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Verso un’Europa autonomamente exascale con EPI

In futuro, si potranno scegliere dei processori made in Europe e a basso consumo, senza dover accettare compromessi su prestazioni e utilizzo. Saranno anzi adatti a supportare un ampio numero di applicazioni per la scienza e l’ingegneria, oltre a quelle AI.

Pubblicato il 09 Mar 2023

exascale

L’Europa si sta preparando a “essere exascale” e indipendente, con il progetto EuroHPC. Ma non solo. Mentre assistiamo al suo sviluppo, festeggiando il “nostro” supercomputer LEONARDO e facendo il count down per JUPITER, si sta lavorando anche alla tecnologia “al contorno”. Mediaticamente più ostile, ma pragmaticamente fondamentale. Questi sforzi confluiscono nella European Processor Initiative (EPI), oggi in piena seconda fase di realizzazione.
Il progetto, nell’ambito di EuroHPC, ha l’obiettivo di rendere l’UE computing-indipendente, lavorando alla costruzione dei futuri processori europei, perché siano ad alte prestazioni e basso consumo. Costituirebbero un vantaggio strategico, pensando alla sovranità tecnologica europea, ma anche ambientale, considerando le prestazioni e l’efficienza energetica drasticamente migliori che si raggiungerebbero.
Con i suoi 28 partner, provenienti da 10 Paesi membri, EPI agisce per supportare il supercalcolo europeo, concentrandosi sulle tecnologie di processore basate sull’ISA e sull’architettura ARM, per coprire le esigenze a breve termine, e sulle tecnologie di accelerazione HPC basate su RISC-V, per obiettivi più lontani nel tempo. I fondi utilizzati, provenienti da Horizon2020, attraverso EuroHPC JU, si traducono in un investimento su aree in cui molti Paesi dell’Unione vorrebbero dire la propria. Oltre al miglioramento delle tecnologie IT e per l’uso dei Big Data, si prevedono vantaggi competitivi anche per applicazioni emergenti come i veicoli a guida autonoma e la video analisi industriale.

POC, tecnologie e un viaggio nel futuro dell’automotive: la prima fase di EPI

Gli obiettivi a lungo termine danno concretezza, ma sono da coltivare partendo dagli elementi base, accertandosi della solidità e del carattere definitivo dell’intervento affidato a EPI. Nella sua prima fase triennale (2018-2021), infatti, le attività programmate riguardavano la realizzazione di un processore general-purpose (GPP), e di una POC dell’acceleratore EPI (EPAC).
A questi due elementi intersettoriali, si è poi aggiunta un’attività applicativa specifica in ambito automotive. La prima generazione del GPP, nome in codice Rhea, è il risultato dell’integrazione di tecnologie EPI, realizzata massimizzando prestazioni, efficienza di memoria energetica, larghezza di banda. Ha già la dote di essere configurabile e personalizzabile, e consente trasferimenti di dati ad alta larghezza di banda tra core, acceleratori, I/O e risorse di memoria condivisa. C’è lo zampino dell’italiana E4 Computer Engineering, che ha realizzato l‘Intermediate Bus Connector a supporto.
La stessa azienda ha fornito anche la Daughter Board per il Test Chip dell’acceleratore EPI, infrastruttura chiamata a garantire un’accelerazione energeticamente efficiente. “Questo passaggio è stato previsto per far sì che EPAC servisse al meglio un ampio numero di applicazioni. Ci ha permesso di farlo testare ai membri del consorzio sui loro sistemi, per poi comprendere quali tecnologie validare e quali migliorare” spiega Cosimo Gianfreda, CEO di E4.
La perfezione non sempre si raggiunge subito, ma il Test Chip e la POC hanno dimostrato che è possibile sia creare un design esclusivamente europeo, sia usare una ISA open-source libera da licenze proprietarie e restrizioni all’esportazione. Una certezza importante, più che mai preziosa perché ottenuta già fin dalla prima fase. Un buon motivo per guardare all’orizzonte applicativo attuale come quello dell’automotive. La prima fase di EPI, infatti, ha visto anche la realizzazione di microcontrollore embedded ad alte prestazioni, in grado di soddisfare in modo sicuro e sostenibile, la crescente domanda di potenza di calcolo di questo settore. Testata su una BMW X5 omologata, questa piattaforma include telecamere intelligenti integrate e un software di analisi delle immagini radar ma, soprattutto, è scalabile e aperta a ulteriori tecnologie. Un elemento concreto su cui ricamare i propri sogni sulle auto del futuro, autonome almeno fino al livello 4, grazie alle tecnologie di EPI.

Lavori in corso, progetti di industrializzazione in vista

Le soddisfazioni e le conferme ottenute nella prima fase non hanno rallentato la seconda, iniziata a gennaio 2022. È il momento in cui andare oltre agli sviluppi iniziali, migliorando le tecnologie esistenti, per dare vita alla nuova generazione di strutture per l’HPC europeo. È anche il momento di mettere a terra percorsi di industrializzazione e commercializzazione.
Obiettivi ambiziosi, che fanno immaginare una EPI robusta e valida per molti segmenti verticali europei e in grado anche di attrarre interessi extra UE. Passaggio obbligatorio per avverare questo sogno, lo sviluppo della seconda generazione di GPP. L’obiettivo “aggregato” a questo step evolutivo è uno standard aperto di piattaforma comune, mirata a interfacciare in modo efficiente processori e acceleratori nel pacchetto, implementando la coerenza della cache e convalidando le “toolchain” e i tempi di esecuzione tra processori e acceleratori.
Serve una seconda generazione anche di chip di prova per acceleratori a basso consumo, sempre da testare, per garantire concretezza applicativa. Nella sua seconda fase, EPI si concentra inoltre sull’area dell’edge computing, con l’elaborazione di POC specifiche legate a navette autonome o videosorveglianza, per ottimizzare il percorso di scalabilità dell’HPC, adattandolo ai vincoli stringenti e di real time, tipici di questo mercato.
I membri EPI stanno lavorando a testa bassa su tali obiettivi, con un’attenzione particolare alla sicurezza, all’efficienza energetica e alla facilità di implementazione. Saranno questi i mesi in cui inizierà a emergere il miglior “scale-to-fit” dei processori HPC e degli acceleratori RISC-V, fino alle soluzioni embedded.

Verso il mercato, PMI italiane comprese

Di sfide, ce ne saranno ancora lungo questo percorso: vanno trasformate in un incentivo a fare sempre meglio. La più dura, quella umana, ha pesato molto sulla prima fase: “è stato complesso reperire persone in grado di portare avanti questo progetto dall’inizio. Abbiamo toccato con mano la necessità di creare una nuova generazione con competenze adeguate” spiega Gianfreda, accennando alla sfida tecnologica che ha portato all’approccio di co-design di EPI.
“Nel processore, volevamo essere certi ci fossero dei componenti tecnologici adeguati, per permettergli di servire al meglio le diverse necessità di un largo numero di codici. Ne abbiamo analizzati almeno una ventina, con la lente ingrandimento, per studiarne il flusso di istruzioni. Poi abbiamo disegnato EPAC e GPP massimizzando le prestazioni di ciascuno. Un lavoro impegnativo ma che aggiunge valore a questa tecnologia europea, anche fuori dall’Europa” aggiunge Gianfreda.
Oltre a questa “capacità di parlare molte lingue”, EPI ha una serie di vantaggi competitivi rispetto ad altri processori. Restando in tema di ampiezza, uno riguarda la possibilità di accelerare applicazioni di vario tipo, anche di algebra lineare densa. La maggior parte dei suoi competitor USA o cinesi, rivolge invece una forte attenzione verso il mondo AI, anche sulla spinta dei trend che regolano il mercato globale.
Continuando a ottimizzare le prestazioni e il consumo di energia, laddove è stato identificato uno spazio di miglioramento, tra il 2023 e il 2024 si arriverà alla versione EPAC 2.0, la versione di produzione. “Sarà adatta ad applicazioni sia ingegneristiche, sia più legate a scienza e ricerca. I system integrator potranno inserirla nei propri prodotti, contribuendo alla sua diffusione” spiega Gianfreda, vedendo sempre più vicino l’arrivo di nuovi processori e di un acceleratore EPI “deployabili anche on edge”. Ciò che serve per un futuro più europeo delle applicazioni legate all’analisi delle immagini raccolte da telecamere. Si tratta di una tecnologia fondamentale in molti contesti: dai controlli di sicurezza in luoghi sensibili, a quelli in ambienti industriali, fino ai casi d’uso innumerevoli che si possono creare in ambito smart city e smart mobility. In questa seconda fase, tra l’altro, due italiane come Leonardo e STMicroelectronics, stanno proprio curando lo sviluppo di applicazioni per smart city intelligent edge. Un compito importante, come importante è la loro partecipazione al progetto, per chi crede nell’effetto traino. L’Italia conta su quello, perché EPI raggiunga anche le PMI, nel tempo. Gianfreda ricorda che “avrebbero il vantaggio di avere una tecnologia con un consumo minore e prestazioni migliori, anche rispetto a quelle a loro offerte da big tech americane e cinesi. È completamente made in Europe”.

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