalle opportunità del fenomeno e chiede all’It di studiare il da farsi e avviare dei progetti. In questa prima fase ciò che si chiede all’offerta tecnologica è di funzionare presto e bene: bisogna fare in fretta per sfruttare il vantaggio competitivo. Serve quindi avere una piattaforma software completa e integrata, o almeno coerente nelle scelte tecnologiche di base, che si possa rapidamente implementare. Se ciò comporta acquisire (e pagare) funzioni di cui già si dispone, è una cosa che si può tollerare, considerando anche che, specie per le analytics e lo sviluppo applicativo, gli strumenti dell’offerta IoT sono di solito più adatti ai nuovi compiti e quindi si rivela necessario acquisire soluzioni in grado di rispondere a questi compiti. È chiaro però che creare un nuovo silos tecnologico e sovrapporre funzionalità va ad aumentare la complessità dell’intero sistema. Secondo la già citata analisi Forrester è quindi molto probabile che l’evoluzione delle piattaforme IoT si svilupperà attraverso una seconda e una terza fase.

Nella seconda fase si assisterà ad attività convergenti tra i vendor di estrazione business e quelli di estrazione industriale per dotare le rispettive soluzioni di funzionalità mirate all’IoT e per fornire Api in grado di realizzare reciproche connessioni tra il software di classe Erp e quello di classe Plm. Secondo Forrester ciò dovrebbe svilupparsi tra il 2016 e il 2019, ma certi segnali provenienti dal mercato (per esempio il recente annuncio di Sap relativo all’apertura all’IoT della suite S4/Hana e quello, di poco anteriore, delle analytics e dei tool di sviluppo di Ptc) ci fanno credere che questa fase sia in realtà già avviata.

In una fase successiva, dal 2020 in avanti, si dovrebbe assistere all’integrazione dei sistemi enterprise e di quelli per l’IoT in una piattaforma unificata, dove andranno a confluire le capacità ‘core IoT’ relative a connettività, sicurezza e gestione degli oggetti e quelle, ‘all-purpose’ di analisi e sviluppo oggi offerte dalle più potenti suite business. Riguardo queste ultime, Forrester si aspetta che Oracle, Google e altri si uniscano a Ibm, Microsoft, Sap e Salesforce nel completare la propria offerta, anche tramite acquisizioni, con applicazioni analitiche e strumenti di sviluppo specifici per l’IoT.

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