Applicazioni web e mobile: la performance è ‘questione di business’

Strategia, approccio olistico e abilità nell’uscire dalla sola vista tecnologica. Sono questi gli ingredienti del “nuovo” modo di fare Application Performance Management (Apm), soprattutto laddove stanno prendendo sempre più piede le applicazioni web e mobile. David Flower (nella foto) Vice President Emea, Apm Business Unit di Compuware, spiega perché l’Apm assume un ruolo nuovo e diventa “questione di business”.

Pubblicato il 01 Set 2011

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La diffusione del modello “as-a-service” consente di fruire delle tecnologie sfruttando il web e di utilizzare le applicazioni da qualsiasi device semplicemente con una connessione a Internet. Tuttavia, a fianco di questa grandissima opportunità, c’è un rovescio della medaglia e viene dalla necessità per le aziende di dotarsi di strumenti di misurazione delle performance di tipo “outside-in”, capaci cioè di analizzare la qualità del servizio applicativo dal data center fino al device dell’utente finale, che può essere un cliente, un partner, un dipendente o un collaboratore dell’azienda. In ogni caso, un utente che utilizza i servizi applicativi che gli vengono offerti. “Si tratta di un cliente che vuole ritrovare in un nuovo modo di fare acquisti (online) o di lavorare (in qualunque luogo con un laptop, uno smartphone o un tablet, ecc) la stessa qualità di servizio e user experience alla quale è abituato entrando in un negozio tradizionale o lavorando dal desktop dell’ufficio” – esordisce David Flower Vice President Emea, Apm Business Unit di Compuware.
“Secondo Morgan Stanley – aggiunge Flower -, gli utenti che utilizzeranno Internet da device mobili a livello globale supereranno gli utenti che usano il web attraverso i Pc entro pochi anni (già nel 2014). È evidente che le aspettative sulle prestazioni, la qualità e i livelli di servizio per la mobility siano alte. Gli utenti danno già per scontato di poter avere gli stessi servizi e le stesse prestazioni (se non addirittura superiori) rispetto a quelle abituati ad avere con l’utilizzo di Internet su computer”.
E gli impatti che queste aspettative e richieste hanno sulle aziende sono trasversali lungo tutta l’organizzazione: “benché il Cio e i dipartimenti It abbiano un ruolo di primaria importanza nella preparazione delle architetture necessarie ad abilitare tali servizi applicativi, essi sono principalmente dei “key-bridge”, cioè il ponte, lo snodo principale per unire tecnologie e business”, descrive Flower. “La non qualità del servizio o il malfunzionamento dell’applicazione, infatti, ha dei risvolti dirompenti direttamente sul business, a partire dal mancato profitto (per esempio se una vendita online non va a buon fine a causa dell’interruzione dell’applicazione che gestisce la transazione), fino al danno di immagine e del brand aziendale”.
“Un utente non soddisfatto, infatti, non solo può cercare altrove ciò che gli serve con estrema facilità, ma può diventare anche un messaggero di cattiva pubblicità”, evidenzia Flower, “e è un rischio molto alto nell’era di Internet”.
“Compuware – aggiunge il Vice President Emea – ha svolto numerosi studi e analisi sul tema ed ha più volte evidenziato quanto sia alto e reale il rischio di abbandono di una pagina web da parte dell’utente in virtù di un malfunzionamento, anche temporaneo e limitato. Ci sono casi concreti di realtà aziendali (anche di respiro internazionale) che hanno avuto evidenti impatti sul business a causa di un inefficiente controllo delle performance applicative”.
“Il potere oggi è in mano ai “consumatori” e il modo di interagire con le aziende è profondamente cambiato – aggiunge Flower -. Contemporaneamente anche il modo di lavorare delle aziende e di fare business è cambiato. Il delivery delle applicazioni, quindi, è un aspetto che impatta su più livelli. Da un punto di vista meramente tecnologico, l’It deve comprendere gli effetti di ambienti multi-browser e multi-device sulla gestione delle prestazioni e far fronte a queste nuove sfide abilitando sistemi multi-channel in grado di soddisfare l’esperienza utente, indipendentemente dagli strumenti attraverso cui questa si concretizza. Da un punto di vista organizzativo, l’It deve capire quali potrebbero essere i nuovi canali di business della propria azienda per abilitare servizi applicativi adeguati, e questo richiede una fortissima interazione con i responsabili delle line of business, oltre alla capacità di avere una visione olistica e all’abilità di predisporre una strategia orientata al concetto di performance”.
“Compuware, infatti, propone prima di tutto esperienza, know how e best practice – conclude Flower – affinché l’Application Performance Management diventi un “modus-operandi” strategico e non uno strumento tecnologico fine a se stesso. A nostro avviso, infatti, prima di tutto è necessario costruire una mentalità aziendale attorno al concetto di performance applicative che deve partire dall’analisi del proprio modello di business, dalla valutazione degli asset critici e di quelli strategici necessari a supportare il processo di trasformazione dell’azienda. Dopodiché, si può procedere a livello tecnologico a disegnare un sistema di controllo delle performance che non sia limitato agli asset tecnologici ma che tenga conto degli impatti di business che le performance tecnologiche possono provocare”.

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